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Omessa dichiarazione: dovere anche per fatture false

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per omessa dichiarazione e occultamento di scritture contabili. La sentenza ribadisce che l’obbligo di presentare la dichiarazione IVA sussiste anche in caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di una società ‘cartiera’. Inoltre, l’amministratore ha una precisa responsabilità nella conservazione dei documenti contabili.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Dichiarazione: Obbligo Anche per Fatture False di Società Cartiere

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione penale ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati tributari, chiarendo che l’omessa dichiarazione costituisce reato anche quando una società, rivelatasi una mera ‘cartiera’, emette fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. Questa pronuncia offre spunti cruciali sulla responsabilità degli amministratori e sulla natura degli obblighi fiscali.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un amministratore di una società a responsabilità limitata per i reati di omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 74/2000) e occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, D.Lgs. 74/2000). La società in questione, secondo le indagini, era una classica ‘società cartiera’, ovvero un soggetto economico fittizio creato al solo scopo di emettere fatture false per consentire a terzi di evadere le imposte.

La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, veniva impugnata dall’imputato con un ricorso per cassazione basato su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso

L’amministratore lamentava, in primo luogo, un travisamento della prova riguardo alla mancata presentazione della dichiarazione fiscale per l’anno 2013. Sosteneva che, non essendo mai state acquisite le fatture relative alle operazioni contestate, non vi fosse la certezza che l’IVA fosse stata effettivamente pagata, rendendo la condanna basata su una mera supposizione.

In secondo luogo, contestava la condanna per occultamento delle scritture contabili, affermando che non vi fosse alcuna prova certa della sua detenzione dei documenti contabili, anche in questo caso parlando di mere supposizioni da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’omessa dichiarazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. La decisione dei giudici si fonda su principi giuridici consolidati e chiarisce in modo inequivocabile gli obblighi che gravano sugli amministratori, anche di società fittizie.

Le Motivazioni

Per quanto riguarda il primo motivo, legato all’omessa dichiarazione, la Corte ha sottolineato che la società amministrata dall’imputato era una ‘cartiera’ che aveva emesso fatture per operazioni inesistenti. Citando un proprio precedente consolidato, ha affermato che il delitto di omessa dichiarazione IVA è configurabile anche in questi casi. Secondo la normativa tributaria, l’imposta sul valore aggiunto è dovuta per il solo fatto di aver emesso la fattura, indipendentemente dal suo effettivo incasso o dalla realtà dell’operazione sottostante. Di conseguenza, sorge l’obbligo di presentare la relativa dichiarazione. La difesa basata sulla mancanza di prova del pagamento dell’IVA è stata quindi ritenuta irrilevante.

Sul secondo motivo, relativo all’occultamento delle scritture contabili, la Cassazione ha qualificato la doglianza come del tutto generica e quindi inammissibile. I giudici hanno richiamato l’articolo 2220 del codice civile, che impone l’obbligo di tenuta e conservazione delle scritture contabili all’amministratore in carica. Quest’ultimo è titolare di una specifica ‘posizione di garanzia’ che gli impone di compiere ogni sforzo per reperire la documentazione aziendale, anche prima di accettare l’incarico. La Corte ha evidenziato come l’imputato non avesse fornito alcun elemento concreto per giustificare la mancata disponibilità dei documenti, limitandosi a contestare genericamente le prove a suo carico.

Conclusioni

Questa ordinanza è di grande importanza pratica. In primo luogo, conferma che la lotta all’evasione fiscale passa anche attraverso la repressione dei fenomeni delle ‘società cartiere’, colpendo la responsabilità penale dei loro amministratori. In secondo luogo, lancia un messaggio chiaro: l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi e IVA è assoluto e non ammette scorciatoie. Emettere una fattura, anche se falsa, crea un obbligo dichiarativo il cui inadempimento ha conseguenze penali. Infine, viene ribadito il ruolo cruciale e la responsabilità dell’amministratore, che non può sottrarsi ai propri doveri di corretta gestione contabile adducendo una semplice ignoranza o l’impossibilità di reperire i documenti senza aver dimostrato di aver fatto tutto il possibile per adempiere ai propri obblighi.

È reato non presentare la dichiarazione IVA se le fatture emesse si riferiscono a operazioni inesistenti?
Sì. Secondo la Corte, il reato di omessa dichiarazione si configura anche quando le fatture sono state emesse per operazioni inesistenti, poiché la normativa tributaria stabilisce che l’IVA è dovuta per il solo fatto dell’emissione della fattura, creando il conseguente obbligo di presentarne la dichiarazione.

Chi è responsabile della conservazione dei documenti contabili di una società?
La responsabilità ricade sull’amministratore in carica. Egli è titolare di una ‘posizione di garanzia’ che gli impone l’obbligo legale di tenere e conservare le scritture contabili, dovendo compiere ogni sforzo possibile per reperire tale documentazione prima di accettare l’incarico.

Un ricorso in Cassazione può basarsi su una presunta errata valutazione delle prove da parte dei giudici precedenti?
No, se si tratta di una critica generica. Il ricorso per cassazione è inammissibile se si limita a contestare la valutazione delle prove in modo generico o a definirla una ‘mera supposizione’, senza individuare un vizio specifico di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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