Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46244 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46244 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Busto Arsizio (Va) il 21 aprile 1971;
avverso la sentenza n. 9243 della Corte di appello di Milano del 20 dicembre 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano ha, con sentenza pronunziata in data 20 dicembre 2023, confermato la sentenza con la quale, il precedente deliberato del Tribunale di Milano del 16 dicembre 2022 con il quale NOME Luigi, riconosciuto responsabile, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, del reato di cui all’art. 5 del dlgs n. 74 del 2000, era stato condannato a pena ritenuta di giustizia.
Avverso tale sentenza ha interposto ricorso per cassazione, assistito dalla propria difesa fiduciaria, il Battaglia, affidando le proprie doglianze ad u unico motivo di ricorso con il quale ha lamentato, dapprima il mancato completo utilizzo ai fini della individuazione degli elementi necessari per la integrazione del reato in questione dei dati rivenienti dalla applicazione del cosiddetto “spesometro” e, quindi, del fatto che, ai fini dell’accertamento dell’avvenuto superamento della soglia di punibilità previsto per il reato i contestazione non si sia tenuto conto del credito Iva vantato dalla Safim in relazione all’esercizio riferito all’anno di imposta precedente rispetto a quel indicato nel capo di imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato ed è pertanto, meritevole di accoglimento.
Va premesso che la imputazione mossa a carico del COGNOME, nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, attiene alla omessa presentazione, per ciò che attiene all’anno di imposta 2015, della dichiarazione Iva, essendo stata realizzata in tale modo un’evasione della predetta imposta pari alla somma di euri 71.582,00.
Osserva il Collegio che non è in questione il fatto che il Battaglia abbia o meno presentato la dichiarazione Iva relativamente all’anno di imposta 2015, trattandosi di dato incontroverso; è, viceversa, stata censurata la sentenza impugnata in quanto non sarebbero stati considerati in sede di merito elementi che avrebbero potuto far ritenere non superata, indiscussa essendo la mancata presentazione della dichiarazione Iva di cui trattasi, la soglia d punibilità prevista dal legislatore.
Su punto, ritiene il Collegio, che la motivazione della sentenza impugnata sia difettiva e sia frutto di una errata applicazione della normativa rilevante.
Osserva al riguardo la Corte che, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, con riferimento la RAGIONE_SOCIALE sarebbe emerso che la stessa, quanto all’anno di imposta 2014 sarebbe risultata portatrice di un credito Iva emergente dalla dichiarazione dalla medesima presentata relativamente all’anno predetto, ammontante ad euri 42.663,00 – che, laddove portato in compensazione con il debito relativo all’anno di imposta successivo, ed in relazione al quale non risulta essere stata presentata la relativa dichiarazione, avrebbe determinato la esistenza di un risultante debito Iva di importo inferiore alla soglia di punibilità prevista per il reato in contestazione; mentre, per quanto attiene all’anno di imposta 2015, è stato allegato dal ricorrente che gli elementi passivi di imposta, atti a compensare anch’essi, almeno in parte, l’Iva a debito evasa stante la mancata presentazione della relativa dichiarazione annuale, non sarebbero stati considerati in quanto, si legge nella sentenza impugnata, il ricorrente non avrebbe dimostrato né l’effettivo sostenimento di tali costi né l’inerenza degli stessi alla attività di impresa.
