Oltraggio a pubblico ufficiale: basta la possibilità che le offese siano udite
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare chiarezza su un tema delicato e frequente: il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La Suprema Corte ha confermato che, per la configurazione del reato, non è necessario che le frasi offensive siano state effettivamente sentite da altre persone presenti; è sufficiente la semplice potenzialità che ciò potesse accadere. Questa decisione ribadisce un orientamento consolidato, sottolineando la tutela della dignità e della serenità operativa del funzionario pubblico.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di oltraggio, confermata dalla Corte di Appello di Trento. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha presentato ricorso per Cassazione, contestando, tra le altre cose, l’interpretazione della norma. Secondo la sua difesa, non era stato provato che le espressioni offensive fossero state concretamente percepite da terzi, un requisito che riteneva essenziale per l’integrazione del reato.
L’Analisi della Corte di Cassazione sul Reato di Oltraggio a Pubblico Ufficiale
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’elemento costitutivo del reato relativo alla “presenza di più persone”.
I giudici hanno richiamato un precedente orientamento (in particolare, la sentenza n. 19010 del 2017) per affermare un principio chiave: per integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, non è richiesto che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale siano state materialmente udite dai presenti. La norma si considera violata semplicemente se le offese potevano essere udite.
La Tutela della Funzione Pubblica
Il ragionamento della Corte si basa sulla finalità della norma, che non è solo quella di proteggere l’onore del singolo funzionario, ma anche e soprattutto il prestigio e il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione. La semplice potenzialità che le parole offensive vengano percepite da altri è di per sé un “aggravio psicologico” per il pubblico ufficiale.
Questo stato di cose può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio e facendogli percepire un contesto ostile e delegittimante. In sintesi, la legge protegge il funzionario dal dover operare in condizioni ambientali avverse, create dall’offesa, che vanno oltre le normali difficoltà del suo lavoro.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto il motivo del ricorso infondato perché la potenzialità dell’offesa di essere udita è sufficiente a ledere il bene giuridico tutelato. Basta che l’azione offensiva si svolga in un luogo pubblico o aperto al pubblico e in un contesto che renda possibile la percezione da parte di terzi. I giudici hanno inoltre liquidato come inammissibili anche le censure relative alla valutazione della natura offensiva delle espressioni utilizzate, ritenendo che la Corte d’Appello avesse fornito sul punto una motivazione congrua, adeguata e priva di vizi logici.
Le Conclusioni
Con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la Cassazione ha posto fine alla vicenda, condannando il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende. La decisione rappresenta un importante monito: il rispetto per i pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni è tutelato in modo rigoroso. La linea che separa una critica, anche aspra, dall’oltraggio a pubblico ufficiale è sottile, e può essere superata anche senza che nessuno, a parte il diretto interessato, abbia effettivamente ascoltato le parole offensive.
Per commettere il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, è necessario che altre persone sentano effettivamente le offese?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è richiesto che le espressioni offensive siano effettivamente udite dai presenti. È sufficiente che possano esserlo, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico per il pubblico ufficiale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000 euro.
Perché la semplice possibilità che le offese siano udite è sufficiente per configurare il reato?
La Corte ritiene che la potenzialità che altri sentano le offese possa compromettere la prestazione del pubblico ufficiale, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio e facendogli avvertire condizioni avverse per sé e per l’amministrazione che rappresenta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33471 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33471 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 01/07/1967
avverso la sentenza del 16/10/2024 della CORTE APPELLO di TRENTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
R.G. 15529/25
Ritenuto che il motivo dedotto dal ricorrente è manifestamente infondato,. considerato che per integrare il reato di oltraggio non è richiesto che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale devono essere udite dai presenti: basta che possano esserlo perché già questa potenzialità è un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione di cui fa parte, ulteriori rispetto a quelle ordinarie (Sez. 6, n. 19010 del 28/03/2017 Rv. 269828);
ritenuto che ugualmente inammissibili sono le censure circa la valutazione della natura offensiva delle espressioni verbali utilizzate, avendo la Corte di appello fornito su tale punto una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici;
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 26 settembre 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente