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Omessa dichiarazione IVA: fallimento e responsabilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per omessa dichiarazione IVA. La Corte ha ribadito che il successivo fallimento della società non estingue la responsabilità penale per le omissioni fiscali relative ai periodi d’imposta precedenti alla dichiarazione di fallimento. Il ricorso è stato ritenuto fattuale e privo di un’adeguata critica giuridica, comportando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Dichiarazione IVA: Il Fallimento Scagiona l’Amministratore?

L’omessa dichiarazione IVA rappresenta un reato tributario di notevole gravità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25622/2024) ha affrontato un caso emblematico, chiarendo la posizione dell’amministratore di una società quando interviene il fallimento. La domanda centrale è: la dichiarazione di fallimento esonera l’ex legale rappresentante dai suoi obblighi fiscali pregressi? La risposta della Suprema Corte è netta e fornisce importanti indicazioni per chiunque ricopra ruoli di responsabilità aziendale.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal ricorso presentato dall’amministratore di una società, condannato nei gradi di merito per il reato di omessa dichiarazione IVA. La sua difesa si basava su un argomento principale: l’intervenuto fallimento della società avrebbe dovuto esonerarlo da tale adempimento. Secondo l’imputato, la perdita del controllo sulla società a seguito della procedura concorsuale rendeva impossibile la presentazione della dichiarazione fiscale. La Corte d’Appello di Lecce, tuttavia, aveva confermato la sua responsabilità, spingendo l’amministratore a rivolgersi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna dell’amministratore, ma lo obbliga anche al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero di natura puramente fattuale e non si confrontassero adeguatamente con i principi giuridici consolidati che regolano la materia, già correttamente applicati dalla corte territoriale.

Omessa Dichiarazione IVA: Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni alla base della decisione della Cassazione sono chiare e si fondano su due pilastri giuridici fondamentali.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il fallimento non cancella gli obblighi fiscali sorti prima della sua dichiarazione. Esiste una precisa ripartizione di compiti tra l’amministratore e il curatore fallimentare. Citando un precedente consolidato (Cass. n. 1549/2011), i giudici hanno specificato che:

* L’amministratore (o il legale rappresentante) è tenuto a presentare le dichiarazioni dei redditi e IVA per tutti i periodi d’imposta antecedenti alla dichiarazione di fallimento.
* Il curatore fallimentare è responsabile, invece, della presentazione delle dichiarazioni per i periodi d’imposta successivi, compreso quello in cui è intervenuto il fallimento.

Il fallimento, quindi, non agisce come una causa di non punibilità retroattiva. L’obbligo di dichiarare i redditi e l’IVA maturati durante la gestione societaria rimane in capo a chi ne aveva la responsabilità legale in quel momento.

In secondo luogo, la Corte ha smontato l’argomentazione relativa al termine dilatorio di novanta giorni (previsto dal D.Lgs. 74/2000). Questo termine, che consente di presentare la dichiarazione oltre la scadenza ordinaria, non è una scriminante. Si tratta, come precisato dalla giurisprudenza (Cass. n. 19196/2017), di un mero termine ulteriore per adempiere all’obbligo dichiarativo, non di un elemento che elide la punibilità del reato se la dichiarazione viene comunque omessa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Amministratori

L’ordinanza in esame lancia un messaggio inequivocabile agli amministratori di società. La crisi d’impresa e il successivo fallimento non costituiscono uno scudo protettivo contro le responsabilità penali-tributarie pregresse. L’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali è un dovere personale del legale rappresentante, legato al periodo in cui era in carica. Ignorare questo dovere, sperando che la procedura fallimentare possa sanare le omissioni passate, è un errore che può portare a conseguenze penali ed economiche significative. È fondamentale, pertanto, che gli amministratori garantiscano la corretta e tempestiva esecuzione di tutti gli adempimenti fiscali, anche e soprattutto in momenti di difficoltà aziendale, poiché la loro responsabilità non si estingue con la fine della società.

L’amministratore di una società fallita è responsabile per l’omessa dichiarazione IVA relativa al periodo precedente al fallimento?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali per i periodi d’imposta anteriori alla dichiarazione di fallimento rimane in capo al legale rappresentante della società.

Il termine di novanta giorni concesso per presentare la dichiarazione dopo la scadenza ordinaria è una causa di non punibilità?
No, non è una causa di non punibilità. La Corte ha specificato che si tratta di un termine ulteriore concesso per adempiere all’obbligo dichiarativo, ma la sua violazione non esclude la responsabilità penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel proporlo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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