Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7541 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 7541  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Pescara il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della Corte di appello di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio perché il fatto non è previsto come reato dal legge;
lette per l’imputato e conclusioni scritte AVV_NOTAIO, che concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e, in subordine l’annullamento senza rinvio perché il fatto non è previsto come reato dalla legge.
RITENUTO IN FATTO
 Con sentenza del 04/04/2023, la Corte di appello di L’Aquila confermava la sentenza emessa in data 20/07/202, all’esito di giudizio abbreviato, dal Gup Tribunale di Pescara, con la quale COGNOME NOME era stato dichiar responsabile del reato di cui all’art. 7, comma 2, I. 26/2019 e condannato pena di anni uno, mesi quattro e giorni venti di reclusione.
 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciat
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 21,33 sexies, 125, 18 421,550 e 552 cod.proc.pen, lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva disatteso l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per essere omessa la trasmissione degli atti al pubblico ministero trattandosi di re citazione diretta.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge con riferimento all’art. comma 2, I 26/2019 e 125 cod.proc.pen., lamentando che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che la condotta omissiva contestata fosse sorret dolo consapevole; inoltre, l’omessa comunicazione all’RAGIONE_SOCIALE entro i termini di leg dell’applicazione nei suoi confronti di una misura cautelare intervenuta per il di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 non avrebbe rilievo ai dell’integrazione del reato contestato, in quanto il ricorrente al momento richiesta del reddito di cittadinanza – 26.3.2019- non risultava destinata alcuna misura cautelare (intervenuta solo il 14.9.2019).
Con il terzo deduce violazione degli artt. 7, commi 1 e 2 di n. 4/2016 cod.pen., argomentando che la legge di bilancio 2023 ha abolito il reato di all’art. 7, comma 1, d.l. n. 4/2019 ascritto all’imputato con effetti dal 1.1 che la legge penale più favorevole al reo trova applicazione anche nel periodo vacatio legis; pertanto, all’udienza del 4.4.2023 la Corte di appello avrebbe dovuto assolvere il ricorrente perché il fatto non era più previsto dalla legge come r
Con il quarto motivo deduce violazione degli artt. 99 e 133 cod.pen lamentando l’omessa motivazione in ordine all’entità del trattamento sanzionator ed in relazione alla mancata esclusione della recidiva, ritenuta sussistente base della sola considerazione dei precedenti penali.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’art. 438, comma 6-bis, cod.proc.pen., entrato in vigore il 3 agosto 2 (giusta I. n. 103/2017), ossia in data antecedente la richiesta di rito s formulata dal ricorrente (disposizione in base alla quale la richiesta di gi abbreviato proposta nell’udienza preliminare determina la sanatoria delle null sempre che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio) ha determinat sanatoria del vizio processuale dedotto.
Anche prima dell’introduzione del comma 6-bis dell’art. 438 cod.proc.pen. costituiva principio consolidato quello secondo cui nel giudizio abbreviato s rilevabili e deducibili solo le nullità di carattere assoluto e le inutilizza patologiche (cfr ex multis Sez. 3, n. 23182 del 21/03/2018, Rv.273345; Sez.2, n.19483 del 16/04/2013, Rv.256038;Sez.5, n.46406 del 06/06/2012, Rv.254081).
La nullità dedotta dal ricorrente, che é pacificamente a regime intermedio (c Sez. U, n. 37502/2022, che, in motivazione, ha richiamato l’affermazione secondo cui l’erronea attribuzione di un processo determina un vizio assimilabile alla nu a regime intermedio’ suscettibile di essere rilevato entro precise scans tempora; Sez. 2, n. 11649 del 08/03/2019, COGNOME, in motivazione), é stata ne specie sanata fin dalla richiesta di procedere nelle forme del giudizio abbrev a nulla rilevando l’eccezione difensiva.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “non è ravvisabile l’ipotesi cui all’art. 47, comma 3, cod. pen., poichè le norme contenute nel D.L. n.4 2019, nello stabilire i requisiti di accesso al reddito di cittadinanza, inte precetto penale contenuto nell’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, essendo in incorporate, posto che la norma penale punisce chi effettua false indicazioni dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del di cittadinanza. Ne deriva che l’ignoranza o l’errore circa la sussistenza del ad ottenere il reddito, pur non essendo in possesso dei suddetti requisiti, si in ignoranza o in errore sulla legge penale. Né è sostenibile che si versi in un’i di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, poiché la normativa in te concessione del reddito di cittadinanza non presenta certamente connotati cripticità tali da potersi ricondurre all’ottica dell’oscurità del precett nemmeno riscontrabile, in materia, una situazione di caos interpretativo o assoluta estraneità del contenuto precettivo delle norme alla sensibilit cittadino” (cfr. Sez. 3, n. 44924 del 2023, non massimata).
Va, poi, evidenziato che, secondo il disposto dell’ad 5, comma 5 del dl. gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n 26, il beneficiario del reddito di cittadinanza deve in ogni caso comunicare,
termini stabiliti dall’art. 7, comma 2, le variazioni del reddito o del patr quand’anche provenienti da attività irregolari, e fornire le informazioni dovu rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio stesso; pertanto, il reato di cui all’art.7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazio legge 28 marzo 2019, n. 26, l’omessa comunicazione del sopravvenuta applicazione di misura cautelare personale a carico di componenti del nucle familiare beneficiario del reddito di circostanza, circostanza incidente sulla m del reddito già riconosciuto. Questa Corte ha affermato che integra il reato d all’art.7 di. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla leg marzo 2019, n. 26, l’omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare quale causa di riduzione del beneficio del c.d. reddi cittadinanza, in quanto incidente sulla composizione del nucleo familiare, e qu parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione econom (Sez.3, n.1351 del 25/11/2021,dep.14/01/2022, Rv. 282637 – 01, che ha affermato che: l’art. 3, comma 13, prevede che «Nel caso in cui il nucleo famili beneficiario abbia tra i suoi componenti soggetti che si trovano in stato deten ovvero sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre str residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubbli parametro della scala di equivalenza di cui al comma 1, lettera a), non tiene co di tali soggetti. La medesima riduzione del parametro della scala di equivalenza applica nei casi in cui faccia parte del nucleo familiare un componente sottopo a misura cautelare o condannato per taluno dei delitti indicati all’articolo 7, 3». Poiché beneficiario ex lege del reddito di cittadinanza non è il richiedent il nucleo familiare, ed il valore economico si calcola proprio in relazione al composizione, lo stato di detenzione sopravvenuto di un componente determina la riduzione dell’importo del beneficio economico); e si è precisato che integ il reato di cui all’art. 7, comma 1, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, anche le false indicazioni o omissioni di informazioni dovute che consentano di conseguire un beneficio di importo maggiore di quello al quale si avrebbe avuto diritto Sez.3 n. 5440 13/01/2023,Rv.284137 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Come già affermato da questa Sezione (cfr. Sez. 3 n. 37836 del 18/04/2023 e Sez.3, n.49047 del 2023, non massimate), nel quadro di una più articola riforma volta, in un primo tempo, ad un ridimensionamento – attuato tramite alt disposizioni contenute nella medesima legge – e, quindi, alla rimozione, in un a temporale più ampio, della disciplina di cui al di. n. 4 del 2019 e succe modificazioni, l’art. 1, comma 318, L. n. 197 del 2022 ha disposto, fra l’a l’abrogazione degli artt. da 1 a 13 del citato dì. n. 4 del 2019, e, quin
essendo esso elencato fra le disposizioni espressamente escluse dall’efficacia della abrogazione, anche dell’art. 7 del detto provvedimento normativo, contenente le disposizioni di carattere penale intese a sanzionare chi abbia indebitamente conseguito il beneficio economico previsto dalla medesima legge. Tuttavia, per espressa previsione di legge, l’efficacia di tale effetto abrogativo è stata fissata dal legislatore alla data del 1 gennaio 2024. Pertanto, sebbene la n. 197 del 2022 sia entrata in vigore, anche per quanto attiene al ricordato comma 318, già alla data del 1 gennaio 2023, la concreta efficacia dell’effetto abrogativo previsto dalla disposizione in esame deve intendersi sospesa sino alla diversa data del 1 gennaio 2024, con la conseguente perdurante applicazione, trattandosi di disposizione ancora in vigore, del citato art. 7 e degli effetti penali da esso previsti; sicché, momento della pronuncia impugnata, il reato ascritto all’imputato non poteva certamente dirsi abrogato. Va, quindi, ribadito il corretto principio, già affermato da questa Corte e con cui il ricorrente non si confronta, secondo il quale non può riconoscersi effetti, prima del termine di efficacia indicato, all’abrogazione della fattispecie incriminatrice a far tempo dal 10 gennaio 2024 prevista dall’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Sez. 3, n. 39205 del 20/06/2023, Fasulo, Rv. 285140).
