Oltraggio a Pubblico Ufficiale: No a una Nuova Valutazione dei Fatti in Cassazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il caso riguardava un’imputata condannata per oltraggio a pubblico ufficiale, che ha visto il suo ricorso dichiarato inammissibile perché mirava a una semplice rivalutazione delle prove, compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano nei confronti di una donna per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 341-bis del codice penale. L’imputata, ritenendo errata la valutazione delle sue affermazioni da parte dei giudici di merito, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.
Il fulcro del suo ricorso era un motivo che, secondo la Suprema Corte, si limitava a criticare la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale, proponendo una diversa interpretazione delle frasi ritenute oltraggiose rivolte ai pubblici ufficiali.
I Limiti del Ricorso per Cassazione in tema di Oltraggio a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione non è un ‘terzo giudice’ che può riesaminare le prove e decidere se un testimone sia stato più o meno credibile, o se una frase avesse un significato piuttosto che un altro. Il suo compito è quello di ‘giudice di legittimità’, ovvero verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente, senza vizi.
Nel caso specifico, l’appello tentava di ottenere una nuova interpretazione delle “risultanze processuali”. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già, secondo la Cassazione, “adeguatamente apprezzato” le prove, mettendo in evidenza “l’inequivoco senso oltraggioso delle frasi”. Pertanto, il ricorso non denunciava un errore di diritto, ma un dissenso sulla valutazione dei fatti, che non può trovare spazio in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte, con una motivazione sintetica ma estremamente chiara, ha rilevato che “il motivo con cui si censura la ritenuta responsabilità in merito al delitto di cui all’art. 341-bis cod. pen. tende a diversamente interpretare le risultanze processuali adeguatamente apprezzate dalla Corte di appello nella competente sede di merito”. In altre parole, la ricorrente chiedeva ai giudici di Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella, già compiuta e ritenuta congrua, della Corte d’Appello. Questo tipo di richiesta è proceduralmente inammissibile.
Le Conclusioni
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione comporta due conseguenze dirette per la ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La pronuncia ribadisce con forza che il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legge o di motivazione e non può essere utilizzato come un pretesto per ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti. Per chi affronta un processo penale, è cruciale comprendere che le prove e la loro interpretazione vengono cristallizzate nei primi due gradi di giudizio.
Perché il ricorso per oltraggio a pubblico ufficiale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un errore di diritto o un vizio di motivazione, ma mirava a ottenere una nuova e diversa interpretazione delle prove e dei fatti (le frasi offensive), attività che non è permessa alla Corte di Cassazione.
Cosa significa che la Cassazione non è un giudice di ‘merito’?
Significa che la Corte di Cassazione non riesamina le prove (come testimonianze o documenti) per decidere come si sono svolti i fatti. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le leggi e abbiano giustificato la loro decisione in modo logico e completo.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata a pagare le spese del procedimento e a versare una somma di denaro, in questo caso tremila euro, alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso non fondato sui presupposti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5063 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5063 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 21/04/1970
avverso la sentenza del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si censura la ritenuta responsabilità in merito al delitto di cu all’art. 341-bis cod. pen. tende a diversamente interpretare le risultanze processuali adeguatamente apprezzate dalla Corte di appello nella competente sede di merito, specie nella parte in cui ha messo in evidenza l’inequivoco senso oltraggioso delle frasi rivolte ai pubblic ufficiali (pag. 8);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025.