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Omessa cauzione: Cassazione, no a povertà generica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per l’omessa cauzione imposta con la misura della sorveglianza speciale. La Corte ha stabilito che una semplice affermazione di indigenza non è sufficiente a provare l’impossibilità di pagare, essendo necessario un onere di allegazione specifico. Inoltre, ha escluso l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a questa specifica fattispecie di reato.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Omessa cauzione: non basta dirsi poveri per evitare la condanna

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema dell’omessa cauzione imposta nell’ambito delle misure di prevenzione, stabilendo principi chiari sull’onere della prova dello stato di indigenza e sull’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione sottolinea come una generica affermazione di difficoltà economiche non sia sufficiente a giustificare l’inadempimento, richiedendo prove concrete da parte dell’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza dal Tribunale. Oltre alle prescrizioni tipiche della misura, gli era stato imposto il versamento di una cauzione di 800,00 euro, rateizzata in quattro rate mensili. Il soggetto, tuttavia, ometteva di effettuare il pagamento.

Per tale omissione, veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di quattro mesi di arresto per il reato previsto dall’art. 76, comma 4, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia). L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due argomentazioni principali: la propria condizione di indigenza, che gli avrebbe impedito di pagare, e la particolare tenuità dell’offesa, che a suo dire avrebbe dovuto escludere la punibilità.

L’onere della prova in caso di omessa cauzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le tesi difensive. Il punto centrale della motivazione riguarda la prova dello stato di indigenza. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato nella loro giurisprudenza: la prova dell’impossibilità di versare la cauzione a causa della mancanza di risorse economiche comporta un preciso onere di allegazione a carico dell’imputato.

Questo significa che non è sufficiente una semplice e apodittica affermazione di trovarsi in uno stato di povertà. L’imputato deve fornire elementi concreti e specifici che dimostrino tale condizione, permettendo al giudice di verificare l’effettiva impossibilità di adempiere. Nel caso di specie, la difesa non aveva fornito allegazioni adeguate, rendendo la sua argomentazione infondata.

L’inapplicabilità della particolare tenuità del fatto

Il secondo motivo di ricorso, relativo all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, è stato parimenti respinto. La Cassazione ha affermato che le caratteristiche della condotta illecita, consistente nel mancato versamento della cauzione, non consentono di configurare la particolare tenuità dell’offesa.

Questa conclusione è in linea con precedenti pronunce, anche a Sezioni Unite, che tendono a escludere l’applicabilità di tale istituto a reati che, pur potendo apparire di modesta entità economica, ledono interessi pubblici rilevanti legati all’effettività delle misure di prevenzione e al controllo del territorio.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi. In primo luogo, ha evidenziato che l’affermazione di versare in stato di indigenza, per essere giuridicamente rilevante, non può essere generica. L’imputato ha il dovere di allegare fatti specifici (es. documentazione reddituale, stato di famiglia, assenza di beni) che il giudice possa valutare per accertare la reale impossibilità di adempiere all’obbligo di versamento. In assenza di tali elementi, la difesa risulta debole e non meritevole di accoglimento. In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che il reato di omessa cauzione non può essere liquidato come un’offesa di lieve entità. La cauzione è uno strumento finalizzato a garantire il rispetto delle prescrizioni imposte con la sorveglianza speciale, e la sua omissione mina l’efficacia stessa della misura preventiva, un presidio fondamentale per la sicurezza pubblica.

Conclusioni

La pronuncia conferma un orientamento rigoroso in materia di adempimento degli obblighi economici derivanti da misure penali e di prevenzione. Chiunque intenda giustificare un inadempimento per motivi economici deve essere pronto a fornire prove concrete e dettagliate della propria condizione. La semplice dichiarazione di povertà non costituisce una valida scusante. Inoltre, viene ribadito che reati ostativi all’efficacia delle misure di controllo dello Stato difficilmente possono beneficiare della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione, pertanto, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando la condanna originaria.

È sufficiente dichiararsi povero per non pagare una cauzione imposta dal giudice?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non basta una generica affermazione di indigenza. L’imputato ha un ‘onere di allegazione’, cioè deve fornire prove concrete e specifiche della propria impossibilità economica a pagare.

Il reato di omessa cauzione può essere considerato di ‘particolare tenuità’?
No. La Corte ha stabilito che le caratteristiche di questo reato, che mina l’efficacia di una misura di prevenzione, non consentono di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità dell’offesa prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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