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Oltraggio a pubblico ufficiale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto condannato per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. L’imputato aveva offeso e sputato contro un agente di polizia penitenziaria. La sentenza conferma che una cella di un carcere è considerata ‘luogo aperto al pubblico’ ai fini del reato e che la prognosi negativa basata sui precedenti penali dell’imputato giustifica il diniego di pene sostitutive alla detenzione.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Oltraggio a Pubblico Ufficiale: la Cassazione consolida i principi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10070 del 2025, offre importanti chiarimenti sul reato di oltraggio a pubblico ufficiale, specialmente quando commesso in un contesto particolare come quello carcerario. La pronuncia affronta due questioni centrali: la qualificazione della cella come ‘luogo aperto al pubblico’ e i criteri per negare l’applicazione di pene sostitutive alla detenzione. Questa decisione conferma un orientamento consolidato, sottolineando la necessità di tutelare la dignità e la funzione dei pubblici ufficiali.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine all’interno della casa circondariale di Ascoli Piceno. Un detenuto, durante le operazioni di ricollocamento nella sua sezione, offendeva gravemente l’onore e il prestigio di un sovrintendente di polizia penitenziaria, proferendo l’espressione ‘infame di merda’ e sputandogli alle spalle. Il tutto avveniva nella semisezione del reparto di alta sicurezza, in presenza di altri detenuti che potevano percepire le offese.

Condannato in primo grado dal Tribunale di Ascoli Piceno e successivamente dalla Corte di Appello di Ancona alla pena di 4 mesi di reclusione, il detenuto proponeva ricorso per Cassazione, contestando diversi aspetti della decisione, tra cui la sussistenza degli elementi costitutivi del reato e il diniego della sanzione sostitutiva.

La Configurazione del Reato di Oltraggio a Pubblico Ufficiale

La difesa dell’imputato si basava su tre argomenti principali: la mancanza di connessione tra le offese e l’atto d’ufficio, l’assenza di prova sulla presenza di più persone e l’errata qualificazione del carcere come luogo aperto al pubblico. La Cassazione ha rigettato tutte queste censure, ritenendole manifestamente infondate.

La Nozione di Luogo Aperto al Pubblico

La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: ai fini della configurabilità del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, la cella e gli ambienti penitenziari sono da considerarsi ‘luogo aperto al pubblico’. Non si tratta di una privata dimora, poiché tali spazi sono nella piena disponibilità dell’amministrazione penitenziaria, che può utilizzarli per qualsiasi esigenza istituzionale. Questa interpretazione è fondamentale per garantire la tutela del pubblico ufficiale anche in contesti chiusi e controllati.

La Presenza di Più Persone e la Percezione dell’Offesa

Un altro punto cruciale del reato è che l’offesa avvenga ‘in presenza di più persone’. La Cassazione ha chiarito che non è necessaria la prova che altre persone abbiano effettivamente udito le frasi ingiuriose. È sufficiente la mera potenzialità che le espressioni offensive vengano percepite dai presenti. Questa potenzialità, infatti, costituisce di per sé un aggravio psicologico per il pubblico ufficiale, compromettendone la prestazione e ledendo il prestigio della Pubblica Amministrazione che rappresenta.

Il Diniego delle Pene Sostitutive e l’Oltraggio a Pubblico Ufficiale

Un aspetto significativo della sentenza riguarda la decisione di non concedere al condannato una pena sostitutiva alla detenzione. La Corte di Appello aveva motivato il diniego basandosi sulla ‘proclività a delinquere’ e sulla ‘potenzialità criminogena’ dell’imputato, evidenziate da numerosi e gravi precedenti penali, inclusi due per reati omologhi.

La Cassazione ha confermato la correttezza di questa valutazione. Ha spiegato che la concessione delle pene sostitutive, anche alla luce della recente riforma (d.lgs. n. 150/2022), rimane una valutazione discrezionale del giudice. Tale valutazione deve basarsi sui criteri dell’art. 133 del codice penale, tra cui la personalità del condannato. Quando sussistono ‘fondati motivi’ per ritenere che le prescrizioni di una pena alternativa non verrebbero rispettate, il giudice è legittimato a negarla.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti erano meramente ripetitivi delle censure già esaminate e motivatamente respinte nel giudizio di appello. La ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito è stata ritenuta logica e coerente con il diritto. La Corte ha sottolineato come l’atteggiamento dell’imputato fosse chiaramente volto a compromettere la regolarità del servizio di vigilanza. Inoltre, la prognosi negativa sulla concessione delle pene sostitutive è stata giudicata adeguatamente motivata, fondata su elementi concreti (i precedenti penali) che dimostravano un alto rischio di recidiva e una scarsa affidabilità del condannato nel rispettare eventuali prescrizioni.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza la tutela accordata ai pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, anche in contesti difficili come gli istituti penitenziari. Si ribadisce che la cella è un luogo aperto al pubblico ai fini del reato di oltraggio e che la percepibilità dell’offesa da parte di terzi è sufficiente per integrare il reato. Infine, viene confermata l’ampia discrezionalità del giudice nel negare le pene sostitutive a soggetti con una spiccata ‘potenzialità criminogena’, bilanciando la finalità rieducativa della pena con l’esigenza di prevenzione e tutela della collettività.

Una cella di un carcere è considerata un ‘luogo aperto al pubblico’ per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, ai fini di questo reato, gli ambienti penitenziari sono considerati luoghi aperti al pubblico perché rientrano nella piena disponibilità dell’amministrazione penitenziaria per qualsiasi esigenza d’istituto.

Per commettere il reato di oltraggio, è necessario provare che altre persone abbiano effettivamente sentito le offese?
No, non è necessaria la prova dell’effettiva percezione. Secondo la sentenza, è sufficiente che le espressioni offensive potessero essere udite dai presenti, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico per il pubblico ufficiale e ne compromette la prestazione.

Per quali motivi un giudice può negare la concessione di una pena sostitutiva alla detenzione?
Un giudice può negare una pena sostitutiva quando, sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale (come la gravità del reato e la personalità del condannato), formula una prognosi negativa. Nel caso specifico, i numerosi e gravi precedenti penali dell’imputato, indicativi di una ‘proclività a delinquere’, hanno costituito un fondato motivo per ritenere che non avrebbe rispettato le prescrizioni legate a una misura alternativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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