Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19029 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 09/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19029 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Roma il 25/03/1969,
avverso la sentenza del 15/07/2024 della Corte d’appello di Roma
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, nel dichiarare non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti del coimputato COGNOME COGNOME, confermava la sentenza del Tribunale di Roma del 22/03/2022, che aveva condannato COGNOME Giovanni in ordine ai delitti di cui agli articoli 5 e 10 d. lgs. 74/2000 alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, condizionalmente sospesa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, travisamento della prova in relazione alla mancata presentazione della dichiarazione relativa all’anno di imposta 2013.
La Corte territoriale ha tralasciato di valutare la mancanza di documentazione, detenuta da terzi, così come dichiarato dal precedente l.r..
Non essendo mai state acquisite le fatture relative alle vetture cedute non si comprende come possa affermarsi con certezza che l’IVA fosse stata pagata.
Si tratta di mera supposizione.
Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 10 d. lgs. 74/2000, poichØ non vi era prova certa della detenzione delle scritture contabili da parte dell’imputato.
Anche qui si tratta di mere supposizioni.
R.G.N. 42823/2024
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. La prima sentenza chiarisce a pagina 7 che la RAGIONE_SOCIALE, alla luce delle acquisizioni probatorie, era una mera «cartiera» (circostanza neppure contestata), che aveva emesso nel 2013 fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti di diverse srl (RAGIONE_SOCIALE Porto Allegro, RAGIONE_SOCIALE), senza presentare dichiarazione.
Sul punto va richiamato il principio reiteratamente espresso da questa Sezione (Sez. 3, n. 35858 del 07/06/2011, COGNOME, Rv. 251281 – 01, in motivazione) secondo cui «il delitto di omessa dichiarazione a fini dell’I.V.A. Ł configurabile anche nel caso in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, in quanto, secondo la normativa tributaria, l’imposta sul valore aggiunto Ł dovuta anche per tali fatture, indipendentemente dal loro effettivo incasso, con conseguente obbligo di presentare la relativa dichiarazione (sent. 39177 del 24/09/2008 Rv. 241267)».
NØ, a contrario, vale riportare il principio espresso da Sez. 3, n. 29814 del n.m., secondo cui «chi pone in essere la condotta prevista dall’art. 8 del d.lgs. n. 74 del 2000 non ha maturato, in relazione alle somme portate dalle fatture relative a prestazioni inesistenti alcun debito tributario (Corte di cassazione, Sezione III penale, 21 gennaio 2008, n. 3052), dovendosi presumere che tali fatture, proprio perchØ fittiziamente emesse, non siano fonte di un debito in capo al soggetto destinatario di esse la cui solutio costituisca fonte di reddito per l’emittente, potendo, semmai, discutersi della eventuale tassabilità del prezzo del reato conseguito dall’emittente le fatture false (quanto alla tassabilità dei redditi illeciti in generale si veda la previsione di cui all’art. 14, comma 4bis , della legge n. 537 del 1993); in assenza, pertanto, di elementi che possano fare presumere l’effettiva percezione delle somme portate dalle fatture in questione, l’importo delle medesime non può essere considerato tout court reddito tassabile a carico dell’emittente», in quanto tale pronuncia, nel disattendere il precedente giurisprudenziale (Sez. 3, n. 32500 del 06/06/2018, COGNOME, Rv. 273697 – 01), non opera un revirement , ma precisa che il principio ivi espresso risulta essere pertinente quanto all’omesso versamento della imposta sul valore aggiunto (come nel caso in esame), mentre non lo sarebbe per ciò che attiene all’imposta sui redditi (caso oggetto dello scrutinio della corte in tale occasione).
3.2. Del pari inammissibile Ł la seconda doglianza, posto che l’articolo 2220 cod. civ., nell’imporre l’obbligo di tenuta e conservazione delle scritture di cui all’articolo 2214, va riferito all’amministratore in carica, il quale Ł titolare di una specifica posizione di garanzia che gli impone di compiere ogni sforzo possibile, prima di accettare la carica, per reperire tale documentazione.
In modo non manifestamente illogico, la sentenza gravata, al foglio 3 della motivazione, evidenzia come l’odierno ricorrente, già in sede di appello, non avesse prodotto «alcun elemento giustificativo in grado di ribaltare le prove raccolte a suo carico».
Il motivo di ricorso, sul punto, Ł assolutamente generico (e quindi inammissibile), limitandosi a ritenere congetturale la motivazione della Corte territoriale.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME