Oltraggio a Pubblico Ufficiale: Quando lo Stress non è una Giustificazione
Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di oltraggio a pubblico ufficiale, fornendo chiarimenti cruciali sui requisiti di ammissibilità di un ricorso e sulla rilevanza di presunti stati di stress come causa di giustificazione. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna per minacce e offese rivolte a un agente di polizia penitenziaria. Questa decisione sottolinea il rigore con cui la legge tutela la dignità e la funzione dei pubblici ufficiali.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per i reati di minaccia (art. 336 c.p.) e oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.). L’imputato era accusato di aver proferito frasi dal contenuto minatorio e denigratorio nei confronti di un agente di polizia penitenziaria. Non accettando la decisione dei giudici di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione del compendio probatorio e sostenendo che le sue azioni fossero state dettate da un forte stato di stress.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso per Oltraggio a Pubblico Ufficiale
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per motivi sia procedurali che di merito. La decisione si fonda su principi consolidati che meritano un’analisi approfondita.
La Mancanza di una Critica Specifica alla Sentenza
Il primo motivo di inammissibilità risiede nella modalità con cui è stato formulato il ricorso. I giudici hanno evidenziato come l’atto si limitasse a una critica generica della valutazione probatoria effettuata dalla Corte d’Appello, senza tuttavia muovere contestazioni puntuali e specifiche alle argomentazioni logico-giuridiche della sentenza impugnata. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi difensive, ma deve individuare e contestare con precisione i vizi del provvedimento contestato.
La Sussistenza del Reato di Oltraggio
Nel merito, la Corte ha confermato la correttezza della valutazione della Corte d’Appello. Le espressioni utilizzate dall’imputato sono state ritenute idonee a integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale in quanto manifestavano un “giudizio di gratuito disprezzo direttamente correlato all’appartenenza del destinatario alla polizia penitenziaria”. Ciò significa che l’offesa non era rivolta alla persona in sé, ma alla sua funzione e al corpo di appartenenza, ledendone così il prestigio e l’onore tutelati dalla norma.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la propria decisione ribadendo due principi fondamentali. In primo luogo, ha sottolineato che un ricorso è inammissibile quando omette una disamina critica della valutazione probatoria dei giudici di merito e si limita a disattendere le conclusioni senza argomentare specificamente sulle ragioni di un presunto errore.
In secondo luogo, e con particolare rilevanza, la Cassazione ha affrontato la tesi difensiva basata sullo stato di stress dell’imputato. I giudici hanno chiarito che tale circostanza, oltre a non essere stata provata nel caso di specie, non è di per sé sufficiente a escludere la colpevolezza. Uno stato di forte stress, infatti, non è di norma considerato una condizione che impedisce “la realizzazione di azioni illecite consapevoli e volontarie”. Per escludere la volontarietà del reato, sarebbe necessario dimostrare una condizione patologica tale da annullare la capacità di intendere e di volere, un onere probatorio ben più gravoso.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Sul piano processuale, ribadisce la necessità di redigere ricorsi per Cassazione con estremo rigore tecnico, focalizzandosi su critiche specifiche e argomentate. Sul piano sostanziale, riafferma che il reato di oltraggio a pubblico ufficiale tutela la dignità della funzione pubblica e che giustificazioni basate su stati emotivi alterati, come lo stress, difficilmente trovano accoglimento in sede giudiziaria. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende sancisce la definitività della decisione e funge da monito sulla serietà con cui l’ordinamento giuridico considera tali condotte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non conteneva una critica puntuale e argomentata della valutazione delle prove fatta dalla Corte d’Appello, ma si limitava a contestare genericamente la decisione senza individuare vizi specifici nel ragionamento dei giudici.
Lo stato di forte stress può giustificare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
No. Secondo la Corte, la circostanza che l’imputato si trovasse in una condizione di forte stress, oltre a non essere stata provata, non è di per sé sufficiente a escludere la consapevolezza e la volontarietà dell’azione illecita.
Cosa caratterizza il reato di oltraggio a pubblico ufficiale in questo caso?
Il reato è stato ritenuto sussistente perché le espressioni offensive usate dall’imputato esprimevano un disprezzo gratuito direttamente collegato all’appartenenza dell’agente alla polizia penitenziaria, offendendo così l’onore e il prestigio della sua funzione pubblica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32295 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32295 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 18/01/1999
avverso la sentenza del 29/01/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per i reati di cui agli artt. 336 e 341 bis cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso.
OSSERVA
Il ricorso omette una puntuale disamina critica della valutazione del compendio probatorio compiuta dai giudici di appello e disattende la valutazione critica delle dichiarazioni rese dai verbalizzanti poste a fondamento della decisione con la quale i giudici hanno ritenuto accertata la valenza intrinsecamente minatoria delle frasi proferite, collegate al compimento di un atto dell’ufficio del destinatario.
La Corte di appello ha, inoltre, puntualmente motivato in ordine al significato denigratorio delle espressioni usate dall’imputato nei confronti dell’agente di polizia penitenziaria e in ordine alla idoneità di tali offese a integrare il reato -di oltraggio, poiché espressive di un giudizio di gratuito disprezzo direttamente correlato all’appartenenza del destinatario alla polizia penitenziaria. Infine, la sentenza ha correttamente evidenziato che la circostanza che l’imputato versasse in condizione di forte stress, oltre a non essere riscontrata, non è di per sé impeditiva alla realizzazione di azioni illecite consapevoli e volontarie.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/05/2025.