Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33715 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33715 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a QUINZANO D’OGLIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della Corte d’appello di Brescia Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 novembre 2023, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Cremona del 23 novembre 2022, appellata da NOME COGNOME, disponeva l’immediata restituzione, previo dissequestro, del c/c intestato a NOME COGNOME e della somme pertinenti, confermando nel resto l’appellata sentenza che aveva condannato il COGNOME alla pena di 1 anno, 9 mesi e gg. 10 di reclusione, ritenuta la contestata recidiva ed applicata la diminuente di rito, oltre al pene accessorie di legge, con confisca, in forma diretta o per equivalente, della somma costituente il profitto del reato di omessa dichiarazione (art. 5, d. Igs. n. 74 del 2000) in
relazione a fatti contestati come commessi nel periodo di imposta 2019, avendo evaso in rifermento all’IVA, la somma di 635.872,00 euro.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con il primo ed il secondo motivo – i quali, attesa l’omogeneità dei profili di doglianza ad essi sottesi, meritano congiunta illustrazione – il vizio di violazi di legge in relazione all’art. 5, Digs. n. 74 del 2000, ed il correlato vizio di mancan della motivazione (primo motivo) ed il vizio di contraddittorietà o manifesta illogicità dell motivazione (secondo motivo).
In sintesi, si premette che, sin dal primo grado, la difesa aveva prodotto l’elenco RAGIONE_SOCIALE fatture trasmesse dalla società nel periodo di riferimento al sistema di interscambio gestito dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché l’audizione del direttore generale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in data 24 giugno 2020, e nella quale si confermava che l’invio RAGIONE_SOCIALE fatture tassativamente tramite lo SDI è stato introdotto per evitare l’evasione dell’Iva. Da quanto sopra, sostiene la difesa, era evidente la mancanza di una volontà di evadere l’imposta sul valore aggiunto, avendo la società inviato a tutti i clienti del 2019 tutte le proprie fatture di vendita obbligatoriamente tramite lo SDI, comportamento incompatibile con la volontà di evasione dell’Iva, in quanto, ben prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva (30.06.2020), questi aveva comunicato all’ufficio l’importo dell’Iva esposta e dovuta su ogni fattura di vendita. Tr l’altro, si faceva osservare già in primo grado come l’Iva ritenuta evasa ed indicata nell’imputazione corrispondesse al centesimo alla somma dell’Iva esposta in tutte le fatture di vendita trasmesse allo SDI, tra l’altro facendosi rilevare anche l’insussistenza del fatto, dal momento che lo stesso direttore generale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato che, attraverso la fatturazione elettronica obbligatoria, l’Ufficio è in possess RAGIONE_SOCIALE informazioni per predisporre esso stesso la dichiarazione annuale Iva. Tanto premesso, si censura la sentenza impugnata avendo omesso di motivare sul primo motivo d’appello, ovvero sul fatto che, ove il contribuente abbia trasmesso allo SDI tutte le proprie fatture di vendita, il reato non può sussistere in difetto di dolo specifico. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Quanto al secondo motivo, ricollegandosi al precedente, si censura la motivazione della sentenza nella parte in cui ha rigettato l’appello osservando come i motivi di impugnazione prescindessero completamente dal considerare la natura dell’Iva comunitaria e le sue modalità di assolvimento. Dall’imputazione, infatti, emerge la contestazione al ricorrente dell’omissione dichiarativa al fine di evadere l’Iva: l’impost da calcolare era peraltro solo quella sulle vendite effettuate in Italia e non sugli acquis intracomunitari. Poiché il primo motivo d’appello riguardava solo le vendite effettuate in
Italia dalla società, sarebbe manifestamente illogica la motivazione che ha dichiarato irrilevanti i motivi d’appello per non essersi occupati dell’Iva intracomunitaria sug acquisti, laddove il capo di imputazione contestava il mancato invio della dichiarazione Iva sulle vendite e la stessa Corte d’appello ha ammesso che l’Iva da calcolare era, appunto, solo quella sulle vendite effettuate In Italia.