Inoltre, prima dell’indicata data, il legislatore è intervenuto per modificare la previsione di cui si discute, la quale, proprio con riguardo all’abrogazione anche delle disposizioni penali, era stata in dottrina ritenuta frutto di una mera “svista”.
Successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, è stato emanato il d.l. 4 maggio 2023 n. 48, recante “misure urgenti per l’inclusione e l’accesso al mondo del lavoro”, conv., con modiff., dalla I. 3 luglio 2023 n. 85. Dopo aver riproposto, all’art. 8, commi 1 e 2, previsioni incriminatrici per le false od omesse comunicazioni concernenti l’ottenimento o il mantenimento dei nuovi benefici economici previsti dagli artt. 3 e 12 della legge, previsioni sostanzialmente identiche a quelle già contenute nell’art. 7, commi 1 e 2, d.l. 4/2019 con riguardo al reddito di cittadinanza, l’art. 13, comma 3, d.l. 48/2023, collocato tra le disposizioni transitorie e finali, statuisce che «al beneficio di cui all’articolo 1 decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 7 del medesimo decreto-legge, vigenti alla data in cui il beneficio è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023».
Sul punto anche le Sezioni Unite hanno osservato che “L’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha abrogato l’art. 7 dl. n. 4 del 2019, a decorrere, però, dal 1 gennaio 2024. Il legislatore, peraltro, nell’introdurre il cd. «assegno di inclusione» (misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale destinata a sostituire integralmente il Rdc e definita dall’art. 1, comma 1, decreto-
legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 lug 2023, n. 85, «quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragi all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento so nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro») contestualmente ed espressamente previsto che al Rdc continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 7 d.l. n. 4 del 2019 vigenti alla data in cui i è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 (Sez. U, n. 496 del 13/07/2023, Rv.285435 – 01, in motivazione).
E’ evidente, pertanto, che coordinandosi con la prevista abrogazione dell disciplina del reddito di cittadinanza a far tempo dal 10 gennaio 2024, la sopravenuta disposizione – richiamata in motivazione anche dalla citata decisio delle Sezioni unite che ne ha sostanzialmente tratto analoghe conclusioni – fa s l’applicazione delle sanzioni penali dalla stessa previste per i fatti commess al termine finale di efficacia della relativa disciplina. La previsione sostanzia deroga al principio di retroattività della lex mitior altrimenti conseguente, ex art. 2, comma 2, cod. pen., alla prevista abrogazione dell’art. 7 d.l. 4/2019, ma q deroga – che, come noto, sul piano del rispetto delle garanzie costituzion suscettibile d’essere valutata esclusivamente con riguardo di principi ricav datrart. 3 Cost. e, ove non contrasto con questi, è altresì rispettosa della di ricavabile dalle convenzioni internazionali (cfr., per tutte, Corte cost., sent. del 22 luglio 2011) – non presta il fianco a censure, essendo indubbiamen sorretta da una del tutto ragionevole giustificazione. Ed invero, semplicemente assicura tutela penale all’erogazione del reddito di cittadinanza conformità ai presupposti previsti dalla legge, sin tanto che sarà poss continuare a fruire di tale beneficio, così coordinandosi con la sua pre soppressione a far tempo dal 1° gennaio 2024 e con la nuova incriminazione di cu all’art. 8 d.l. 48/2023, che, strutturata in termini del tutto identici e r analoghi benefici per il futuro introdotti in sostituzione del reddito di cittad continua a prevedere il medesimo disvalore penale delle condotte di mendacio e di omessa comunicazione volte all’ottenimento o al mantenimento delle nuove provvidenze economiche. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alta condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del Ammende.
Così deciso il 24/01/2024