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Oltraggio a pubblico ufficiale ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per oltraggio a pubblico ufficiale. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta alla Suprema Corte. La Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto offensive le frasi rivolte agli agenti e negato la sussistenza della continuazione tra due episodi criminosi, data la distanza temporale di 9 mesi e la loro natura occasionale.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 23974/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in sede di legittimità, in particolare per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme questa decisione.

I Fatti del Caso: Offese a Pubblici Ufficiali

Un cittadino veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 341 bis del codice penale. I fatti contestati riguardavano frasi offensive proferite in un luogo aperto al pubblico e indirizzate a degli agenti della Polizia di Stato durante l’esercizio delle loro funzioni. L’imputato veniva inoltre condannato per un altro reato, ma la Corte d’Appello negava il riconoscimento della ‘continuazione’ tra i due episodi criminosi.

I Motivi del Ricorso e l’inammissibilità per oltraggio a pubblico ufficiale

L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Una violazione di legge riguardo l’affermazione della sua responsabilità per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.
2. Il mancato riconoscimento della continuazione tra i reati contestati.

La difesa sosteneva, in sostanza, una errata valutazione dei fatti e delle prove da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su argomentazioni chiare e consolidate nella giurisprudenza.

La Distinzione tra Giudizio di Legittimità e Giudizio di Merito

Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. I giudici hanno specificato che i motivi del ricorso non lamentavano una reale violazione di legge, ma si traducevano in una richiesta di ‘rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie’. Questo tipo di analisi, che implica un nuovo esame dei fatti e delle prove (come le testimonianze o i documenti), è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado (giudizio di merito). La Corte di Cassazione, invece, svolge un ‘sindacato di legittimità’, ovvero controlla che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.

La Mancata ‘Continuazione’ tra i Reati

Anche riguardo al mancato riconoscimento della continuazione, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice d’appello. La continuazione presuppone un ‘medesimo disegno criminoso’, cioè una programmazione unitaria di più azioni illegali. Nel caso di specie, le due condotte erano state poste in essere a distanza di circa 9 mesi l’una dall’altra e in un ‘contesto del tutto imprevedibile, contingente ed occasionale’. Tale circostanza, secondo la Corte, esclude la possibilità di ricondurre i due episodi a un’unica strategia criminale, rendendo corretta la decisione di non applicare l’istituto della continuazione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono state nette: il ricorso era meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte con argomentazioni giuridiche corrette nei precedenti gradi di giudizio. La sentenza d’appello aveva già adeguatamente spiegato perché le frasi fossero oggettivamente offensive e perché le due condotte criminose fossero distinte e non legate da un unico disegno. Tentare di rimettere in discussione queste valutazioni di fatto in Cassazione costituisce una ragione di inammissibilità del ricorso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito importante: il ricorso per Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove a proprio favore. I motivi di ricorso devono individuare specifiche violazioni di legge o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. In assenza di tali elementi, come nel caso di specie per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, il ricorso sarà inevitabilmente dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Perché non sollevava questioni sulla corretta applicazione della legge, ma chiedeva una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione ma è riservata ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Cosa si intende per ‘oltraggio a pubblico ufficiale’ nel contesto di questa ordinanza?
Si intende il proferire frasi dal contenuto oggettivamente offensivo in un luogo pubblico, indirizzandole ad agenti di polizia mentre svolgono le loro funzioni, ledendone così l’onore e il prestigio.

Per quale motivo non è stata riconosciuta la ‘continuazione’ tra i reati?
La continuazione è stata negata perché le due condotte illecite sono avvenute a distanza di circa 9 mesi l’una dall’altra e in un contesto occasionale e imprevedibile, elementi che escludono la presenza di un unico disegno criminoso alla base di entrambi i reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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