2.2. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di contraddittorietà e manifesta illogici della motivazione e di mancata valutazione di una prova decisiva in relazione al trattamento sanzionatorio ed ai fini del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’appello esclude dalla valutazione la documentazione prodotta dalla difesa dell’imputato da cui emerge che il debito Iva ammonta ad euro 194.889,20 anziché ad euro 635.872. I giudici di appello avrebbero fatto erroneamente riferimento soltanto al documento 8, costituito dal registro Iva, asserendo che si tratterebbe di documento di cui non sarebbe documentata né la provenienza, né l’attendibilità, né la sua datazione. Diversamente nel primo motivo d’appello si sarebbe fatto riferimento ai documenti 2 e 3 rappresentati dall’elenco RAGIONE_SOCIALE fatture di vendita ed acquisto. Del resto, lo stesso Procuratore generale presso la Corte d’appello aveva evidenziato l’esistenza di effettive spese deducibili a fini Iva capaci di incidere sull’ammontare complessivo della somma asseritamente evasa, proponendo istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale avente ad oggetto le fatture passive prodotte dalla società amministrata dal ricorrente ed i criteri di computo RAGIONE_SOCIALE stesse ai fini della determinazione dell’Iva evasa. Tale richiesta non sarebbe stata presa in considerazione dalla Corte d’appello che aveva escluso dal materiale probatorio utilizzato la documentazione prodotta dalla difesa, erroneamente identificandola nel solo documento 8, senza invece avvedersi che erano stati depositati anche i documenti 2 e 3, ovvero gli elenchi RAGIONE_SOCIALE fatture di vendita e di acquisto estratti dallo SDI, di cui non p certo revocarsi in dubbio l’attendibilità. Tale scelta sarebbe dunque censurabile e idonea ad incidere sulla ragionevolezza della sentenza in punto di dosimetria della pena e di mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente in assenza di richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, d.l. 137/2020 e successive modifiche ed integrazioni, è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile perché proposto per la prima volta in questa sede di legittimità.
Ed infatti, è ben vero che in sede di appello la difesa dell’imputato aveva proposto il motivo di appello sulla sussistenza del dolo specifico di evasione, ma lo aveva ancorato (secondo motivo d’appello) alla deduzione secondo la quale non fosse al ricorrente addebitabile il mancato invio della dichiarazione della liquidazione annuale IVA al 30 giugno 2020, in quanto di tale omissione avrebbe dovuto rispondere lo studio dei commercialisti cui il medesimo si appoggiava precedentemente, ossia RAGIONE_SOCIALE Nodari, non potendo addebitarsi al ricorrente il fatto che costoro, 21 giorni prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA, gli avevano dato il “benservito”, senza peraltro indicargli l’imminente scadenza.
Si tratta, all’evidenza, di censura diversa da quella invece prospettata in sede di ricorso per cassazione, dove il difetto del dolo di evasione viene argomentato su un presupposto diverso, ossia sulla mancata, corretta, valutazione, a dire della difesa del ricorrente, sia del doc. 2 (elenco fatture di vendita trasmesse dalla società del 2019 allo RAGIONE_SOCIALE) che del doc. 9 (ossia dell’audizione del Direttore generale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 24.06.2020 che avrebbe confermato che l’invio RAGIONE_SOCIALE fatture tassativamente tramite lo SDI sarebbe stato introdotto proprio per evitare l’evasione dell’IVA).
Trattandosi, dunque, di ragioni diverse rispetto a quella prospettate davanti ai giudici di appello, il ricorrente non può dolersi per l’asserita mancanza di motivazione, e, maggior ragione, dell’inesistente vizio di violazione di legge, non avendo prospettato la questione ai giudici del merito ma, per la prima volta, a questa Corte.
È infatti inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306 – 01).
Inammissibile è parimenti il secondo motivo, alla luce della corretta affermazione dei giudici d’appello, che destituisce di fondamento la doglianza difensiva, secondo la quale i motivi di impugnazione prescindono completamente dal considerare la natura dell’Iva comunitaria e delie sue modalità di assolvimento da parte del soggetto passivo d’imposta in Italia, censure correttamente ritenute irrilevanti ai fini della rifor della prima sentenza.
Ed infatti, la sentenza dà atto (pag. 9) che l’imputato aveva incassato VIVA sulle fatture attive nazionali e non l’aveva mai versata, trattandosi dell’applicazione del regime del c.d. reverse charge, ossia di quello speciale meccanismo tale per cui, in deroga alle regole ordinarie del sistema dell’IVA, il debitore d’imposta è il cessionario o committente dell’operazione. Quest’ultimo soggetto è tenuto ad assolvere gli obblighi che sorgono ai fini impositivi. Nel caso in esame, in particolare, come si legge in sentenza, ciò che è
emerso dalla verifica dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è che l’imputato, legale rappresentante della società acquirente beni intra Ue, ha acquistato nell’anno 2019 all’estero merce per un importo complessivo di 2.886.000 C. Lo stesso non ha proceduto all’integrazione Iva e neppure ha proceduto a versare l’Iva ricevuta sulle fatture attive emesse in favore di acquirenti nazionali, fatture che nel 2019 ammontano complessivamente a 2.890.330 C.
È pur vero – osservano correttamente i giudici di appello – che l’Iva è neutra, ma sempre che, appunto, sia stata compiuta, in relazione all’attività di acquisto intra-UE dal soggetto passivo la procedura dell’integrazione o del reverse charge. Nel caso di specie, l’imputato, legale rappresentante della società verificata, non risulta aver mai fatto l’integrazione sugli acquisti intracomunitari; ha incassato l’Iva sulle fatture att nazionali e non l’ha mai versata. Ne discende che il calcolo dell’Iva è estremamente semplice dovendosi applicare l’aliquota sulle vendite effettuate in Italia. In tal modo correttamente, ha proceduto l’RAGIONE_SOCIALE determinando l’Iva evasa in 635.872 C. Del resto, soggiungono i giudici territoriali con motivazione del tutto immune dai denunciati vizi, è docunnentalmente verificabile che nelle fatture di acquisto intra-Ue in atti, rispetto alle quali l’imputato è soggetto passivo IVA, non risulta conteggiato dett tributo. Tale sistema, come logicamente evidenzia la Corte d’appello, ha consentito al ricorrente di finanziarsi con l’Iva pagata dai clienti nazionali, così ponendosi sul mercato in maniera concorrenziale, potendo vendere il materiale plastico -sul mercato nazionaleallo stesso prezzo di acquisto (senza l’imposta sul valore aggiunto): non è infatti un caso che la differenza tra l’ammontare RAGIONE_SOCIALE fatture relative agli acquisti effettuati all’est nel 2019 (pur senza IVA) e l’ammontare RAGIONE_SOCIALE fatture attive relative alle vendite nazionali (comprensive di Iva) ammonti soltanto a 4.000 C.
4. Infine, anche il terzo motivo è inammissibile, in quanto le doglianze svolte in punto di trattamento sanzionatorio e di mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche non tengono conto RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento del diniego della circostanze attenuanti generiche (e della correlata intensità della risposta sanzionatoria), avendo in particolare i giudici di appello affermato che, tenuto conto della intensità del dolo del reato, dell’ammontare RAGIONE_SOCIALE somme evase, del mancato pagamento, ad oggi, in qualsiasi forma, del dovuto, della reiterazione RAGIONE_SOCIALE condotte in anni antecedenti e successivi a quello oggetto del presente procedimento, non si sono ritenute concedibili all’imputato le circostanze attenuanti generiche, donde la pena come determinata dal primo giudice è stata dunque confermata.
Il riferimento alla presunta omessa valutazione di prova decisiva ed al correlato vizio motivazionale, per non aver i giudici valutato, ai fini della possibile refluenza su pena e sul richiesto riconoscimento RAGIONE_SOCIALE invocate attenuanti, i documenti 2 e 3, ossia le fatture di acquisto e vendita relative al periodo di imposta di riferimento, non ha all’evidenza alcun pregio, atteso che, a fronte di una motivazione come quella dianzi
illustrata, è chiaro come la Corte d’appello ha giustificato il diniego indicando i fa preponderanti che lo hanno determinato in tal senso.
Deve, a tal proposito, essere ricordato, che in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini de concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 – 01).
4.1. Analogamente, la circostanza che i giudici di appello abbiano valorizzato gli elementi di cui sopra per determinare il trattamento sanzionatorio non inficia la motivazione della sentenza impugnata, essendo già stato affermato da questa Corte che ai fini della determinazione della pena, il giudice può tenere conto di uno stesso elemento (nella specie: la gravità della condotta) che abbia attitudine a influire su diversi aspe della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini senza che ciò comporti lesione del principio del “ne b idem” (Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264378 – 01).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, il 20 giugno 2024
Il Ci iglier e.tensore
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