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Oltraggio a pubblico ufficiale: quando è reato urlare

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10731/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La Corte ha confermato che urlare insulti contro agenti di Polizia dal proprio balcone integra il reato, poiché la condotta avviene in un luogo pubblico e alla presenza di più persone (altri condomini) che possono sentire le offese, ledendo così l’onore e il prestigio del pubblico ufficiale.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a Pubblico Ufficiale: Urlare dal Balcone è Reato? La Cassazione Fa Chiarezza

Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale rappresenta un tema delicato, che bilancia la libertà di espressione con la necessità di tutelare il prestigio e la funzione delle istituzioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10731/2024) offre spunti cruciali per comprendere quando delle invettive, anche se pronunciate dalla propria abitazione, possano superare il limite e integrare questa fattispecie penale. Analizziamo insieme la decisione per capire i contorni applicativi della norma.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di cui all’art. 341-bis del codice penale. L’imputato aveva rivolto frasi ingiuriose e offensive a degli operatori di Polizia dal balcone della sua abitazione. La difesa, nel ricorrere in Cassazione, sosteneva che non fossero presenti i requisiti richiesti dalla legge per configurare il reato, in particolare la presenza di più persone e la pubblicità del luogo.

La Corte d’Appello aveva già respinto queste argomentazioni, basando la sua decisione su un’annotazione di servizio della Polizia. Da tale documento emergeva non solo la presenza di più agenti, ma anche quella di altre persone all’interno dello stabile. Inoltre, il fatto che le offese fossero state urlate da un balcone le rendeva potenzialmente udibili da tutti i condomini, soddisfacendo così il requisito della pubblicità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la validità del ragionamento seguito dai giudici di merito. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici e semplici riproposizioni di censure già adeguatamente esaminate e respinte in appello. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende è stata, di conseguenza, confermata.

Le Motivazioni: l’Oltraggio a Pubblico Ufficiale e i suoi requisiti

La Corte ha ribadito i pilastri su cui si fonda il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale. Per la configurabilità del reato, l’articolo 341-bis del codice penale richiede tre condizioni essenziali che devono coesistere:

1. L’offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale.
2. La commissione del fatto in un luogo pubblico o aperto al pubblico.
3. La presenza di più persone.

Nel caso specifico, la Cassazione ha sottolineato come la Corte d’Appello abbia correttamente applicato questi principi. Le invettive urlate da un balcone, per loro natura, si propagano in uno spazio esterno accessibile a un numero indeterminato di persone (la strada, i cortili, gli altri appartamenti), integrando così il requisito del ‘luogo pubblico’.

Inoltre, è stato valorizzato il fatto che le offese potessero essere udite dai vicini di casa, uno dei quali è stato anche sentito come testimone nel processo. Questo elemento soddisfa pienamente il requisito della ‘presenza di più persone’, inteso come la possibilità concreta che l’offesa venga percepita da terzi estranei ai fatti, oltre agli stessi pubblici ufficiali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la propria abitazione non è sempre una ‘zona franca’ in cui tutto è permesso. Quando ci si espone verso l’esterno, come affacciandosi a un balcone o a una finestra, le proprie azioni e parole ricadono nello spazio pubblico e sono soggette alle relative norme. L’insegnamento pratico è che il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale non tutela solo la sensibilità del singolo agente, ma il prestigio dell’intera amministrazione che egli rappresenta. La percezione dell’offesa da parte di terzi è l’elemento che fa scattare la protezione penale, perché è proprio in quel momento che la funzione pubblica viene svilita agli occhi della collettività. Pertanto, manifestare il proprio dissenso è lecito, ma è fondamentale che ciò avvenga nel rispetto della dignità altrui e del decoro delle istituzioni.

Quando urlare insulti contro la Polizia integra il reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
Secondo la Corte, il reato si configura quando le offese vengono pronunciate in un luogo pubblico o aperto al pubblico (come un balcone che affaccia su uno spazio comune o sulla strada) e in presenza di più persone che possano sentirle, oltre agli agenti stessi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano generici e si limitavano a ripetere argomentazioni già correttamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare questioni di legittimità sulla corretta applicazione della legge.

La sola presenza di altri agenti di Polizia è sufficiente per configurare il reato?
Sebbene la sentenza non si soffermi esplicitamente su questo punto, la legge richiede la ‘presenza di più persone’. La giurisprudenza prevalente e la logica della norma (tutelare il prestigio della funzione agli occhi dei cittadini) suggeriscono che la presenza di terzi civili rafforza la sussistenza del reato, come avvenuto nel caso di specie con i condomini che potevano sentire le offese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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