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Oltraggio a pubblico ufficiale: quando è reato?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19663/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per la configurazione del reato, non è necessario che le frasi offensive siano effettivamente udite da terze persone, essendo sufficiente la mera potenzialità che ciò avvenga, poiché tale situazione compromette la prestazione del pubblico ufficiale.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a pubblico ufficiale: quando le offese diventano reato?

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su una questione cruciale per definire i contorni del reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno chiarito che, affinché l’offesa sia penalmente rilevante, non è necessario che le parole denigratorie siano effettivamente udite da terzi, ma è sufficiente la semplice potenzialità che ciò accada. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte di Appello di Palermo, che lo aveva condannato per il reato di oltraggio. L’imputato sosteneva, come unico motivo di ricorso, l’insussistenza del reato, presumibilmente perché le frasi offensive non erano state sentite da altre persone presenti al momento del fatto. La questione è giunta quindi all’esame della Suprema Corte per una valutazione di legittimità.

La Questione Giuridica: l’Oltraggio a Pubblico Ufficiale e la Presenza di Terzi

Il nucleo del problema giuridico ruota attorno a uno degli elementi costitutivi del reato di oltraggio: la presenza di più persone. La difesa del ricorrente si fondava su un’interpretazione restrittiva della norma, secondo cui sarebbe necessaria la prova che almeno due persone abbiano concretamente percepito le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha sposato un orientamento consolidato e più rigoroso, volto a tutelare non solo l’onore del singolo funzionario, ma anche il prestigio e il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione che egli rappresenta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno spiegato in modo inequivocabile che per integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale non è richiesto che le espressioni offensive siano effettivamente udite dai presenti.

Il punto centrale, secondo la Cassazione, è che è sufficiente che le offese possano essere udite. Questa mera potenzialità è di per sé un “aggravio psicologico” che può compromettere la prestazione del pubblico ufficiale. L’atto di offendere un funzionario in un contesto pubblico, dove altri potrebbero sentire, lo disturba mentre compie un atto del suo ufficio. Questo gli fa avvertire “condizioni avverse”, per sé e per l’amministrazione, che vanno oltre le normali difficoltà del suo lavoro. Tale principio era già stato affermato in una precedente sentenza (Cass. n. 15440/2016), a cui l’ordinanza si richiama esplicitamente.

In sostanza, il bene giuridico tutelato è la dignità e la serenità del pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, che viene minata anche solo dal rischio che l’offesa venga percepita da altri, ledendo così il prestigio dell’istituzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione della Corte di Cassazione ha conseguenze pratiche rilevanti. Chiunque rivolga frasi offensive a un pubblico ufficiale (come un agente di polizia, un controllore, un medico di un ospedale pubblico) durante il suo servizio e in un luogo pubblico o aperto al pubblico, rischia una condanna per oltraggio anche se le persone presenti non testimoniano di aver sentito distintamente le parole.

La “potenzialità” dell’ascolto è l’elemento chiave. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale per i ricorsi inammissibili.

Per commettere il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, è necessario che altre persone sentano effettivamente le offese?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è richiesto che le espressioni offensive siano effettivamente udite dai presenti. È sufficiente la mera potenzialità che possano esserlo.

Perché la sola possibilità che le offese vengano udite è sufficiente per configurare il reato?
Perché questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico per il pubblico ufficiale, che può compromettere la sua prestazione e disturbare lo svolgimento delle sue funzioni, creando condizioni avverse per lui e per la pubblica amministrazione che rappresenta.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., come avvenuto in questo caso, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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