Oltraggio a Pubblico Ufficiale: Quando la Strada Diventa Palcoscenico del Reato
L’oltraggio a pubblico ufficiale è un reato che tutela l’onore e il prestigio della pubblica amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per la sua configurazione: la semplice commissione del fatto in una via pubblica affollata è sufficiente a integrare il requisito della “presenza di più persone”, necessario per la punibilità della condotta. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di una persona per il reato previsto dall’art. 341-bis del codice penale, per aver offeso l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale. L’imputata ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la presunta violazione di legge riguardo alla sussistenza del presupposto della presenza di più persone al momento del fatto. Secondo la tesi difensiva, non era stata fornita prova sufficiente che più persone avessero effettivamente assistito alla scena.
La Questione Giuridica: Il Requisito della Presenza di Più Persone
L’articolo 341-bis c.p. punisce chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. L’elemento della “presenza di più persone” è cruciale: il legislatore ha inteso punire non solo l’offesa diretta al funzionario, ma anche la lesione del prestigio della pubblica amministrazione che si realizza quando l’offesa viene percepita da terzi, minando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
La Decisione della Cassazione sull’Oltraggio a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse una mera riproposizione di una doglianza già correttamente esaminata e respinta dal giudice di merito. La decisione impugnata aveva, infatti, accertato che la condotta illecita si era svolta in una via pubblica frequentata, in quel preciso momento, da numerosi passanti.
Le Motivazioni
La Corte ha sottolineato come la valutazione del giudice di merito fosse giuridicamente corretta e adeguatamente motivata. Il presupposto della presenza di più persone non richiede necessariamente l’identificazione specifica dei soggetti presenti o la prova che questi abbiano effettivamente percepito ogni singola parola offensiva. Ciò che rileva è che la condotta si sia verificata in un contesto tale da essere potenzialmente percepita da un numero indefinito di persone. Una via pubblica, per sua natura, è un luogo in cui la presenza di terzi è una circostanza del tutto prevedibile e normale. Di conseguenza, commettere il fatto in un simile contesto integra pienamente il requisito previsto dalla norma, poiché l’offesa si propaga al di là della sfera interpersonale tra l’autore e la vittima, ledendo il bene giuridico protetto, ovvero il prestigio dell’istituzione rappresentata dal pubblico ufficiale.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Chiunque ponga in essere condotte offensive nei confronti di un pubblico ufficiale in un luogo pubblico, come una strada o una piazza, deve essere consapevole che la semplice presenza di passanti è sufficiente a far scattare la responsabilità penale per oltraggio a pubblico ufficiale. Questa decisione serve da monito, ribadendo che il rispetto per le istituzioni e i loro rappresentanti è un valore tutelato con rigore, specialmente quando la sua violazione avviene sotto gli occhi del pubblico. La condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende suggella la definitività della pronuncia e le conseguenze negative di un ricorso infondato.
Quando si configura il reato di oltraggio a pubblico ufficiale secondo questa ordinanza?
Il reato si configura quando l’offesa all’onore e al prestigio di un pubblico ufficiale avviene in un luogo pubblico o aperto al pubblico e alla presenza di più persone, a causa o nell’esercizio delle sue funzioni.
La presenza di semplici passanti in una via pubblica è sufficiente per integrare il reato?
Sì. La Corte ha stabilito che la condotta posta in essere in una via pubblica frequentata, in quel momento, da numerosi passanti, integra il presupposto della presenza di più persone richiesto dalla legge.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era la riproposizione di una censura già adeguatamente valutata e respinta con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34729 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34729 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO/25 COGNOME
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 341-bís cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge in ordine alla sussistenza del presupposto della presenza di più persone nel momento della commissione del fatto, risulta riproduttivo di censura già adeguatamente vagliata e disattesa con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, che correttamente ha ritenuto integrato il reato dal momento che la condotta era stata posta in essere in una via pubblica frequentata, in quel momento, da numerosi passanti (v. p. 4 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/10/2025