Omessa cauzione: non basta dirsi poveri per evitare la condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema dell’omessa cauzione imposta nell’ambito delle misure di prevenzione, stabilendo principi chiari sull’onere della prova dello stato di indigenza e sull’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione sottolinea come una generica affermazione di difficoltà economiche non sia sufficiente a giustificare l’inadempimento, richiedendo prove concrete da parte dell’imputato.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza dal Tribunale. Oltre alle prescrizioni tipiche della misura, gli era stato imposto il versamento di una cauzione di 800,00 euro, rateizzata in quattro rate mensili. Il soggetto, tuttavia, ometteva di effettuare il pagamento.
Per tale omissione, veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di quattro mesi di arresto per il reato previsto dall’art. 76, comma 4, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia). L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due argomentazioni principali: la propria condizione di indigenza, che gli avrebbe impedito di pagare, e la particolare tenuità dell’offesa, che a suo dire avrebbe dovuto escludere la punibilità.
L’onere della prova in caso di omessa cauzione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le tesi difensive. Il punto centrale della motivazione riguarda la prova dello stato di indigenza. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato nella loro giurisprudenza: la prova dell’impossibilità di versare la cauzione a causa della mancanza di risorse economiche comporta un preciso onere di allegazione a carico dell’imputato.
Questo significa che non è sufficiente una semplice e apodittica affermazione di trovarsi in uno stato di povertà. L’imputato deve fornire elementi concreti e specifici che dimostrino tale condizione, permettendo al giudice di verificare l’effettiva impossibilità di adempiere. Nel caso di specie, la difesa non aveva fornito allegazioni adeguate, rendendo la sua argomentazione infondata.
L’inapplicabilità della particolare tenuità del fatto
Il secondo motivo di ricorso, relativo all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, è stato parimenti respinto. La Cassazione ha affermato che le caratteristiche della condotta illecita, consistente nel mancato versamento della cauzione, non consentono di configurare la particolare tenuità dell’offesa.
Questa conclusione è in linea con precedenti pronunce, anche a Sezioni Unite, che tendono a escludere l’applicabilità di tale istituto a reati che, pur potendo apparire di modesta entità economica, ledono interessi pubblici rilevanti legati all’effettività delle misure di prevenzione e al controllo del territorio.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi. In primo luogo, ha evidenziato che l’affermazione di versare in stato di indigenza, per essere giuridicamente rilevante, non può essere generica. L’imputato ha il dovere di allegare fatti specifici (es. documentazione reddituale, stato di famiglia, assenza di beni) che il giudice possa valutare per accertare la reale impossibilità di adempiere all’obbligo di versamento. In assenza di tali elementi, la difesa risulta debole e non meritevole di accoglimento. In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che il reato di omessa cauzione non può essere liquidato come un’offesa di lieve entità. La cauzione è uno strumento finalizzato a garantire il rispetto delle prescrizioni imposte con la sorveglianza speciale, e la sua omissione mina l’efficacia stessa della misura preventiva, un presidio fondamentale per la sicurezza pubblica.
Conclusioni
La pronuncia conferma un orientamento rigoroso in materia di adempimento degli obblighi economici derivanti da misure penali e di prevenzione. Chiunque intenda giustificare un inadempimento per motivi economici deve essere pronto a fornire prove concrete e dettagliate della propria condizione. La semplice dichiarazione di povertà non costituisce una valida scusante. Inoltre, viene ribadito che reati ostativi all’efficacia delle misure di controllo dello Stato difficilmente possono beneficiare della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione, pertanto, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando la condanna originaria.
È sufficiente dichiararsi povero per non pagare una cauzione imposta dal giudice?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non basta una generica affermazione di indigenza. L’imputato ha un ‘onere di allegazione’, cioè deve fornire prove concrete e specifiche della propria impossibilità economica a pagare.
Il reato di omessa cauzione può essere considerato di ‘particolare tenuità’?
No. La Corte ha stabilito che le caratteristiche di questo reato, che mina l’efficacia di una misura di prevenzione, non consentono di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità dell’offesa prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20285 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20285 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ALCAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 31 gennaio 2024, con la quale la Corte di appello di Palermo confermava la decisione impugnata, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di quattro mesi di arresto, per il reato di cui all’art. 76, comma 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, commesso ad Alcamo il 10 marzo 2020.
Ritenuto che i fatti di reato in contestazione, nella loro consistenza materiale, sono incontroversi, risultando dimostrato che NOME ometteva di versare la somma di 800,00 euro alla Cassa delle ammende, per la quale era stata prevista la rateizzazione in quattro rate mensili, nel termine di novanta giorni dall’inizio dell’esecuzione della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza irrogata dal Tribunale di Trapani il 27 giugno 2019 e notificata l’11 ottobre 2019.
Ritenuto che il percorso argomentativo della Corte di appello di Palermo, in assenza di adeguate allegazioni difensive, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la prova dell’impossibilità di versare la cauzione per indisponibilità di risorse economiche, comporta «un onere di allegazione che non può dirsi soddisfatto dall’apodittica affermazione di versare in uno stato di indigenza » (Sez. 5, n. 38729 del 03/04/2014, Okpere, Rv. 262208 – 01).
Ritenuto che tali connotazioni della condotta illecita non consentono di prefigurare la particolare tenuità dell’offesa rilevante ex art. 131-bis cod. pen., invocata dalla difesa del ricorrente, in linea con quanto costantemente affermato da questa Corte (tra le altre, Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.