Oltre Ragionevole Dubbio: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a pronunciarsi sul principio cardine del processo penale: la condanna oltre ragionevole dubbio. Questa decisione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, chiarendo che la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti, ma il custode della corretta applicazione della legge e della logicità delle motivazioni. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.
I Fatti del Processo e la Condanna
Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente riformata solo in parte dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La pena inflitta era di un anno di reclusione e 3.000 euro di multa.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato era stato trovato in possesso di diversi involucri di cocaina e di una somma di denaro ritenuta provento dell’attività illecita. Un elemento chiave è stata la sua fuga in motociclo al momento del controllo, un comportamento che i giudici hanno interpretato come un chiaro indizio di colpevolezza, ritenendo non plausibile la giustificazione addotta dall’imputato.
Il Ricorso in Cassazione e la violazione dell’oltre ragionevole dubbio
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due principali violazioni:
1. Violazione del principio dell’oltre ragionevole dubbio: Secondo la difesa, la motivazione della sentenza d’appello era illogica e non aveva superato quel confine che separa un mero sospetto da una certezza processuale.
2. Trattamento sanzionatorio sproporzionato: La difesa riteneva la pena eccessivamente severa.
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sulla portata del controllo di legittimità.
La Regola “b.a.r.d.” e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Il cuore della decisione risiede nell’analisi del primo motivo. I giudici supremi hanno spiegato che il principio “beyond any reasonable doubt” (b.a.r.d.), o “oltre ragionevole dubbio“, in sede di legittimità, non può essere invocato per sollecitare una nuova e diversa lettura delle prove.
La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo compito è verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia:
* Logica e coerente;
* Priva di contraddizioni manifeste;
* Completa, ovvero che abbia preso in considerazione eventuali tesi alternative ragionevoli proposte dalla difesa.
Nel caso specifico, il ricorso non denunciava un’illogicità manifesta, ma si limitava a criticare l’interpretazione delle prove data dalla Corte d’Appello, proponendone una alternativa. Questo tipo di doglianza è tipica del giudizio di merito e, pertanto, inammissibile in Cassazione.
La Valutazione degli Elementi Fattuali
La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse adeguatamente motivato la colpevolezza dell’imputato basandosi su una serie di elementi concordanti: la fuga, il ritrovamento dello stupefacente e del denaro, la quantità della sostanza incompatibile con un uso personale e l’implausibilità delle giustificazioni fornite. La difesa non aveva proposto tesi alternative concrete e ragionevoli, ma solo ipotesi congetturali.
La Manifesta Infondatezza del Secondo Motivo
Anche il secondo motivo, relativo alla presunta eccessività della pena, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva correttamente bilanciato le circostanze, riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti alla recidiva specifica. La motivazione sulla determinazione della pena è stata considerata adeguata e in linea con i parametri dell’art. 133 del codice penale.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, nella sostanza, chiedeva alla Cassazione di effettuare un riesame del materiale probatorio, un compito che spetta esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello. La violazione della regola dell’oltre ragionevole dubbio può essere fatta valere in Cassazione solo se si traduce in un vizio logico macroscopico della motivazione, come una palese contraddittorietà o l’omessa valutazione di una tesi difensiva dotata di plausibilità e riscontri. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello era stata ritenuta completa, logica e coerente, avendo analizzato tutti gli elementi a carico (fuga, possesso di droga e denaro) e le giustificazioni dell’imputato, giudicate inattendibili. L’inammissibilità è stata estesa anche al secondo motivo, poiché il giudice di secondo grado aveva esercitato correttamente il proprio potere discrezionale nel commisurare la pena, fornendo una motivazione adeguata.
Le Conclusioni
In conclusione, questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti. La violazione del canone dell’oltre ragionevole dubbio può essere censurata solo quando emerge un’irrazionalità palese nel percorso argomentativo del giudice di merito. Un ricorso che si limita a contrapporre la propria valutazione delle prove a quella, logicamente sostenibile, della sentenza impugnata è destinato all’inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, a causa del carattere dilatorio dell’impugnazione.
Quando si può contestare la violazione del principio “oltre ragionevole dubbio” in Cassazione?
La violazione di tale principio può essere fatta valere in sede di legittimità solo se si traduce in una illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza oppure nell’omessa valutazione di tesi alternative che siano ragionevoli e supportate da elementi concreti.
Perché la giustificazione della fuga fornita dall’imputato non è stata ritenuta credibile?
