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Oltraggio a pubblico ufficiale: quando è reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per oltraggio a pubblico ufficiale. La sentenza chiarisce che la valutazione dell’offensività di una frase è compito del giudice di merito e che nuovi motivi, come l’assenza di più persone, non possono essere sollevati per la prima volta in sede di legittimità.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a pubblico ufficiale: I limiti del ricorso in Cassazione

Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale torna al centro di una pronuncia della Corte di Cassazione, che chiarisce i limiti del proprio sindacato e i requisiti per un ricorso ammissibile. La sentenza in esame offre importanti spunti sulla valutazione dell’offensività delle espressioni e sulle strategie processuali da adottare nei gradi di merito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per il reato di oltraggio emessa dal Tribunale di Salerno. Una cittadina era stata ritenuta responsabile per aver rivolto espressioni offensive all’indirizzo di agenti di polizia giudiziaria durante lo svolgimento delle loro funzioni. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di appello di Salerno, che riteneva provata sia la condotta che la sua rilevanza penale.
Contro questa decisione, la difesa dell’imputata proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo.

I Motivi del Ricorso: Offensività e Presenza di Persone

La difesa ha contestato la configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale sotto due profili principali:

1. Mancanza di offensività: Si sosteneva che le parole proferite non avessero una reale carica offensiva, ma rappresentassero un mero sfogo estemporaneo, privo della volontà di ledere l’onore e il prestigio degli agenti.
2. Assenza di più persone: La difesa eccepiva la mancanza di un elemento essenziale del reato, ovvero la necessaria presenza di più persone al momento del fatto, condizione richiesta dalla norma per la configurabilità del delitto.

La Decisione della Cassazione sul reato di oltraggio a pubblico ufficiale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo le argomentazioni della difesa sulla base di solidi principi processuali.

L’insindacabilità dell’offensività in sede di legittimità

Riguardo al primo punto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione del contenuto offensivo di una frase o di un comportamento è una questione di fatto, la cui analisi spetta esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica o irragionevole. Nel caso specifico, la Corte d’appello aveva adeguatamente motivato, desumendo la natura oltraggiosa delle frasi dal loro “vigore offensivo” e dal contesto in cui erano state pronunciate, volto a sminuire la qualifica e il prestigio degli agenti. Pertanto, la richiesta della difesa si traduceva in una non consentita rivalutazione delle prove.

La tardività della questione sulla presenza di terzi

In merito al secondo punto, la Corte ha rilevato che la questione relativa all’assenza di più persone non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ovvero davanti alla Corte d’appello. Il giudizio di legittimità ha una natura “devolutiva”, il che significa che la Cassazione può pronunciarsi solo sui punti che sono stati oggetto del precedente appello. Introdurre un argomento nuovo per la prima volta in Cassazione è proceduralmente inammissibile, come previsto dall’art. 609 del codice di procedura penale. Ad ogni modo, la Corte ha notato che la sentenza di primo grado aveva già accertato che l’episodio si era svolto in un luogo pubblico e alla presenza di terze persone.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri del nostro sistema processuale. In primo luogo, la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare le prove, ma un organo che verifica la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso specifico, la valutazione sulla natura offensiva di una frase rientra pienamente nell’apprezzamento di fatto del giudice di merito, che, se motivato in modo logico, non è censurabile. In secondo luogo, il principio devolutivo dell’appello, per cui non è possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso che non siano stati precedentemente sottoposti al giudice d’appello. Introdurre nuovi temi in sede di legittimità minerebbe la struttura e la razionalità del processo.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce che per configurare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, la valutazione dell’offensività della condotta è rimessa al giudice di merito. Inoltre, sottolinea l’importanza strategica della difesa: le questioni cruciali, come la presenza di più persone, devono essere sollevate tempestivamente nei gradi di merito. Un ricorso in Cassazione basato su una mera rilettura dei fatti o su questioni nuove è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando una frase è considerata oltraggiosa ai fini del reato?
La valutazione della portata offensiva di un’espressione è una questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito. Secondo la sentenza, il giudice valuta il “vigore offensivo” delle parole nel contesto specifico in cui sono state pronunciate, per accertare se fossero volte a sminuire la qualifica, la funzione e il prestigio del pubblico ufficiale.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione l’assenza di più persone al momento del fatto?
No. La sentenza stabilisce che un motivo di ricorso non prospettato in sede di appello non può essere dedotto per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione. Ciò in ragione della natura devolutiva del giudizio di legittimità, che limita l’esame della Corte alle questioni già trattate nel merito.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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