Oltraggio a pubblico ufficiale: la presenza di colleghi integra il reato?
Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale è una fattispecie complessa che richiede requisiti precisi per la sua configurazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15207/2024) è intervenuta per chiarire un aspetto cruciale: la validità della testimonianza di altri pubblici ufficiali, presenti al momento del fatto, ai fini dell’integrazione del reato. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere i confini tra un’accesa discussione e un illecito penale, specialmente in ambienti di lavoro gerarchicamente strutturati come le forze dell’ordine.
I Fatti del Caso: un Diverbio in Ufficio
Il caso ha origine da un episodio avvenuto all’interno di un comando di Polizia Municipale. Un agente, dopo essere stato ripreso da un suo superiore gerarchico per ripetute assenze dal suo ufficio che avevano causato un disservizio, reagiva in modo offensivo. La condotta veniva tenuta alla presenza di altri colleghi appartenenti allo stesso Corpo di Polizia Municipale. A seguito di ciò, l’agente veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale previsto dall’art. 341-bis del codice penale.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’agente proponeva ricorso per Cassazione basandosi su diverse argomentazioni, tutte respinte dalla Corte:
1. Reazione a un atto arbitrario: Sosteneva che la sua reazione fosse giustificata da un presunto atto arbitrario del superiore, invocando la causa di non punibilità dell’art. 393-bis c.p. La Corte ha ritenuto questa tesi infondata, poiché il superiore aveva pieno potere di richiamare il sottoposto al rispetto dei suoi doveri.
2. Provocazione: In subordine, chiedeva il riconoscimento dell’attenuante della provocazione, ma non è stato ritenuto provato uno ‘stato d’ira’ causato da un ‘fatto ingiusto altrui’.
3. La questione della pluralità di persone: Il motivo più rilevante, e sul quale si concentra l’analisi della Corte, riguardava l’assenza, a suo dire, del requisito della ‘presenza di più persone’. Secondo la difesa, i colleghi presenti, in quanto pubblici ufficiali, non potevano essere considerati come il ‘pubblico’ richiesto dalla norma per la configurazione del reato.
L’Analisi della Cassazione sull’Oltraggio a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. La parte centrale della motivazione riguarda proprio l’interpretazione del requisito della presenza di ‘più persone’.
Le Motivazioni della Decisione
Richiamando un suo precedente orientamento (sentenza n. 6604/2022), la Corte ha ribadito un principio di diritto fondamentale. Per integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, l’offesa deve avvenire alla presenza di almeno due persone. Queste persone devono essere estranee all’azione e non direttamente coinvolte. Tuttavia, ciò non esclude a priori altri pubblici ufficiali. La Corte ha specificato che il requisito della pluralità è soddisfatto quando sono presenti:
* Persone estranee alla pubblica amministrazione (i cosiddetti ‘civili’).
* Altri pubblici ufficiali che, pur essendo presenti, non si trovino lì per lo stesso motivo d’ufficio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta oltraggiosa.
Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a sostenere genericamente che i presenti fossero colleghi, senza però specificare perché si trovassero lì e, soprattutto, senza dimostrare che la loro presenza fosse funzionale a supportare l’azione del Vice Comandante che stava compiendo il richiamo. In assenza di tale prova, la loro presenza è stata considerata alla stregua di quella di qualsiasi altro cittadino, rendendo così pienamente configurato il reato.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione consolida un principio importante: non è sufficiente che i testimoni di un’offesa a un pubblico ufficiale siano a loro volta dei colleghi per escludere il reato di oltraggio. L’imputato che voglia far valere questa tesi ha l’onere di dimostrare che gli altri ufficiali presenti erano lì per ragioni di servizio direttamente collegate all’atto contestato. In mancanza di questa prova, la loro qualifica non li ‘neutralizza’ come testimoni e la loro presenza è idonea a integrare il requisito della pubblicità dell’offesa richiesto dalla norma. La decisione, pertanto, riafferma la tutela dell’onore e del prestigio della funzione pubblica, anche all’interno degli stessi uffici.
Perché la reazione dell’agente non è stata considerata giustificata come reazione a un atto arbitrario?
La Corte ha stabilito che l’atto del superiore non era arbitrario. Riprendere un dipendente per le sue assenze, che stavano causando un disservizio, rientrava pienamente nei poteri e doveri del superiore gerarchico. Pertanto, la causa di non punibilità non era applicabile.
Quando la presenza di altri pubblici ufficiali integra il reato di oltraggio?
La presenza di altri pubblici ufficiali integra il reato quando questi non sono presenti per lo stesso motivo d’ufficio che ha originato la condotta oltraggiosa. Se sono semplici spettatori, anche se colleghi, la loro presenza soddisfa il requisito della pluralità di persone richiesto dalla legge.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘riproduttivo’ e manifestamente infondato?
Significa che il ricorrente si è limitato a riproporre alla Corte di Cassazione le stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. Questo porta a una dichiarazione di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15207 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15207 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONREALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso attraverso cui si deduce violazione di legge in ordine al delitto di cui 341-bis cod. pen. sull’assunto che sarebbe stata integrata l’esimente di cui all’art. 393-bis cod. p manifestamente infondato e riproduttivo di identica censura adeguatamente confutata dalla Corte territoriale che ha evidenziato come il pubblico ufficiale, superiore gerarchico del ricorrente, avesse il di riprendere COGNOME che era perfettamente al corrente della richiesta formulata di dover essere presen nella stanza perché più volte non trovato tanto da creare un disservizio;
rilevato che anche il secondo motivo è riproduttivo di identica censura e declinato in fatto nella pa in cui tenta di accreditare differente ricostruzione degli eventi che la decisione risulta aver adeguatam effettuato (pag. 10, allorché rinvia al tenore delle testimonianze dei soggetti presenti ai fatti);
rilevato che il terzo motivo in ordine all’attenuante della provocazione ex artt. 62, n. 2, e 599, secondo comma, cod. pen. è riproduttivo di identica censura adeguatamente confutata dalla Corte di appello che ha rilevato come non fosse stato dimostrato lo stato di ira determinato dal fatto ingiusto altrui (pag. 11
che manifestamente infondata risulta la generica affermazione contenuta alla fine dell’ultimo motiv secondo cui si censura l’integrazione del reato in quanto i presenti non sarebbero stati soggetti privati; invero, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, l’offesa all’onore ed al prestigio del pubb ufficiale deve avvenire alla presenza di almeno due persone, tra le quali non possono computarsi quei soggetti che, pur non direttamente attinti dall’offesa, assistano alla stessa nello svolgimento dell funzioni, essendo integrato il requisito della pluralità di persone unicamente da persone estranee a pubblica amministrazione (ossia dai “civili”), ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubb ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d’uffici relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall’agente (Sez. 6, n. 6604 del 18/01/20 Rv. 282999); che sul punto il ricorrente nulla evidenza circa i motivi per cui i plurimi soggetti p fossero sul posto e, soprattutto, per quale ragione gli altri appartenenti al RAGIONE_SOCIALE fo lì intervenuti proprio al fine di supportare il Vice Comandante;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrent al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e del somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/02/2024.