Osserva il Collegio che, sia con riferimento al primo aspetto che al secondo aspetto della doglianza formulata in sede di appello, la Corte territoriale ha opposto all’allora ricorrente la mancata documentazione afferente alla effettività delle spese sostenute ed alla inerenza delle stesse all’attività di impresa svolta dalla RAGIONE_SOCIALE
Al riguardo si osserva che – ferma restando la possibilità, anche in materia di Iva, nella determinazione della soglia imponibile, di contabilizzare anche i costi, purché gli stessi siano stati adeguatamente documentati (Corte di cassazione, Sezione III penale, 3 dicembre 2018, n. 53980, rv 274564; Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 maggio 2018, n. 21639, rv 273042), tanto che si è anche ritenuto, proprio con riferimento alla idoneità della documentazione di quelli, come in materia di omessa dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto, è rimesso al giudice penale il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra l’Iva risultante dalle fatture emesse e l’Iva detraibile sulla base delle fatture ricevute, mediante una verifica che sia volta a privilegiare il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale, che non può, pertanto, ritenersi inficiata solo dal difetto di allegazione di eventuali fatture passive incombente sull’imputato (Corte di cassazione, Sezione IIII penale, 35579, rv 271303) nel caso di specie la Corte territoriale ha escluso la possibilità, ai fini della effettiva determinazione della imposta evasa, di computare gli importi che l’impresa gestita dall’imputato avrebbe, secondo l’avviso di questo, potuto
indicare a proprio credito e, perciò, a compensazione dell’Iva a debito, sulla base della sostenuta carenza sia di documentazione di tali importi sia della mancanza di dimostrazione della inerenza di essi all’attività di impresa svolta dalla Safim.
Nell’affermare ciò essa ha, tuttavia, trascurato di considerare che per una parte di quelli l’esistenza del credito emergerebbe dalla, non contestata dall’Ufficio tributario, dichiarazione Iva presentata dalla Safim quanto all’anno di imposta 2014, mentre, per quelli relativi all’anno di imposta 2015, essi emergerebbero già sulla base degli elementi rivenienti dalla acquisizione operata dalla Agenzia fiscale attraverso il sistema del cosiddetto “spesometro” le cui emergenze, cioè le indicazioni delle fatture emesse dai fornitori della singola impresa ovvero quelle relative alla fatture ricevute dai clienti della medesima, sono utilizzabili, in assenza di altri elementi documentali, onde determinare il reddito imponibile prodotto dal contribuente (in tale senso, segnalandosi la natura “reale” e non meramente induttiva dell’accertamento reddituale operato tramite il cosiddetto “spesometro: Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 ottobre 2024, n. 39646)
Ritiene, pertanto il Collegio – facendo applicazione del principio già in passato formulato da questa Corte, secondo il quale il giudice, per determinare l’ammontare della imposta evasa (così come dell’imponibile), è tenuto ad operare una verifica che (pur non potendo prescindere dai criteri di accertamento stabiliti dalla legislazione fiscale) soffre delle limitazioni che derivano dalla diversa finalità dell’accertamento penale e dalle regole che lo governano, sicché, nel caso in cui i ricavi non indicati nelle dichiarazioni fiscal obbligatorie siano individuati sulla base non di presunzioni, ma di precisi elementi documentali, quali le entrate registrate nella contabilità o nei conti correnti bancari, i correlativi costi possono essere riconosciuti solo in presenza di allegazioni fattuali da cui desumere la certezza o, comunque, il ragionevole dubbio della loro esistenza (Corte di cassazione, Sezione III penale, 26 aprile 2023, n.17214, rv 284554) – che la Corte ambrosiana avrebbe dovuto approfondire le ragioni per le quali, pur in presenza di elementi documentali costituiti sia dalla non contestata dichiarazione Iva presentata dalla Safim rispetto all’anno di imposta precedente a quello cui si riferisce la imputazione elevata a carico del Battaglia sia dalle emergenze connesse all’avvenuto interpello dello “spesometro” da cui emergono dati ragionevolmente deponenti per la esistenza di somme che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto portare a credito quanto all’anno di imposta 2015, sì da determinare, in entrambi i casi, un abbattimento della imposta evasa tale da ricondurla al di sotto della soglia di
punibilità, essa ha, invece, ritenuto priva di rilevanza la doglianza formulata al riguardo in sede di gravame dalla difesa dell’imputato.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio, per nuovo esame dei temi dianzi indicati, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente