Oltraggio a Pubblico Ufficiale: la Presenza di Persone in Attesa Integra il Reato
L’oltraggio a pubblico ufficiale è un reato che tutela il prestigio della Pubblica Amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione sui requisiti necessari per la sua configurabilità, in particolare per quanto riguarda la “presenza di più persone”. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i confini di questa fattispecie.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano, che aveva confermato la condanna di un imputato per il reato previsto dall’art. 341-bis del codice penale. L’imputato aveva offeso alcuni agenti di Polizia all’interno di un Commissariato. La sua difesa sosteneva che non fossero presenti i presupposti per il reato, in particolare contestando la sussistenza del requisito della pubblicità del luogo e della presenza di più persone al momento dei fatti.
Il Reato di Oltraggio a Pubblico Ufficiale e i Requisiti
L’articolo 341-bis del codice penale punisce chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. Gli elementi costitutivi del reato sono quindi:
1. L’offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale.
2. Il compimento dell’offesa in un luogo pubblico o aperto al pubblico.
3. La presenza di più persone.
4. Il nesso tra l’offesa e il compimento di un atto d’ufficio.
Il punto cruciale del ricorso verteva proprio sulla corretta interpretazione del requisito della “presenza di più persone”.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso generici e meramente riproduttivi di censure già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello. La decisione si fonda sull’analisi del contenuto di un’annotazione di Polizia che attestava la dinamica dei fatti.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha sottolineato come la sentenza impugnata avesse adeguatamente motivato la sussistenza di tutti gli elementi del reato di oltraggio a pubblico ufficiale. In particolare, per quanto riguarda il requisito della presenza di più persone, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato l’annotazione di servizio della Polizia. Da tale documento emergeva chiaramente che, al momento delle offese, all’interno dell’ufficio denunce del Commissariato si trovavano non solo gli operatori di Polizia, ma anche “altre persone in attesa”.
Secondo gli Ermellini, questa circostanza è sufficiente a integrare il requisito normativo. La legge non richiede che le persone presenti siano direttamente coinvolte nell’azione o che prestino particolare attenzione ai fatti; la loro mera presenza fisica nel luogo in cui viene proferita l’offesa è bastante per ledere il bene giuridico tutelato, ovvero il prestigio della Pubblica Amministrazione, la cui autorità viene sminuita agli occhi dei cittadini.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per la configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, il requisito della “presenza di più persone” è soddisfatto anche dalla semplice presenza di altri cittadini in un ufficio pubblico, come ad esempio persone in attesa di essere servite. La decisione conferma che la tutela del prestigio dei pubblici ufficiali è ampia e non si limita alle sole interazioni dirette, ma si estende a tutto il contesto in cui l’atto d’ufficio viene svolto, se questo è accessibile al pubblico e vi sono altre persone presenti.
Quando si configura il reato di oltraggio a pubblico ufficiale secondo questa ordinanza?
Il reato si configura quando un’offesa all’onore e al prestigio di un pubblico ufficiale viene commessa in un luogo pubblico o aperto al pubblico, alla presenza di più persone, mentre il funzionario sta compiendo un atto del suo ufficio.
La presenza di altre persone “in attesa” in un ufficio di Polizia è sufficiente a integrare il requisito della “presenza di più persone”?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la presenza di altri cittadini, definiti “in attesa”, all’interno dell’ufficio denunce di un Commissariato è sufficiente a soddisfare il requisito della pluralità di persone richiesto dall’art. 341-bis del codice penale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti generici e una semplice ripetizione di argomenti già correttamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13457 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13457 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti avverso la sentenza di condanna per il reato di reati cui all’art. 341-bis cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché generici riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici nella sentenza impugnata che, ai fini della configurabilità del reato di oltraggio per la presenza di più persone e della pubblicità del luogo, ha richiamato il contenuto dell’annotazione di Polizia dalla quale risultava la presenza, presso l’ufficio denunce del Commissariato, teatro dei fatti, non solo di operatori di Polizia ma anche di altre persone “in attesa”.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 18 marzo 2024