Omessa Dichiarazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’omessa dichiarazione fiscale è un reato che può portare a gravi conseguenze penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro una condanna per tale illecito, sottolineando come la prova del dolo possa essere dedotta da elementi oggettivi e come la reiterazione del comportamento ostacoli la concessione di benefici come la sospensione della pena. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Due Anni di Evasione Fiscale
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un contribuente condannato dalla Corte d’Appello di Milano per il reato di omessa dichiarazione fiscale. La violazione non era un episodio isolato, ma si era protratta per due annualità consecutive, a fronte di un fatturato complessivo di ben 774.000 euro. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato e lamentando la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che i motivi proposti fossero infondati e non pertinenti al giudizio di legittimità. In primo luogo, le doglianze relative alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove, come il calcolo induttivo dei costi, sono state considerate un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, attività preclusa alla Cassazione. I giudici di legittimità non possono riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Omessa Dichiarazione e la Prova del Dolo di Evasione
Uno degli aspetti più interessanti della decisione riguarda la prova del dolo specifico di evasione, ovvero l’intenzione mirata a sottrarsi al pagamento delle imposte. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la prova di tale elemento psicologico può essere desunta da elementi oggettivi. Nel caso di specie, l’enorme entità del superamento della soglia di punibilità, unita alla piena consapevolezza dell’imputato di aver fatturato una somma così ragguardevole (774.000 euro), è stata ritenuta sufficiente a dimostrare la volontà di evadere. La Corte ha inoltre specificato che l’imputato, di fronte a un tale volume d’affari, avrebbe avuto il dovere di effettuare controlli, cosa che non ha fatto. La decisione richiama anche il concetto di dolo eventuale, per cui è sufficiente che il contribuente si sia rappresentato e abbia accettato il rischio di evadere le imposte come conseguenza della propria condotta omissiva.
La Negata Sospensione Condizionale della Pena
Anche il motivo relativo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena è stato giudicato inammissibile. La Corte di merito aveva negato il beneficio basandosi sulla reiterazione della condotta. L’omessa dichiarazione per due anni consecutivi non è stata vista come una scelta occasionale o una svista, ma come una deliberata volontà di agire nella totale indifferenza delle leggi tributarie. Tale comportamento, secondo i giudici, osta a una prognosi favorevole sulla futura condotta del reo, che è un requisito indispensabile per la concessione del beneficio, come previsto dall’art. 164 del codice penale.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su tre pilastri giuridici fondamentali. In primo luogo, ha riaffermato che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto dai giudici di merito, ma deve limitarsi a censure di legittimità. In secondo luogo, ha confermato che l’intento evasivo nell’omessa dichiarazione può essere provato indirettamente, attraverso l’analisi di elementi oggettivi come l’entità dell’imposta evasa. Infine, ha stabilito che la persistenza nel tempo del comportamento illecito è un indicatore di una scelta consapevole, che impedisce di formulare quel giudizio prognostico favorevole necessario per la concessione della sospensione condizionale della pena. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.
Conclusioni
Questa ordinanza offre spunti pratici di grande rilevanza. Ricorda ai contribuenti che l’omessa dichiarazione è un reato grave, il cui elemento psicologico può essere facilmente desunto da dati oggettivi, come l’elevato ammontare dei redditi non dichiarati. Sottolinea inoltre che i ricorsi in Cassazione basati su mere contestazioni fattuali sono destinati all’insuccesso. Infine, evidenzia come la recidività nel comportamento illecito, anche se per sole due annualità, possa precludere l’accesso a benefici penali, rendendo la sanzione più afflittiva.
Quando è inammissibile un ricorso in Cassazione per omessa dichiarazione?
Un ricorso è inammissibile quando si limita a contestare la ricostruzione dei fatti o la valutazione delle prove già effettuate dai giudici di merito, anziché sollevare questioni sulla corretta applicazione della legge o su vizi logici della motivazione. Tali contestazioni, infatti, esulano dalle competenze della Corte di Cassazione.
Come si dimostra l’intenzione di evadere le tasse nel reato di omessa dichiarazione?
L’intenzione di evadere (dolo specifico di evasione) può essere provata indirettamente attraverso elementi oggettivi. Secondo la Corte, l’entità del superamento della soglia di punibilità, unita alla piena consapevolezza del contribuente riguardo all’ammontare del reddito percepito, costituisce una prova sufficiente del fine evasivo, anche nella forma del dolo eventuale.
Perché la sospensione condizionale della pena può essere negata in caso di omessa dichiarazione ripetuta?
Può essere negata perché la reiterazione del reato per più annualità consecutive (nel caso di specie, due) non viene considerata una scelta occasionale, ma una deliberata volontà di violare le leggi tributarie. Questa condotta impedisce una prognosi favorevole sul futuro comportamento del reo, che è un requisito essenziale per la concessione del beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28375 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28375 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/04/1982
avverso la sentenza del 21/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che i primi due motivi del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME che deduc il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo reato, sono inammissibili perché deducono doglianze in punto di fatto, peraltro meramente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argo giuridici dai giudici di merito, e perché, lungi dall’evidenziare profili di illog motivazione, si limitano ad attaccare profili ricostruttivi del fatto, che esulano dal per stabilito dell’art. 606 cod. proc. pen., posto che, con un valutazione fattual manifestamente illogica – e quindi non censurabile in questa sede di legittimità – la Cort merito, per un verso, ha ribadito che, in mancanza di una dichiarazione fiscale, il cal induttivo dei costi è stato riconosciuto in maniera “generosa” nella misura del 48%, sicc eventuali maggiori costi avrebbero dovuto essere oggetto quantomeno di allegazione da parte dell’imputato, il che non è avvenuto; per altro verso, nel richiamare espressamente il princi secondo cui, in tema omessa dichiarazione, la prova del dolo specifico di evasione può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla pi consapevolezza, da parte del contribuente obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta, che può, peraltro, costituire oggetto di rappresentazione e volizione anche solo ne forma del dolo eventuale (Sez. 3, n. 38802 del 25/09/2024, Nuzzolese, Rv. 286950 – 01), ha ritenuto sussistente t il fine di evasione in quanto l’imputato era ben consapevol fatturare i lavori effettuati e per una somma ragguardevole, pari a 774.000 euro, ciò c imponeva quantomeno di effettuare dei controlli, che non sono stati effettuati;
rilevato che il terzo motivo, che lamenta l’omessa motivazione in ordine alla concessione dell sospensione condizionale della pena, è inammissibile, avendo la Corte di merito, con una valutazione di fatto non manifestamente illogica, negato i presupposti per il riconoscimento d beneficio in considerazione della reiterazione della condotta, posto che l’omessa dichiarazion ha riguardato due annualità consecutive, ciò che stato ritenuto frutto non di una sce occasionale, ma della volontà di agire nella totale indifferenza alle leggi tributarie, che una prognosi favorevoli ex art. 164, comma 1, cod. pen.;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 18 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processua e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2025.