Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7333 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 7333  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nata a Cernusco sul Naviglio il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 16/03/2023 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
 NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 16 marzo 2023 con la quale la Corte di Appello di Firenze, ha confermato la sentenza emessa, in data 18 gennaio 2017, dal Tribunale di Prato che lo ha condannato alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 3.000,00 di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 73 d.P.R. 309/90 e 648 cod. pen.
La ricorrente, con l’unico motivo di impugnazione, lamenta la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputata.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente fondato la deliberazione sulla mera presenza dell’imputata al momento della perquisizione della autovettura di provenienza delittuosa e della mancata prospettazíone da parte della COGNOME di plausibili giustificazioni in ordine alla provenienza della vettura, senza tenere conto della mancanza di elementi da cui desumere il suo coinvolgimento nella ricettazione del veicolo e del fatto che il coimputato NOME COGNOME è stato visto dalla polizia giudiziaria alla guida di detta vettura nei giorni precedenti al controllo.
La difesa ha rimarcato, inoltre, che il legittimo affidamento della COGNOME in ordine alla provenienza lecita sarebbe fondato anche sulla particolare tipologia della vettura in questione (automobile del servizio di car sharing denominato RAGIONE_SOCIALE).
Il difensore della ricorrente, in data 17 novembre 2023, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto per le ragioni che seguono.
La Corte territoriale ha affermato la responsabilità della ricorrente esclusivamente in considerazione di due elementi logico-fattuali emersi dall’istruttoria dibattimentale: 1) la vettura di provenienza delittuosa è stata rinvenuta nella disponibilità della COGNOME e del Li Yao in occasione della perquisizione conclusasi con il rinvenimento ed il sequestro di un modesto quantitativo di sostanze stupefacenti 2) l’imputata non ha fornito alcuna giustificazione in ordine ai motivi della disponibilità dell’automobile sottratta alla società RAGIONE_SOCIALE.
Appare evidente che detta motivazione comprova esclusivamente che la COGNOME, al momento della perquisizione, si trovava presso l’hotel Palace di Prato in compagnia del Li Yao e che la vettura era nella disponibilità di entrambi ma non fornisce elementi logico-probatori idonei a comprovare che la COGNOME abbia concorso consapevolmente alla ricezione dell’autovettura di provenienza delittuosa, stante la natura generica ed ambigua delle circostanze fattuali valorizzate dai giudici di merito.
Il percorso argomentativo, peraltro, appare del tutto apparente laddove i giudici, con motivazione del tutto apodittica, hanno ritenuto irrilevante la circostanza che il co-imputato NOME COGNOME -nei giorni precedenti- sia stato visto dalle forze dell’ordine alla guida della predetta autovettura, senza argomentare in alcun modo in ordine alle ragioni dell’irrilevanza di una circostanza che ben potrebbe essere decisiva ai fini dell’individuazione del soggetto che ha ricettato il veicolo sottratto alla persona offesa.
La motivazione è, altresì, carente perché non specifica in alcun modo se la COGNOME al momento del controllo si trovasse o meno a bordo del veicolo e, in caso affermativo, se la stessa fosse alla guida ovvero seduta sul lato passeggero, limitandosi ad affermare in modo del tutto generico che l’autovettura è stata «trovata nel possesso di entrambi gli imputati» (vedi pag. 2 della sentenza impugnata), affermazione analoga a quella adoperata, in modo altrettanto generico, dal Tribunale (vedi pag. 2 della sentenza di primo grado).
Deve esser, inoltre, evidenziato che la valenza solo possibilistica degli indizi raccolti non evolve verso una visione complessiva unitaria e dotata di elevato grado di credibilità razionale nel senso della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio dell’imputata. La conclusione cui giunge la Corte territoriale è simile, ad un’inaccettabile attribuzione di responsabilità oggettiva, derivata da indizi sopravvalutati, in senso non conforme alla giurisprudenza di legittimità.
Il criterio di attribuzione della responsabilità cui ha fatto ricorso il giudic d’appello, aderendo ad analoga impostazione della sentenza di primo grado, si fonda su di un inaccettabile parametro di verosimiglianza, che non corrisponde al canone normativo di indispensabile valutazione della colpevolezza penale.
Le motivazioni sia della sentenza di primo grado che di quella d’appello si basano su un argomentare che mette apoditticamente in linea le circostanze di fatto sopra indicate per dedurne un quadro indiziario di tale gravità da fondare la responsabilità penale dell’imputata. Tuttavia, il nesso motivazionale utilizzato appare molto labile e sostanzialmente frutto di un salto logico; è evidente, invece, come la Corte di merito avrebbe dovuto interrogarsi sulla valenza della prova indiziaria a superare il vaglio del criterio dell’oltre ogni ragionevole dubbio necessario per fondare l’accusa ai sensi dell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. e, in ogni caso, avrebbe dovuto dar conto del collegamento dei due indizi -di per sé non determinanti, neppure se combinati tra loro- con la sicura responsabilità della ricorrente.
Il rispetto del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio sottende, infatti, una motivazione adeguata, che rifletta una valutazione completa del compendio probatorio, letto anche alla luce del contributo conoscitivo e critico offerto dalla difesa, e dia conto dunque delle criticità emerse, risolvendole sulla base degli elementi che valgono a suffragare l’assunto accusatorio, in assenza di residue ipotesi alternative, adeguatezza motivazionale non riscontrabile nel caso di specie.
In conclusione, deve darsi atto di come la motivazione del provvedimento impugnato non si riveli coerente al canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio, previsto dall’art. 533 cod. proc. pen. con la necessità che i giudici rimodulino le proprie affermazioni circa la responsabilità del ricorrente e si conformino al canone valutativo della responsabilità penale costituzionalmente orientato.
Ne consegue l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato e la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Firenze, che si pronuncerà sulle criticità esaminate dal Collegio, in piena aderenza ai principi ermeneutici indicati, ma con altrettanta ampia libertà del giudice del rinvio di orientarsi nel senso di riproporre l’esito decisorio già adottato ovvero di discostarsene.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
Così deciso il 21 novembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
La Presidente