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Oltraggio pubblico ufficiale: quando è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11177/2024, ha stabilito che per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale non è necessario che i presenti sentano effettivamente le offese, ma è sufficiente la mera possibilità che possano essere udite. Inoltre, ha confermato che la non punibilità per particolare tenuità del fatto non esclude l’obbligo di risarcire il danno alla parte civile e di pagare le spese legali.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a Pubblico Ufficiale: Rischio Reato Anche se Nessuno Sente?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11177/2024) ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 341-bis del codice penale. La pronuncia affronta due questioni cruciali: la necessità che le offese siano effettivamente percepite dai presenti e le conseguenze civili quando il reato è dichiarato non punibile per la sua lieve entità. Questo caso ci permette di analizzare nel dettaglio i confini di una fattispecie che tutela il prestigio della Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso: La Controversia Giudiziaria

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato in appello per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La Corte di Appello, pur riconoscendo la sussistenza del reato, aveva dichiarato l’imputato non punibile per la “particolare tenuità del fatto” ai sensi dell’art. 131-bis c.p. Tuttavia, aveva confermato la sua condanna al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese legali in favore delle parti civili, ovvero gli agenti offesi.

L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali: la violazione della legge penale, il vizio di motivazione sulla prova della colpevolezza e l’illogicità della condanna al risarcimento del danno a fronte della riconosciuta tenuità del fatto.

La Decisione della Cassazione sull’Oltraggio a Pubblico Ufficiale

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione impugnata e fornendo una lettura chiara e rigorosa della normativa.

La Percezione Effettiva delle Offese è Irrilevante

Il punto centrale del ricorso riguardava la necessità di provare che i presenti avessero effettivamente udito le frasi offensive. L’imputato sosteneva che, in assenza di tale prova, il reato non potesse sussistere. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando un principio consolidato: ai fini della configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, è sufficiente che le espressioni offensive rivolte all’agente possano essere udite dai presenti. Non è necessario accertare che siano state concretamente percepite.

Questa interpretazione si fonda sulla ratio della norma, che non tutela solo l’onore del singolo funzionario, ma anche il prestigio e il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione. La mera potenzialità che l’offesa venga udita da terzi è di per sé sufficiente a creare un “aggravio psicologico” per il pubblico ufficiale, disturbandolo nell’esercizio delle sue funzioni e facendogli avvertire un contesto ostile. La prova della percezione effettiva, quindi, esula dal thema probandum del processo.

Particolare Tenuità del Fatto e Diritto al Risarcimento

Il secondo punto fondamentale affrontato dalla Corte riguarda il rapporto tra la non punibilità per particolare tenuità del fatto e le statuizioni civili. L’imputato riteneva contraddittorio essere condannato a risarcire un danno la cui portata offensiva era stata definita minima.

Anche su questo punto, la Cassazione è stata netta. Il riconoscimento della particolare tenuità del fatto incide solo sulla punibilità penale, ma non elimina l’illiceità del fatto stesso né la sua capacità di produrre un danno. Il reato sussiste in tutti i suoi elementi, ma l’ordinamento rinuncia ad applicare la sanzione penale per ragioni di proporzionalità. Di conseguenza, il diritto della parte civile a ottenere il risarcimento del danno e il rimborso delle spese processuali rimane pienamente integro. La Corte ha richiamato anche una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 173 del 2022) che ha stabilito l’obbligo per il giudice di pronunciarsi sempre sulle domande civili, anche in caso di applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su una tutela rafforzata della funzione pubblica. La legge non richiede una lesione concreta e provata dell’onore percepita da terzi, ma punisce il rischio stesso che tale lesione possa avvenire in un contesto pubblico. La potenzialità della diffusione dell’offesa è l’elemento che aggrava la condotta e la distingue da un’ingiuria semplice (oggi depenalizzata). Per quanto riguarda le conseguenze civili, la Corte applica il principio di separazione tra giudizio penale e civile: la non punibilità non equivale ad un’assoluzione nel merito e non cancella le conseguenze dannose che la vittima ha subito e per le quali ha diritto a un ristoro.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce due principi fondamentali in materia di oltraggio a pubblico ufficiale. Primo, la consumazione del reato non dipende dall’effettiva percezione delle parole offensive da parte dei presenti, ma dalla loro astratta udibilità in un luogo pubblico. Secondo, la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non pregiudica in alcun modo i diritti della parte civile, che potrà ottenere sia il risarcimento del danno sia il rimborso delle spese legali. Si tratta di una decisione che conferma un orientamento rigoroso a tutela della dignità e della serenità operativa dei pubblici ufficiali.

Per configurare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, è necessario che altre persone sentano effettivamente le offese?
No. Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente che le espressioni offensive abbiano la semplice potenzialità di essere udite dai presenti nel luogo pubblico, non essendo richiesta la prova della loro effettiva percezione.

Se un reato viene considerato di “particolare tenuità del fatto”, la vittima ha ancora diritto al risarcimento del danno?
Sì. Il riconoscimento della particolare tenuità del fatto esclude l’applicazione della sanzione penale, ma non elimina l’esistenza del reato né il danno che ne è derivato. Pertanto, la persona offesa, costituitasi parte civile, ha pieno diritto al risarcimento del danno e al rimborso delle spese processuali.

Perché la potenziale udibilità delle offese è sufficiente per il reato?
Perché la sola possibilità che altri sentano l’insulto costituisce un “aggravio psicologico” per il pubblico ufficiale, che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio e facendogli avvertire condizioni lavorative avverse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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