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Omessa comunicazione reddito: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per omessa comunicazione reddito di cittadinanza. L’imputato aveva omesso di dichiarare di essere amministratore unico di una società, la titolarità di ulteriori conti correnti e il possesso di nove autovetture. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e ha confermato che il reato non è stato abolito dalle recenti riforme sui sussidi statali.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa Comunicazione Reddito: la Cassazione Conferma la Condanna

L’omessa comunicazione reddito e patrimonio ai fini della percezione di sussidi statali, come il reddito di cittadinanza, costituisce un reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo ribadisce, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino che aveva nascosto informazioni cruciali sulla sua situazione patrimoniale e lavorativa. Analizziamo questa decisione per comprendere le ragioni della Corte e le implicazioni per chi beneficia di aiuti statali.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. 4/2019. L’imputato, mentre percepiva il reddito di cittadinanza, aveva omesso di comunicare variazioni significative del suo patrimonio e altre informazioni rilevanti. Nello specifico, le indagini della Guardia di Finanza avevano accertato che:

* Nel modulo di richiesta, aveva barrato la casella “non occupato”, nonostante ricoprisse le cariche di amministratore unico e socio unico di una società a responsabilità limitata.
* Aveva dichiarato di possedere quattro rapporti finanziari, omettendo di menzionarne altri due.
* Aveva dichiarato di essere intestatario di un solo veicolo, una Lancia Delta, mentre dai controlli risultava proprietario di altre nove autovetture.

La Corte d’Appello di Torino aveva confermato la condanna, ritenendo le omissioni pienamente provate e rilevanti ai fini della revoca o riduzione del beneficio. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e l’Omessa Comunicazione Reddito

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro motivi principali:

1. Mancanza di motivazione sulla responsabilità penale: Sosteneva che i giudici di merito non avessero considerato la sua presunta incapacità di distinguere tra possesso e proprietà, o tra essere “occupato” e ricoprire una carica societaria, mettendo in dubbio la presenza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo).
2. Erronea valutazione delle prove: Lamentava una valutazione illogica e contraddittoria delle prove raccolte.
3. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Chiedeva l’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che il fatto fosse di lieve entità.
4. Abolizione del reato: Affermava che la norma incriminatrice fosse stata abrogata con la recente riforma del reddito di cittadinanza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. La Corte ha chiarito che i primi due motivi erano inammissibili perché, di fatto, chiedevano una nuova valutazione delle prove, un’operazione non consentita in sede di legittimità. I giudici di merito avevano già esaminato le emergenze istruttorie (come la documentazione della Guardia di Finanza) e avevano fornito una motivazione logica e coerente, non censurabile in Cassazione. Le omissioni erano oggettive e documentate: la carica sociale, i conti correnti e le nove auto non dichiarate.

Anche il terzo motivo, relativo alla particolare tenuità del fatto, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha rilevato che la richiesta era stata formulata solo nelle conclusioni dell’atto di appello, in modo del tutto generico e privo di motivazione. Inoltre, era infondata nel merito, dato che l’imputato aveva percepito diverse mensilità del sussidio indebitamente.

Infine, e di cruciale importanza, la Corte ha smontato la tesi dell’abolizione del reato (abolitio criminis). Sebbene il reddito di cittadinanza sia stato sostituito da nuove misure di sostegno, la normativa successiva (D.L. 48/2023) ha introdotto previsioni penali analoghe per chi rende dichiarazioni false al fine di ottenere i nuovi benefici. Citando un proprio precedente, la Cassazione ha confermato il principio di continuità normativa: la condotta di omessa comunicazione reddito e patrimonio per ottenere indebitamente sussidi statali resta un illecito penale.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma la linea dura della giurisprudenza in materia di indebita percezione di aiuti statali. La Corte di Cassazione ribadisce due principi fondamentali: primo, non è possibile utilizzare il ricorso di legittimità per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto nei gradi di merito, se la motivazione è logica e coerente. Secondo, le riforme legislative che sostituiscono un beneficio con un altro non comportano automaticamente l’abolizione dei reati connessi, se la nuova normativa prevede fattispecie incriminatrici analoghe a tutela del medesimo bene giuridico, ovvero il corretto impiego delle risorse pubbliche destinate al sostegno sociale.

Omettere di dichiarare beni come auto o cariche sociali è reato se si percepisce il reddito di cittadinanza?
Sì, la sentenza conferma che l’omessa comunicazione di variazioni del reddito o del patrimonio, incluse cariche societarie e possesso di autoveicoli, integra il reato previsto dall’art. 7, comma 1, del D.L. 4/2019, in quanto informazioni rilevanti ai fini della concessione del beneficio.

Il reato di omessa comunicazione per il reddito di cittadinanza è stato abolito dalle nuove leggi sui sussidi?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non vi è stata abolizione del reato. Le nuove normative che hanno sostituito il reddito di cittadinanza prevedono fattispecie penali analoghe, garantendo una continuità normativa per la tutela delle risorse pubbliche.

È possibile chiedere l’assoluzione per ‘particolare tenuità del fatto’ per la prima volta nelle conclusioni dell’appello senza motivarla?
No, la Corte ha ritenuto inammissibile una richiesta di questo tipo perché formulata solo nelle conclusioni dell’atto di appello e in modo del tutto immotivato. Una simile richiesta deve essere specifica e supportata da argomentazioni per permettere al giudice di valutarla nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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