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Oltraggio a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che un ricorso deve contenere una critica specifica alla sentenza impugnata e non una generica contestazione. Inoltre, è stato ribadito che il reato di oltraggio a pubblico ufficiale sussiste quando le offese esprimono un disprezzo gratuito legato alla funzione della vittima, e che un presunto stato di stress non è una scusante valida.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a Pubblico Ufficiale: Quando lo Stress non è una Giustificazione

Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di oltraggio a pubblico ufficiale, fornendo chiarimenti cruciali sui requisiti di ammissibilità di un ricorso e sulla rilevanza di presunti stati di stress come causa di giustificazione. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna per minacce e offese rivolte a un agente di polizia penitenziaria. Questa decisione sottolinea il rigore con cui la legge tutela la dignità e la funzione dei pubblici ufficiali.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per i reati di minaccia (art. 336 c.p.) e oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.). L’imputato era accusato di aver proferito frasi dal contenuto minatorio e denigratorio nei confronti di un agente di polizia penitenziaria. Non accettando la decisione dei giudici di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione del compendio probatorio e sostenendo che le sue azioni fossero state dettate da un forte stato di stress.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso per Oltraggio a Pubblico Ufficiale

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per motivi sia procedurali che di merito. La decisione si fonda su principi consolidati che meritano un’analisi approfondita.

La Mancanza di una Critica Specifica alla Sentenza

Il primo motivo di inammissibilità risiede nella modalità con cui è stato formulato il ricorso. I giudici hanno evidenziato come l’atto si limitasse a una critica generica della valutazione probatoria effettuata dalla Corte d’Appello, senza tuttavia muovere contestazioni puntuali e specifiche alle argomentazioni logico-giuridiche della sentenza impugnata. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi difensive, ma deve individuare e contestare con precisione i vizi del provvedimento contestato.

La Sussistenza del Reato di Oltraggio

Nel merito, la Corte ha confermato la correttezza della valutazione della Corte d’Appello. Le espressioni utilizzate dall’imputato sono state ritenute idonee a integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale in quanto manifestavano un “giudizio di gratuito disprezzo direttamente correlato all’appartenenza del destinatario alla polizia penitenziaria”. Ciò significa che l’offesa non era rivolta alla persona in sé, ma alla sua funzione e al corpo di appartenenza, ledendone così il prestigio e l’onore tutelati dalla norma.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la propria decisione ribadendo due principi fondamentali. In primo luogo, ha sottolineato che un ricorso è inammissibile quando omette una disamina critica della valutazione probatoria dei giudici di merito e si limita a disattendere le conclusioni senza argomentare specificamente sulle ragioni di un presunto errore.

In secondo luogo, e con particolare rilevanza, la Cassazione ha affrontato la tesi difensiva basata sullo stato di stress dell’imputato. I giudici hanno chiarito che tale circostanza, oltre a non essere stata provata nel caso di specie, non è di per sé sufficiente a escludere la colpevolezza. Uno stato di forte stress, infatti, non è di norma considerato una condizione che impedisce “la realizzazione di azioni illecite consapevoli e volontarie”. Per escludere la volontarietà del reato, sarebbe necessario dimostrare una condizione patologica tale da annullare la capacità di intendere e di volere, un onere probatorio ben più gravoso.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Sul piano processuale, ribadisce la necessità di redigere ricorsi per Cassazione con estremo rigore tecnico, focalizzandosi su critiche specifiche e argomentate. Sul piano sostanziale, riafferma che il reato di oltraggio a pubblico ufficiale tutela la dignità della funzione pubblica e che giustificazioni basate su stati emotivi alterati, come lo stress, difficilmente trovano accoglimento in sede giudiziaria. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende sancisce la definitività della decisione e funge da monito sulla serietà con cui l’ordinamento giuridico considera tali condotte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non conteneva una critica puntuale e argomentata della valutazione delle prove fatta dalla Corte d’Appello, ma si limitava a contestare genericamente la decisione senza individuare vizi specifici nel ragionamento dei giudici.

Lo stato di forte stress può giustificare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
No. Secondo la Corte, la circostanza che l’imputato si trovasse in una condizione di forte stress, oltre a non essere stata provata, non è di per sé sufficiente a escludere la consapevolezza e la volontarietà dell’azione illecita.

Cosa caratterizza il reato di oltraggio a pubblico ufficiale in questo caso?
Il reato è stato ritenuto sussistente perché le espressioni offensive usate dall’imputato esprimevano un disprezzo gratuito direttamente collegato all’appartenenza dell’agente alla polizia penitenziaria, offendendo così l’onore e il prestigio della sua funzione pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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