Omessa Dichiarazione Reddito di Cittadinanza: la Cassazione Conferma la Condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della omessa dichiarazione per il reddito di cittadinanza, confermando che tacere informazioni rilevanti, come lo stato di detenzione di un familiare, integra un reato. Questo caso mette in luce la severità della legge nel sanzionare le false dichiarazioni volte a ottenere sussidi pubblici e chiarisce i limiti del ricorso in Cassazione.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda una donna che aveva presentato domanda per ottenere il reddito di cittadinanza. Nella Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), compilata e sottoscritta dal marito, era stata omessa un’informazione cruciale: il figlio della coppia si trovava in stato di detenzione. Questa circostanza, ben nota alla richiedente, è fondamentale ai fini del calcolo del sussidio. L’omissione ha portato la famiglia a percepire un importo superiore a quello legalmente spettante, configurando così un’ipotesi di reato. La Corte d’Appello aveva già confermato la condanna, portando la donna a ricorrere in Cassazione.
I Motivi del Ricorso e l’Omessa Dichiarazione per il Reddito di Cittadinanza
La difesa dell’imputata ha basato il ricorso su due motivi principali:
1. Erronea applicazione della legge: Si contestava l’applicazione della norma che punisce l’indebita percezione del reddito di cittadinanza, sostenendo che la valutazione dei fatti fosse errata.
2. Vizio di motivazione e violazione di legge: Si lamentava la decisione della Corte d’Appello di non concedere la sospensione condizionale della pena, ritenendo la motivazione insufficiente e la decisione contraria alla legge.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi.
Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove o ricostruire diversamente i fatti, compiti che spettano ai tribunali di primo e secondo grado. Il ricorso della donna, invece, mirava proprio a una rivalutazione delle prove, un’operazione non consentita in questa sede. La Corte ha sottolineato che la valutazione della Corte d’Appello non era manifestamente illogica e, quindi, non era censurabile. L’omessa dichiarazione reddito di cittadinanza relativa al figlio detenuto è stata correttamente identificata come l’elemento che integra il reato.
Sul secondo motivo, relativo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, la Cassazione ha ritenuto la decisione della Corte d’Appello pienamente legittima. Il diniego del beneficio si basava su due elementi oggettivi: l’imputata aveva due precedenti condanne definitive per furto pluriaggravato e aveva già usufruito in passato della sospensione condizionale. Questi fattori giustificavano ampiamente un giudizio prognostico negativo sulla sua futura condotta, rendendo la decisione del giudice di merito non illogica e, di conseguenza, incensurabile.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce due importanti lezioni giuridiche. In primo luogo, la massima attenzione e completezza sono richieste nella compilazione delle domande per l’accesso a benefici pubblici. Omettere informazioni rilevanti, anche se la dichiarazione è stata materialmente compilata da un altro familiare, non esime da responsabilità penale. In secondo luogo, il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per ridiscutere i fatti. Infine, la concessione di benefici come la sospensione condizionale della pena è subordinata a una valutazione discrezionale del giudice, che tiene conto della storia criminale del condannato. L’inammissibilità del ricorso ha comportato per la ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.
Omettere di dichiarare lo stato di detenzione di un familiare nella domanda per il reddito di cittadinanza è reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che omettere tale circostanza, che incide sull’importo del sussidio, integra il reato previsto dalla normativa sul reddito di cittadinanza, poiché porta a percepire un beneficio economico superiore a quello dovuto.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. Il suo compito non è rivalutare le prove o i fatti (giudizio di merito), ma controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria.
Avere precedenti penali può impedire di ottenere la sospensione condizionale della pena?
Sì, il giudice può negare la sospensione condizionale della pena basandosi su precedenti condanne. Nel caso specifico, la decisione è stata motivata da due condanne definitive per furto e dal fatto che l’imputata avesse già beneficiato in passato della sospensione, elementi che giustificavano un giudizio negativo sulla sua futura condotta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25630 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25630 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a TRAPANIil DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME, che deduce l’erro applicazione dell’art. 7 di. n. 4 del 2019, è inammissibile perché non è consentito dalla l in quanto attiene alla valutazione delle prove e a profili ricostruttivi del fatto e perc scandito dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della senten impugnata, avendo la Corte territoriale, con una valutazione di fatto in maniera manifestamente illogica – e quindi non censurabile in sede di legittimità -, ribadi l’imputata aveva presentato la dichiarazione sostitutiva unica, precedentemente compilata sottoscritta dal marito, che accompagnava la richiesta del reddito di cittadinanza, in cui omesso di precisare la circostanza, a lei ben nota, che il figlio NOME COGNOME si trov detenuto, così percependo il sussidio economico in misura superiore a quella di legge, ciò ch integra il delitto in esame (cfr. Sez. U, n. 49686 del 13/07/2023, Giudice, Rv. 285435);
considerato che il secondo motivo, che lamenta il vizio di motivazione e la violazione dell 164 cod. pen., è inammissibile, in quanto con un apprezzamento fattuale che certamente non può dirsi manifestamente illogico, la Corte di appello ha formulato un giudizio negativo ex 164, comma 1, cod. pen., sulla base delle due precedenti condanne definitive per furt pluriaggravato, e considerando che la l’imputata aveva già usufruito della sospension condizionale della pena;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.