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Oltraggio: annullato se mancano civili presenti

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per oltraggio a pubblico ufficiale, chiarendo un principio fondamentale: il reato non sussiste se l’offesa avviene all’interno di un ufficio di polizia e alla sola presenza di altri agenti impegnati nelle loro funzioni. Per configurare il delitto è necessaria la presenza di persone estranee, ovvero civili. La Corte ha invece confermato le condanne per tentata rapina, danneggiamento ed evasione, ritenendo infondati gli altri motivi di ricorso, inclusa la tesi della desistenza volontaria.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a pubblico ufficiale: quando l’offesa non è reato?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha delineato con precisione i confini del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, stabilendo che non si configura se le offese vengono pronunciate alla sola presenza di altri agenti impegnati nel medesimo contesto operativo. Questa pronuncia offre un importante chiarimento su un reato che spesso genera dubbi interpretativi, distinguendolo da una semplice reazione verbale e ancorandolo a precisi requisiti di pubblicità.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un uomo condannato in appello per una serie di reati, tra cui tentata rapina aggravata, danneggiamento, evasione e, appunto, oltraggio a pubblico ufficiale. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva proferito frasi offensive nei confronti degli agenti all’interno degli uffici della Questura, durante le procedure di identificazione. La difesa ha contestato la sussistenza di questo specifico reato, sostenendo che mancasse uno degli elementi costitutivi previsti dalla legge: la presenza di più persone.

I motivi del ricorso

L’imputato, tramite il suo difensore, ha basato il suo ricorso in Cassazione su quattro motivi principali:
1. Tentata rapina: Si sosteneva che l’azione si fosse interrotta per desistenza volontaria e non per cause esterne.
2. Oltraggio a pubblico ufficiale: Si eccepiva la mancanza della ‘presenza di più persone’, poiché gli unici presenti erano altri pubblici ufficiali intenti a compiere atti d’ufficio, senza quindi ‘rilevanza esterna’.
3. Danneggiamento: Si contestava la contestualità tra le minacce e il lancio di sassi.
4. Trattamento sanzionatorio: Si criticava la motivazione sulla recidiva e sulla quantificazione della pena.

La decisione della Cassazione sull’oltraggio a pubblico ufficiale

La Suprema Corte ha accolto il secondo motivo di ricorso, annullando senza rinvio la sentenza limitatamente al reato di oltraggio a pubblico ufficiale perché ‘il fatto non sussiste’. Gli altri motivi sono stati invece rigettati. La Corte ha ribadito la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui l’offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale, per essere penalmente rilevante, deve avvenire in presenza di almeno due persone.

Tuttavia, il punto cruciale della decisione risiede nella specificazione di chi possa essere considerato ‘persona presente’.

Le motivazioni

I giudici hanno chiarito che nel novero delle ‘più persone’ non possono essere inclusi i pubblici ufficiali che, non direttamente destinatari dell’offesa, assistono alla scena mentre svolgono le proprie funzioni nello stesso contesto. Il requisito della pluralità di persone è integrato solo da soggetti estranei alla pubblica amministrazione (i ‘civili’) o da pubblici ufficiali che si trovino lì per ragioni diverse da quelle per cui si sta procedendo.

La ratio della norma, spiegano i giudici, è tutelare non solo l’onore del singolo funzionario, ma anche il prestigio e l’autorevolezza dell’intera amministrazione pubblica. Questo prestigio viene leso solo quando l’offesa raggiunge una platea esterna, capace di percepire un indebolimento dell’autorità statale. Nel caso di specie, le offese erano state pronunciate all’interno della Questura e sentite solo da altri agenti impegnati nell’identificazione. Mancava, quindi, quella ‘platea’ di civili la cui presenza è indispensabile per la configurazione del reato. Per questo motivo, la condanna per questo capo d’imputazione è stata annullata.

Riguardo agli altri reati, la Corte ha ritenuto che la tentata rapina fosse stata interrotta non da una scelta volontaria ma dalla reazione della vittima, e che le motivazioni della Corte d’Appello sulla sussistenza del danneggiamento e sulla severità della pena fossero adeguate e ben argomentate.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di garanzia fondamentale: non ogni offesa a un agente costituisce reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Affinché si configuri il delitto, l’azione deve avere una risonanza esterna, avvenendo in presenza di cittadini o, comunque, di persone non coinvolte nell’operazione di polizia in corso. Si tratta di una distinzione essenziale per evitare che qualsiasi reazione scomposta, confinata all’interno di un contesto istituzionale, venga automaticamente qualificata come un grave reato contro la pubblica amministrazione, riservando tale tutela ai soli casi in cui il prestigio dell’istituzione sia effettivamente messo a rischio agli occhi del pubblico.

Quando si configura il reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
Il reato si configura quando l’offesa all’onore e al prestigio di un pubblico ufficiale avviene mentre compie un atto del suo ufficio, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, e in presenza di almeno due persone. Queste persone devono essere estranee all’amministrazione (civili) o pubblici ufficiali non coinvolti nel medesimo atto d’ufficio.

Perché la condanna per tentata rapina è stata confermata?
La condanna è stata confermata perché i giudici hanno ritenuto che l’imputato non avesse interrotto l’azione per una sua libera scelta (desistenza volontaria), ma a causa di un fattore esterno e imprevedibile, ovvero la reazione della vittima, che ha impedito la prosecuzione del crimine.

Quali persone non contano ai fini della ‘presenza di più persone’ nel reato di oltraggio?
Secondo la sentenza, non si possono computare nel numero delle persone presenti i pubblici ufficiali che, pur non essendo i diretti destinatari dell’offesa, assistono alla scena mentre sono impegnati nello svolgimento delle loro funzioni istituzionali nello stesso contesto operativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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