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Oltraggio a pubblico ufficiale: la Cassazione decide

Un cittadino ricorre in Cassazione contro una condanna per oltraggio a pubblico ufficiale, sostenendo che la presenza di Carabinieri durante l’offesa al Sindaco non integrasse il requisito della “presenza di più persone”. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la logicità della sentenza d’appello e ribadendo che non è possibile, in sede di legittimità, proporre una nuova valutazione dei fatti. La condanna è quindi diventata definitiva.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a pubblico ufficiale: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3755 del 2024, è tornata a pronunciarsi sul reato di oltraggio a pubblico ufficiale, offrendo importanti chiarimenti sui requisiti della fattispecie e sui limiti del sindacato di legittimità. Il caso riguarda un cittadino condannato per aver offeso un sindaco alla presenza di altre persone, tra cui alcuni Carabinieri. La difesa sosteneva che la presenza dei militari, intervenuti per motivi d’ufficio, non potesse configurare l’elemento richiesto dalla norma. La Suprema Corte ha rigettato tale interpretazione, dichiarando il ricorso inammissibile.

I fatti del caso e la condotta contestata

La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Messina. Un cittadino veniva ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 341-bis del codice penale per aver offeso l’onore e il prestigio di un Sindaco mentre questi era nell’esercizio delle sue funzioni. L’episodio si era verificato all’interno degli uffici comunali, alla presenza non solo del vicesindaco ma anche di alcuni Carabinieri, intervenuti a seguito di una chiamata dello stesso imputato.

Il ricorso in Cassazione e la tesi difensiva sull’oltraggio a pubblico ufficiale

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: la violazione dell’art. 341-bis c.p. e un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe errato nel considerare integrato il requisito della “presenza di più persone”. La tesi difensiva si fondava sull’idea che i Carabinieri presenti non potessero essere considerati “estranei” alla pubblica amministrazione, essendo direttamente coinvolti negli accertamenti in corso per motivi d’ufficio. Di conseguenza, la loro presenza non avrebbe dovuto contribuire a configurare l’aggravante del reato, che richiede che l’offesa avvenga in un contesto tale da poter essere percepita da più soggetti, ledendo così l’immagine della pubblica amministrazione.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le motivazioni: il ricorso è manifestamente infondato

I giudici di legittimità hanno ritenuto il motivo di ricorso non solo non consentito, ma anche manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse fornito una motivazione logica e argomentata, ricostruendo puntualmente la dinamica dei fatti. In particolare, era stato chiarito in modo inequivocabile il ruolo, la funzione e la portata della presenza sia dei militari dell’Arma dei Carabinieri sia del vicesindaco al momento dell’offesa.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Il ricorrente, infatti, non contestava un vizio logico o una violazione di legge, ma proponeva una “lettura alternativa del merito” non consentita in quella sede. Citando consolidata giurisprudenza, la Corte ha affermato che è inammissibile il ricorso che, pur denunciando vizi di motivazione, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dai giudici di merito, senza individuare precise carenze argomentative nella sentenza impugnata.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La decisione ha due importanti implicazioni pratiche. La prima riguarda la configurazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale: la presenza di altri funzionari pubblici (in questo caso, Carabinieri e un vicesindaco) è sufficiente a integrare il requisito della “presenza di più persone” richiesto dall’art. 341-bis c.p., a condizione che la loro funzione e il loro ruolo nel contesto specifico siano chiaramente delineati dal giudice di merito. La seconda, di natura processuale, rafforza i limiti del ricorso per cassazione: non è possibile utilizzare questo strumento per ottenere una nuova valutazione delle prove o per contestare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici dei gradi precedenti, se la motivazione di questi ultimi appare logica, coerente e completa.

La presenza di altri funzionari pubblici, come i Carabinieri, può integrare il requisito della “presenza di più persone” nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
Sì, la sentenza conferma che la presenza di altri funzionari, come i Carabinieri e il vicesindaco, è stata ritenuta sufficiente per configurare il reato, in quanto la Corte d’appello ne aveva ricostruito puntualmente il ruolo e la funzione nel contesto specifico.

È possibile contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché mirava a proporre una lettura alternativa dei fatti. Il giudizio di legittimità è finalizzato a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non a riesaminare il merito della vicenda.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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