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Omessa comunicazione Rdc: la Cassazione conferma reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per l’omessa comunicazione Rdc. La sentenza conferma che non comunicare all’INPS l’applicazione di una misura cautelare, anche se successiva alla richiesta del beneficio, costituisce reato. La Corte ha inoltre precisato che l’abrogazione della normativa sul Reddito di Cittadinanza, con efficacia dal 1° gennaio 2024, non ha effetti retroattivi sui fatti commessi prima di tale data.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa comunicazione Rdc: anche le variazioni successive contano

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7541 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale per i percettori del Reddito di Cittadinanza: l’obbligo di trasparenza verso l’INPS non si esaurisce al momento della domanda, ma prosegue per tutta la durata del beneficio. Un caso di omessa comunicazione Rdc relativo all’applicazione di una misura cautelare ha fornito l’occasione per confermare la rilevanza penale della condotta e per fare chiarezza sugli effetti della recente abrogazione della misura di sostegno.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta del Beneficio alla Condanna

Il caso riguarda un cittadino che, dopo aver richiesto e ottenuto il Reddito di Cittadinanza, era stato sottoposto a una misura cautelare personale. Tuttavia, egli ometteva di comunicare tale variazione della sua condizione personale all’INPS entro i termini previsti dalla legge. Questa omissione ha portato alla sua condanna nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 7, comma 2, del d.l. 26/2019, che punisce appunto la mancata comunicazione delle variazioni di reddito, patrimonio o altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o riduzione del beneficio. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su diversi motivi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha contestato la condanna sostenendo quattro argomentazioni principali:
1. Vizio procedurale: Un errore nella fase iniziale del procedimento che, a suo dire, avrebbe dovuto portare alla nullità della sentenza di primo grado.
2. Mancanza di dolo: Sosteneva di non aver agito con la consapevolezza di commettere un reato, poiché al momento della presentazione della domanda non era destinatario di alcuna misura cautelare.
3. Abrogazione del reato: Argomentava che la legge di bilancio 2023, avendo abrogato la normativa sul Reddito di Cittadinanza con effetto dal 1° gennaio 2024, avrebbe dovuto essere applicata retroattivamente come legge più favorevole.
4. Errata quantificazione della pena: Lamentava una motivazione carente sull’entità della sanzione e sul riconoscimento della recidiva.

L’Analisi della Corte e l’omessa comunicazione Rdc

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni difensive e confermando la solidità delle sentenze precedenti.

La Sanatoria delle Nullità Procedurali

In primo luogo, la Corte ha chiarito che la scelta del rito del giudizio abbreviato da parte dell’imputato ha l’effetto di ‘sanare’ eventuali nullità procedurali non assolute, come quella sollevata. Scegliendo questo percorso processuale, si accetta di essere giudicati sulla base degli atti esistenti, rinunciando a determinate eccezioni.

L’Obbligo Continuo di Comunicazione

Sul punto centrale dell’omessa comunicazione Rdc, i giudici hanno ribadito che l’obbligo di informare l’INPS non riguarda solo la situazione esistente al momento della domanda, ma si estende a tutte le variazioni successive. L’applicazione di una misura cautelare a un membro del nucleo familiare è una circostanza che incide direttamente sulla composizione del nucleo e sui parametri di calcolo del beneficio, e pertanto deve essere tempestivamente comunicata. L’ignoranza della legge penale non è scusabile, specialmente in un contesto normativo chiaro come quello del Reddito di Cittadinanza.

La Questione dell’Abrogazione della Legge sul Rdc

Infine, la Corte ha affrontato il tema dell’abrogazione della disciplina. Ha spiegato che, sebbene la Legge di Bilancio 2023 abbia previsto la fine del Reddito di Cittadinanza, ha esplicitamente fissato la data di efficacia di tale abrogazione al 1° gennaio 2024. Fino a quella data, la legge è rimasta pienamente in vigore. Inoltre, un decreto successivo (d.l. 48/2023) ha espressamente stabilito che le sanzioni penali collegate al Rdc continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. Si tratta di una deroga voluta dal legislatore al principio della lex mitior (legge più favorevole), giustificata dalla necessità di assicurare la tutela penale fino all’ultimo giorno di vigenza del beneficio.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda sulla manifesta infondatezza di tutti i motivi di ricorso. I giudici hanno sottolineato come l’obbligo di comunicazione sia un pilastro del sistema di benefici sociali, volto a garantire che le risorse pubbliche siano erogate solo a chi ne ha effettivamente diritto e nella misura corretta. La normativa è stata ritenuta chiara nel sanzionare non solo le false dichiarazioni iniziali, ma anche le successive omissioni. La volontà del legislatore di mantenere l’efficacia delle sanzioni penali fino all’esaurimento della misura è stata interpretata come una scelta ponderata e legittima, finalizzata a prevenire abusi nell’ultima fase di vita del Reddito di Cittadinanza.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è un monito per tutti i percettori di benefici statali: la trasparenza e la correttezza nei confronti dell’ente erogatore devono essere costanti. Qualsiasi variazione della situazione personale, familiare o reddituale che possa influire sul diritto o sulla misura del beneficio deve essere comunicata senza indugio. La seconda lezione è di carattere più generale: un’abrogazione legislativa con efficacia differita nel tempo non crea un ‘periodo di franchigia’. La legge rimane pienamente vincolante e produttiva di effetti, anche penali, fino all’ultimo istante della sua vigenza, specialmente quando il legislatore interviene per confermarne l’ultrattività.

È reato non comunicare all’INPS una misura cautelare ricevuta dopo aver ottenuto il Reddito di Cittadinanza?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’obbligo di comunicazione riguarda tutte le variazioni rilevanti, anche quelle sopravvenute dopo la concessione del beneficio. L’omessa comunicazione integra il reato previsto dall’art. 7, d.l. n. 4/2019.

L’abrogazione della legge sul Reddito di Cittadinanza dal 1° gennaio 2024 cancella i reati commessi in precedenza?
No. La sentenza chiarisce che l’abrogazione non è retroattiva. Una successiva disposizione normativa (art. 13, comma 3, d.l. 48/2023) ha stabilito che le norme penali del Reddito di Cittadinanza continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023.

Se scelgo il giudizio abbreviato, posso ancora lamentarmi di alcuni vizi procedurali avvenuti prima?
No, in generale la richiesta di giudizio abbreviato sana le nullità a regime intermedio (non assolute), come quella relativa all’errata attribuzione del rito processuale. Scegliendo questo rito, l’imputato accetta di essere giudicato allo stato degli atti, rinunciando a sollevare determinate eccezioni procedurali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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