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Omessa comunicazione reddito cittadinanza: condanna

La Corte di Cassazione conferma la condanna per un soggetto che ha percepito il reddito di cittadinanza senza dichiarare il proprio stato di arresti domiciliari. L’omessa comunicazione di un dato essenziale integra il reato, rendendo il ricorso dell’imputato inammissibile. La Corte ha ritenuto infondate le doglianze sulla mancanza dell’elemento soggettivo e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa comunicazione reddito cittadinanza: la Cassazione conferma la condanna

L’omessa comunicazione reddito cittadinanza di informazioni rilevanti, come lo stato di detenzione domiciliare, costituisce reato e porta a una condanna penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che aveva indebitamente percepito il sussidio. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti del caso

Un cittadino è stato condannato in primo e secondo grado per aver percepito il reddito di cittadinanza senza comunicare all’ente erogatore una circostanza fondamentale: il suo stato di sottoposizione agli arresti domiciliari. Questa omissione gli ha permesso di incassare illegittimamente una somma di 2.600 euro per quattro mensilità.

La Corte di Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza, aveva rideterminato la pena in due anni di reclusione, confermando la colpevolezza per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: la presunta mancanza dell’elemento soggettivo del reato e la mancata concessione delle attenuanti generiche.

La decisione della Corte di Cassazione sull’omessa comunicazione reddito cittadinanza

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. Secondo i giudici, il tentativo di contestare la colpevolezza rappresentava una richiesta di rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La ricostruzione operata dalla Corte di Appello è stata ritenuta logica e corretta: l’omissione di un’informazione essenziale come lo stato detentivo è penalmente rilevante per l’ottenimento del reddito di cittadinanza.

Anche la richiesta di attenuanti generiche è stata giudicata infondata. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente tenuto conto della pluralità e gravità dei precedenti penali dell’imputato. Inoltre, la pena era già stata mitigata in considerazione del fatto che la percezione indebita del beneficio si era limitata a sole quattro mensilità.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. In primo luogo, il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare le prove. La difesa, secondo la Corte, ha proposto una lettura alternativa dei fatti senza individuare vizi logici nel ragionamento dei giudici di appello. La condotta omissiva dell’imputato era un dato oggettivo e determinante per l’indebita percezione del sussidio, integrando pienamente il reato di omessa comunicazione reddito cittadinanza.

In secondo luogo, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche è una prerogativa del giudice di merito. In questo caso, la decisione di negarle è stata ampiamente giustificata dalla pericolosità sociale dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali. La Corte di Appello ha bilanciato correttamente questo aspetto con la limitata durata della percezione illecita, arrivando a una pena considerata equa.

Le conclusioni

La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, è stato condannato al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: l’onestà e la completezza delle dichiarazioni sono requisiti imprescindibili per accedere a benefici statali come il reddito di cittadinanza. Omettere informazioni rilevanti, soprattutto quelle relative a misure restrittive della libertà personale, non è una semplice dimenticanza, ma un reato con conseguenze penali significative.

È reato non comunicare lo stato di arresti domiciliari quando si percepisce il reddito di cittadinanza?
Sì, secondo la decisione in esame, omettere di comunicare all’ente erogatore un dato essenziale come lo stato di sottoposizione agli arresti domiciliari, al fine di conseguire il reddito di cittadinanza, integra il reato previsto dall’art. 7, commi 1 e 3, del decreto legge n. 4 del 2019.

Avere percepito il beneficio solo per pochi mesi può giustificare la concessione di attenuanti?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte di Appello ha negato le attenuanti generiche a causa della pluralità e gravità dei precedenti penali dell’imputato. La breve durata della percezione (quattro mensilità) è stata considerata un fattore che ha già mitigato la pena, ma non sufficiente a giustificare un’ulteriore riduzione a fronte della pericolosità del soggetto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito del ricorso. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato equitativamente dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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