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Oltraggio a pubblico ufficiale: l’ubriachezza non scusa

Un individuo, in stato di ubriachezza, insulta degli agenti di polizia. La Corte di Cassazione conferma la condanna per oltraggio a pubblico ufficiale, stabilendo che l’ebbrezza volontaria non attenua la responsabilità penale. Inoltre, la condotta complessivamente oppositiva dell’imputato impedisce l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a pubblico ufficiale: l’ubriachezza non è una scusante

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 15262 del 2025, offre importanti chiarimenti sul reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341-bis c.p.), in particolare riguardo all’influenza dello stato di ebbrezza sulla colpevolezza e ai criteri per valutare la “particolare tenuità del fatto”. Il caso analizzato riguarda un cittadino che, in palese stato di alterazione alcolica, aveva rivolto frasi offensive a degli agenti di polizia intervenuti su richiesta del gestore di un bar. La Corte ha stabilito principi netti, confermando la condanna e ribaltando la precedente assoluzione di primo grado.

I Fatti del Caso: Dalle Offese in un Bar alla Cassazione

Un uomo, in evidente stato di ubriachezza all’interno di un bar, inizia a molestare i clienti. Il gestore, preoccupato, chiama le forze dell’ordine. All’arrivo degli agenti, l’uomo, anziché calmarsi, li aggredisce verbalmente con espressioni come “pezzi di merda, polizia di merda siete italiani e sbirri di merda”. Oltre a ciò, si rifiuta di fornire le proprie generalità e oppone resistenza.
In primo grado, il Tribunale lo assolve, ritenendo che lo stato confusionale dovuto all’alcol escludesse l’intenzione di resistere e che gli altri reati fossero di “particolare tenuità”. La Corte d’Appello, su ricorso del Pubblico Ministero, ribalta la decisione, condannando l’imputato. La difesa propone quindi ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul reato di oltraggio a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la sentenza di condanna della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno chiarito due punti fondamentali:
1. Irrilevanza dello stato di ubriachezza: Lo stato di ebbrezza volontaria non diminuisce né esclude l’imputabilità; al contrario, secondo il codice penale, può costituire un’aggravante. Non si può invocare uno stato confusionale auto-procurato per giustificare un comportamento illecito.
2. Insussistenza della particolare tenuità del fatto: La condotta complessiva dell’imputato, caratterizzata da un atteggiamento oppositivo, non collaborativo e da una persistente determinazione nell’offendere e sottrarsi ai controlli, è incompatibile con il riconoscimento della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis c.p.

La questione della presenza di più persone

Un altro punto sollevato dalla difesa riguardava l’assenza di prova diretta della “presenza di più persone”, requisito necessario per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La Corte ha respinto anche questa doglianza, specificando che tale elemento può essere logicamente desunto dal contesto. L’intervento della polizia era stato richiesto proprio perché l’uomo stava molestando altre persone (i clienti del bar), rendendo quindi palese la presenza di terzi al momento dei fatti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando l’errore commesso dal giudice di primo grado. Quest’ultimo aveva dato un peso eccessivo allo stato di ubriachezza, declassando le offese a “vaniloquio di un ubriaco”. La Cassazione, invece, ha riaffermato il principio secondo cui l’imputabilità non è diminuita dall’assunzione di alcol, salvo i casi eccezionali di caso fortuito o forza maggiore.

Inoltre, i giudici hanno valorizzato la “continuità della condotta” e la “ferma determinazione” dell’imputato, che già prima dell’episodio contestato aveva tenuto un comportamento analogo verso altri agenti. Questo dimostra una volontà offensiva chiara e non un semplice sfogo estemporaneo. Il rifiuto di fornire le generalità e la resistenza non sono stati visti come fatti isolati, ma come parte di un unico comportamento oppositivo e indicativo della volontà di sottrarsi alle proprie responsabilità. Per questi motivi, l’offesa non poteva essere considerata di lieve entità.

Conclusioni: cosa insegna questa sentenza

Questa pronuncia ribadisce alcuni principi cardine del diritto penale. In primo luogo, chi commette un reato in stato di ubriachezza volontaria non può sperare in un trattamento più mite; la sua responsabilità penale rimane piena. In secondo luogo, per valutare la “particolare tenuità del fatto”, il giudice deve considerare non solo il singolo episodio, ma l’intera condotta dell’agente, sia precedente che contestuale al reato. Un atteggiamento complessivamente oppositivo e non collaborativo osta all’applicazione di questa causa di non punibilità. Infine, la sentenza chiarisce che gli elementi costitutivi del reato, come la presenza di più persone per l’oltraggio, possono essere provati anche in via logica e deduttiva dal contesto in cui si sono svolti i fatti.

Lo stato di ubriachezza può escludere o diminuire la responsabilità per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo stato di ubriachezza volontaria non esclude né diminuisce l’imputabilità, anzi, aggrava la responsabilità penale. Non può essere invocato come scusante per giustificare il reato.

Per configurare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale è necessaria la prova diretta della presenza di più persone?
No, non necessariamente. La Corte ha chiarito che la presenza di più persone, requisito del reato, può essere anche desunta logicamente dal contesto dei fatti, come nel caso di un intervento della polizia in un locale pubblico a causa di un soggetto che molesta altri clienti.

Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Può essere esclusa quando la condotta complessiva dell’imputato non è di minima offensività. La Corte ha considerato l’atteggiamento generale oppositivo e non collaborativo, la volontà di sottrarsi all’identificazione e la determinazione nel proferire le offese come elementi ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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