Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44072 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Bulgaria il 24/03/1988 avverso la sentenza del 01/02/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per mezzo del difensore, ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli, che ha confermato la decisione del Tribunale di Benevento che aveva condannato il medesimo alla pena di mesi sette di reclusione in ordine ai delitti di cui agli artt. 336 e 341-bis cod. pen. nei confronti di pubblici ufficiali in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Vallata, che il 5 maggio 2017 venivano offesi e minacciati onde farli allontanare dall’abitazione ove i militari erano intervenuti per segnalazione in merito a schiamazzi notturni.
La difesa formula sei motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo deduce ex art. 606, comma 1, lett. c), violazione degli artt. 178, coma 1, lett. c), 179, comma 1, e 601 cod. proc. pen..
La difesa rileva come, nonostante fosse stata officiata con atto con cui erano stati revocati i precedenti difensori, trasmesso a mezzo PEC il 1 settembre 2021
all’indirizzo “EMAIL“, inoltro cui seguiva la trasmissione del mandato difensivo in occasione della richiesta di amissione al Patrocinio a spese dello Stato, la citazione a giudizio veniva trasmessa solo al difensore ormai revocato, in tal modo privando il nuovo difensore di fiducia della possibilità di apprestare in termini la difesa tecnica, con conseguente integrazione di una nullità di ordine generale ex artt. 178, comma 1, lett. c) e 179 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si deducono ex art. 606, Comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. vizi di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 336 e 341-bis cod. pen.
Osserva la difesa come non si potesse ritenere integrata l’ipotesi di reato prevista dall’art. 336 cod. pen. in quanto la condotta contestata, consistita in una mera protesta per il trattamento deteriore ricevuto rispetto ad altri condomini dello stabile che erano responsabili di analoghi schiamazzi, non veniva realizzata durante lo svolgimento di una attività istituzionale, posta in essere solo successivamente ai fatti. La condotta del ricorrente, pertanto, non aveva i connotati dell’azione minacciosa e dolosamente tesa ad ostacolare il compimento dell’atto dell’ufficio che veniva portato regolarmente a termine.
2.3. Con il terzo motivo si deduce ex art. 606, comma 1, lett. c), violazione degli artt. 180, 181, 513 514 in relazione all’art. 526 cod. proc. pen. nella parte in cui sono state utilizzate dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio investigativo ed omessa risposta al motivo di appello sul punto.
2.4. Con il quarto motivo (indicato come “VI” nel ricorso) si deduce violazione dell’art. 393-bis cod. pen. là dove la Corte di appello ha illogicamente ritenuto non arbitrario il comportamento dei pubblici ufficiali che, di fronte ad analoghe condotte realizzate dagli altri soggetti privati, avevano deciso di attivarsi nei riguardi del solo NOME COGNOME
2.5. Con il quinto motivo (indicato come “VII” nel ricorso) si censura la parte della decisione che ha ritenuto esistenti gli elementi oggettivi del reato di cui all’art. 341-bis cod. pen. (si critica la ritenuta integrazione del reato con la sola offesa, in via alternativa, dell’onore e del prestigio e non della loro cumulativa lesione, rilevando l’insussistenza degli elementi idonei all’integrazione del reato quanto alla tipologia del luogo in cui è avvenuta la condotta e necessaria presenza di più persone).
2.6. Con il sesto motivo (indicato come “VIII” nel ricorso) si evidenziano i necessari presupposti ai fini dell’integrazione del reato anche con riferimento alla possibilità del ricorrente di vedersi applicate le esimenti previste dal terzo e quarto comma dell’art. 341-bis cod. pen. provando la veridicità delle dichiarazioni e, se del caso, riparare il danno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo con cui si deduce l’omessa notifica al nuovo difensore di fiducia della citazione in appello è manifestamente infondato.
Sulla base degli atti contenuti nel fascicolo cui questa Corte ha accesso in ragione della questione processuale dedotta (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), emerge che, a fronte della citazione in appello regolarmente notificata al difensore d’ufficio avvocato NOME COGNOME che in data 29 gennaio 2024 ebbe a trasmettere le proprie conclusioni per l’udienza – già proveniente da rinvio dell’udienza avvenuto del 7 gennaio 2024 – del 1 febbraio 2024, la nomina in favore del differente difensore (completa dei documenti di identità e firma del ricorrente), avvocato NOME COGNOME che revocava la precedente nomina, è invece datata 29 gennaio 2024 e trasmessa no prima del 31 gennaio 2024, data in cui è stata apposta la firma digitale COGNOME difensore.
Nessun altro atto, pur allegato al ricorso e comunque inviato a differente indirizzo di posta elettronica GLYPH (EMAIL ; EMAIL ), GLYPH risulta essere GLYPH presente nel fascicolo del procedimento principale.
Corretto, pertanto, risulta l’operato della Corte di appello che ha notificato il decreto di citazione in appello al difensore dell’imputato, revocato solo in data successiva, evenienza presa in considerazione dalla Corte territoriale che fa menzione nel verbale dell’udienza del 1 febbraio 2024 del nominativo del nuovo difensore sulla base della sopraggiunta nomina di un differente difensore di fiducia che non incide sulla precedente attività processuale legittimamente posta in essere senza alcuna violazione del diritto di difesa, tanto da consentire la trasmissione delle conclusioni al difensore di fiducia in precedenza nominato.
Generico e non dedotto nella pertinente sede di merito risulta il terzo motivo con cui la difesa rivolge astratte censure in ordine ad un’ipotizzata inutilizzabilità dell’interrogatorio ed omessa risposta ad un motivo che, invero, non è stato formulato in sede di gravame e, pertanto, indeducibile in sede di legittimità (cfr. tra le numerose decisioni, Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632 secondo cui non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione).
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Manifestamente infondati e generici risultano i restanti motivi che mettono in discussione l’integrazione dei reati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio ex art. 341-bis cod. pen., la cui integrazione è stata analiticamente vagliata dai Giudici di merito che hanno rilevato come il ricorrente, in occasione di un intervento del personale di polizia presso l’abitazione di costui, avesse rivolto minacce e plurime offese ai pubblici ufficiali, sia all’interno del condominio, sia per strada alla presenza di altre persone, sol perché intervenuti a seguitò di chiamata .che lamentava schiamazzi provenire dall’abitazione del ricorrente.
La Corte territoriale ha, inoltre, smentito che l’azione potesse assumere differente valenza che si affermava fosse priva di carattere minatorio, esplicitando l’assoluta legittimità dell’operato del personale intervenuto, tale da smentire la generica censura in ordine all’insussistenza del dolo e la meramente asserita illegittimità dell’operato delle forze di polizia che non trovava alcuna possibilità di essere valorizzata alla luce delle genuine verbalizzazioni acquisite al procedimento.
A fronte di motivazione completa e puntuale su ogni aspetto della vicenda e tale da fornire una completa risposta ai motivi di gravame, il ricorrente, da un canto, tenta di prospettare una preclusa lettura riduttiva ed alternativa dei fatti, dall’altro, enuncia principi giuridici che nessuna incidenza assumono in ordine alla ricostruita vicenda, connotata dal legittimo intervento delle forze di polizia, caratterizzata da espressioni dal chiaro tenore reiteratamente offensivo e minaccioso, volontariamente posta in essere dal Bozhidar, svoltasi anche in luogo pubblico ed alla presenza di più persone.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente l pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/11/2024.