Oltraggio a pubblico ufficiale: la Cassazione conferma la condanna
Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 341-bis del codice penale, tutela l’onore e il prestigio dei pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 15178/2024, offre importanti chiarimenti sui limiti del diritto di difesa in sede di legittimità, dichiarando inammissibile un ricorso ritenuto meramente riproduttivo delle argomentazioni già respinte in appello. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici supremi.
I fatti del processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila. L’imputato era stato condannato per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale per aver rivolto grida ed espressioni offensive a un pubblico ufficiale, alla presenza di altre persone, tra cui condomini e passanti. La difesa aveva contestato la decisione, sollevando due motivi principali di ricorso: la violazione di legge in relazione alla configurabilità del reato e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La struttura del ricorso e il reato di oltraggio a pubblico ufficiale
Il primo motivo di ricorso si basava sull’idea che, per provare la sussistenza del reato, fosse stato necessario sentire come testimoni tutti coloro che avevano assistito alla scena (i condomini e i passanti). Secondo la difesa, la sola testimonianza del pubblico ufficiale offeso non era sufficiente a dimostrare che le offese fossero state effettivamente percepite da terzi, elemento necessario per integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.
Il secondo motivo, invece, lamentava la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse valutato correttamente gli elementi per un ridimensionamento della pena.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il primo motivo era una semplice riproduzione di una censura già adeguatamente esaminata e confutata dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva infatti chiarito che, sulla base delle dichiarazioni del pubblico ufficiale, era emerso in modo inequivocabile che le grida e le offese erano state sentite da altre persone, rendendo superflua la loro testimonianza diretta. Il ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse questioni di fatto già valutate nei gradi di merito.
Analogamente, anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte di Appello aveva già motivato la sua decisione di non concedere le attenuanti generiche, evidenziando che, sulla base del concreto fatto di reato contestato, non emergevano elementi oggettivi o soggettivi tali da giustificare una riduzione della sanzione. La Cassazione ha ribadito che la valutazione sulla concessione delle attenuanti è un giudizio di merito che, se correttamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non si possono riproporre le stesse questioni fattuali già esaminate e decise, a meno che non si dimostri un vizio logico o giuridico nella motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, il ricorso è stato giudicato meramente ‘riproduttivo’ e, di conseguenza, inammissibile. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a conferma definitiva della sua responsabilità per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.
Per provare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale è sempre necessario sentire come testimoni tutti i presenti?
No, secondo la Corte non è necessario. Se dalle dichiarazioni del pubblico ufficiale offeso emerge chiaramente che le offese sono state percepite da altre persone presenti, la testimonianza di queste ultime può essere ritenuta non indispensabile per l’accertamento del fatto.
Un ricorso in Cassazione può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello?
No, un ricorso che si limita a riproporre le medesime censure già adeguatamente esaminate e confutate nel giudizio di appello, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella motivazione, è considerato inammissibile.
Perché in questo caso non sono state concesse le attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché la Corte d’Appello ha ritenuto che, sulla base della concreta dinamica del reato, non ci fossero elementi oggettivi (legati al fatto) o soggettivi (legati all’imputato) tali da giustificare una diminuzione della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15178 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15178 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a GIULIANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOME COGNOME NOME;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso attraverso cui si deduce violazione di legge in ordin delitto di cui all’art. 341-bis cod. pen. è riproduttivo di identica censura adeguatamente confutata dalla Corte di appello che ha rilevato come, sulla base delle dichiarazioni del pubblico uff sentito in merito, fosse emerso che le grida con ripetute espressioni offensive fossero st sentite dagli altri condomini e dai passanti senza che fosse necessario escutere in merito costo rilevato che analogo limite incontra il secondo motivo con cui si contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte di appello evidenziato come, sulla base del concreto fatto di reato contestato, non fossero ravvisabili elementi oggett soggettivi tali da consentire un ridimensionamento del trattamento sanzionatorio;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/02/2024.