La Corte ha considerato implausibile la motivazione della fuga legata al suo status di straniero, poiché i suoi documenti personali erano autentici ed erano già stati acquisiti dagli operatori di polizia prima del tentativo di allontanarsi. La fuga è stata quindi interpretata come un forte indizio di colpevolezza.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle Ammende, specialmente quando il ricorso viene ritenuto palesemente dilatorio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37070 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37070 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CREMONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia ha riformato solo con riguardo al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche confermandola nel resto, la sentenza pronunciata dal Tribunale di Bergamo del 19 gennaio 2022, che, qualificato il reato contestato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, aveva ritenuto NOME responsabile dello stesso, condannandolo alla pena di anni uno di reclusione ed euro 3.000 di multa.
Il ricorrente, a mezzo del proprio difensore, deduce i seguenti motivi:
violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento all’affermazione di responsabilità nei suoi confronti, in relazione alla violazione del principio dell’oltre ragionevole dubbio, con conseguente illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza; II) violazione di legge e vizio motivazionale ed evidente contraddittorietà della motivazione, in ordine ai profili del trattamento sanzionatorio sproporzionato ed eccessivamente severo.
Il primo motivo è inammissibile in quanto, nella sostanza, propone critiche all’accertamento in fatto della sentenza impugnata, mentre alla Corte di RAGIONE_SOCIALEzione non è consentita l’interpretazione diretta della capacità dimostrativa della prove, che spetta solo ai giudici di merito, ma solo la valutazione della tenuta logica della motivazione offerta in ordine a tale interpretazione che deve rispettare le regole di valutazione previste dal codice, tra le quali, è compresa, nel caso di condanna anche quella del superamento di ogni “ragionevole dubbio”, ovvero del parametro indicato dal legislatore del 2006 come guida ineludibile per il giudizio che si risolve in una condanna, la cui matrice costituzionale è stata rinvenuta nella presunzione di innocenza (cosi: Sez. U., n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269786; Sez. U., n. 14800 del 21/12/2017 – dep. 2018, Troise, Rv. 272430). In sintesi: la “regola b.a.r.d.” (acronimo anglosassone: “beyond any reasonable doubt”) in sede di legittimità rileva solo se la sua violazione si risolve in una illogicità manifesta e decisiva dei tessuto motivazionale; e può rinvenirsi nella omessa valutazione delle “tesi alternative” solo ove queste siano allegate e ragionevoli, ovvero trovino conforto nella logica e nelle emergenze processuali, non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647 – 04 (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME e altri, Rv. 270108).
Nel caso in esame, la regola “b.a.r.d” risulta pienamente rispettata dalla Corte territoriale, non emergendo, infatti, lacune motivazionali o contraddizioni nel percorso argomentativo tracciato per confermare la responsabilità dei ricorrenti. Anche perché non sono emerse tesi alternative giustificative delle condotte contestate, che non siano state adeguatamente vagliate dai giudici dei precedenti gradi di giudizio. Il motivo di ricorso manifesta invece la finalità di indurre ad una
diversa valutazione delle singole circostanze elencate alla pagina 5, ove si dà c della fuga del ricorrente al momento in cui si stava per perquisire il motociclo ove si sarebbe trovato il contenitore di 4 involucri contenenti cocaina ed un fazzoletto con ulteriori 8 involucri della stessa sostanza, lamentando diffuse lacune investigative e manifestando non condivisioni, rispetto alle conclusioni a cui è giunta la sentenza impugnata, ove vengono riportati in dettaglio i movimenti di fuga sul motociclo sul quale il ricorrente si trovava insieme a NOME COGNOME. Non era stata ritenuta plausibile la motivazione addotta a giustificare la fuga, lo stato di straniero, posto che i documenti personali erano autentici ed erano già stati acquisiti dagli operatori. Peraltro, alla luce del valore economico della sostanza, la sentenza ha rilevato la implausibilità della tesi secondo cui il ricorrente non sarebbe stato a conoscenza della presenza dello stupefacente, né lo stesso aveva dato spiegazioni circa la provenienza del denaro rinvenuto, pari ad euro 290,86. Il quantitativo complessivo era stato considerato incompatibile con l’uso personale.
Manifestamente infondata è, altresì, la censura mosse dal ricorrente con il secondo motivo, al trattamento sanzionatorio. Il giudice distrettuale, che ha riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti alla ritenuta recidiva specifica, che unitamente alla fuga caratterizzava la personalità non positiva dell’imputato, in ragione della giovane età e dell’assenza di precedenti recenti, ha correttamente esercitato la discrezionalità nella graduazione della sanzione penale, la quale è stata modulata con adeguata motivazione esplicita relativa ai parametri indicati dall’art. 133 cod.pen., come si evince alla pagina 6 della sentenza impugnata.
Evidenziato che all’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso e alla palese inammissibilità del ricorso, appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 23 settembre 2024
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