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Omessa denuncia: Carabiniere assolto se sa del reato

Un Comandante dei Carabinieri, accusato del reato di omessa denuncia per aver ritardato la segnalazione di un presunto abuso d’ufficio appreso dalla moglie, è stato definitivamente assolto dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che l’obbligo di denuncia per un pubblico ufficiale sorge solo se la notizia di reato è acquisita ‘nell’esercizio o a causa delle sue funzioni’. Poiché l’informazione era stata ricevuta in un contesto puramente privato e familiare, non sussisteva alcun obbligo di denuncia e, pertanto, il fatto non costituisce reato.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Denuncia: Quando un Carabiniere non è Obbligato a Segnalare un Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 3067/2025, affronta un tema delicato e di grande rilevanza pratica: i confini dell’obbligo di denuncia per gli appartenenti alle forze dell’ordine. Il caso riguarda un Comandante dei Carabinieri condannato per omessa denuncia dopo aver appreso una notizia di reato in ambito familiare. La Suprema Corte, ribaltando le decisioni precedenti, ha chiarito che non ogni informazione ricevuta impone un’azione ufficiale, tracciando una netta linea di demarcazione tra la sfera privata e l’esercizio delle funzioni pubbliche.

I Fatti del Caso: un Comandante tra Dovere e Famiglia

Un Comandante della Stazione dei Carabinieri era stato informato dalla propria moglie della sua possibile esclusione illegittima da una graduatoria per docenti, un fatto che poteva configurare il reato di abuso d’ufficio. Anziché procedere con una denuncia immediata, l’ufficiale aveva avviato delle verifiche preliminari, formalizzando la comunicazione all’autorità giudiziaria solo alcuni mesi dopo. Per questo ritardo, sia il Tribunale che la Corte di Appello lo avevano condannato per il reato di cui all’art. 361 del codice penale, ovvero omessa o ritardata denuncia da parte di pubblico ufficiale.

La Difesa dell’Imputato e i Motivi del Ricorso

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un punto fondamentale: aveva appreso la notizia del potenziale reato non come Carabiniere, ma come marito, in un contesto puramente privato e al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni. Secondo la sua difesa, l’obbligo di denuncia scatta solo quando la conoscenza del fatto illecito è direttamente collegata all’attività di servizio, cosa che in questo caso non era avvenuta.

La Distinzione tra Servizio Permanente e Funzioni di Polizia Giudiziaria

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, basando la sua decisione su una distinzione giuridica cruciale per gli appartenenti alle forze dell’ordine. Sebbene i Carabinieri siano considerati in “servizio permanente”, la normativa di settore (D.Lgs. 66/2010) specifica che tale permanenza si riferisce esclusivamente alle funzioni di pubblica sicurezza.

Per le altre funzioni, incluse quelle di polizia giudiziaria (che comprendono l’obbligo di riferire le notizie di reato), un ufficiale è considerato “in servizio” solo quando sta effettivamente svolgendo tali compiti. L’obbligo di denuncia previsto dall’art. 361 c.p. è intrinsecamente legato a queste ultime funzioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha affermato un principio di diritto chiaro: non è configurabile il delitto di omessa denuncia se un appartenente all’Arma dei Carabinieri viene a conoscenza di un reato a seguito di una conversazione privata, svoltasi al di fuori dell’esercizio delle funzioni e non connessa ad esse. L’acquisizione della notizia di reato “nell’esercizio o a causa delle sue funzioni” è un presupposto essenziale del reato, e nel caso di specie era palesemente assente.

Il Comandante aveva ricevuto l’informazione dalla moglie, non per ragioni di servizio, ma in virtù del loro rapporto coniugale. La notizia era, quindi, “del tutto avulsa dall’esercizio delle funzioni”. Di conseguenza, mancava l’elemento costitutivo fondamentale per poter ipotizzare il reato. La Corte ha quindi annullato la condanna senza rinvio, perché “il fatto non sussiste”.

Conclusioni: L’Importanza del Contesto nell’Obbligo di Denuncia

Questa sentenza stabilisce un importante precedente. Distingue nettamente la figura del pubblico ufficiale da quella del privato cittadino, anche quando la stessa persona ricopre entrambi i ruoli. Per gli appartenenti alle forze dell’ordine, l’obbligo di attivarsi e denunciare non è assoluto e onnipresente, ma è strettamente ancorato al contesto in cui la notizia di reato viene appresa. Se tale contesto è puramente privato e slegato da qualsiasi attività di servizio, l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 361 c.p. non sorge. Si riafferma così un principio di garanzia che tutela il singolo dal rischio di essere considerato “in servizio” 24 ore su 24 per ogni tipo di funzione, limitando gli obblighi più stringenti ai soli momenti di effettivo esercizio del potere pubblico.

Un Carabiniere ha sempre l’obbligo di denunciare un reato di cui viene a conoscenza?
No. Secondo la sentenza, l’obbligo di denuncia per il reato di omessa denuncia (art. 361 c.p.) sorge solo se la notizia di reato è appresa “nell’esercizio o a causa delle sue funzioni”. Se l’informazione viene acquisita in un contesto puramente privato e slegato dal servizio, come una conversazione con un familiare, non sussiste tale obbligo.

Qual è la differenza tra “servizio permanente” e “esercizio delle funzioni” per un Carabiniere?
La sentenza chiarisce che il “servizio permanente” per i Carabinieri si riferisce specificamente alle funzioni di pubblica sicurezza. Per le altre funzioni, come quelle di polizia giudiziaria (che includono l’obbligo di denuncia), si è considerati “in servizio” solo quando si stanno effettivamente esercitando tali compiti specifici.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna senza un nuovo processo?
La Corte ha annullato la sentenza senza rinvio “perché il fatto non sussiste”. Ciò significa che ha ritenuto mancante un elemento essenziale del reato contestato, ovvero l’acquisizione della notizia di reato nell’esercizio delle funzioni. Poiché il fatto stesso non integrava gli estremi del reato, non c’era nulla da giudicare ulteriormente e un nuovo processo sarebbe stato inutile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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