Oltraggio a pubblico ufficiale: quando il ricorso in Cassazione è solo una perdita di tempo e denaro
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare i limiti del ricorso al terzo grado di giudizio, in particolare nel contesto del reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato da due cittadini, condannandoli al pagamento delle spese e di una cospicua sanzione. Vediamo perché un ricorso “fotocopia” non ha alcuna possibilità di successo.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di due persone per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La Corte d’Appello di Trieste aveva confermato la loro responsabilità penale. Non soddisfatti della decisione, i due imputati hanno deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidando la loro difesa a un unico motivo: la condotta offensiva non sarebbe avvenuta in un “luogo pubblico o aperto al pubblico”, requisito fondamentale affinché il reato possa sussistere.
Secondo i ricorrenti, mancando questo elemento costitutivo del reato, la loro condanna sarebbe stata ingiusta e da annullare.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, esaminati gli atti, ha liquidato il ricorso con una dichiarazione di inammissibilità. Questa decisione non entra nel merito della questione (se il luogo fosse pubblico o meno), ma si concentra su un vizio procedurale fondamentale: la natura del motivo presentato. I giudici hanno constatato che l’argomentazione dei ricorrenti era una semplice e pedissequa riproposizione di quanto già discusso e rigettato con motivazioni adeguate e giuridicamente corrette dalla Corte d’Appello.
Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e i ricorrenti sono stati condannati a pagare non solo le spese del procedimento, ma anche una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Oltraggio a pubblico ufficiale: le motivazioni della Corte
La motivazione alla base della decisione è di natura prettamente processuale, ma di grande importanza pratica. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti e le prove come se fosse un nuovo processo. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata (giudizio di legittimità), non di riesaminare le prove (giudizio di merito).
Nel caso specifico, i ricorrenti non hanno evidenziato un errore di diritto o un vizio logico nella sentenza d’appello. Hanno semplicemente ripresentato la stessa tesi difensiva, ovvero che il luogo non era pubblico, sperando in una diversa valutazione da parte della Cassazione. Questo approccio è stato definito “meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi”.
In pratica, la Corte ha stabilito che un ricorso non può limitarsi a ripetere argomenti già trattati e respinti, ma deve individuare specifici errori giuridici commessi dal giudice precedente. Poiché ciò non è avvenuto, il ricorso è stato ritenuto privo dei requisiti minimi per essere esaminato.
Conclusioni: le implicazioni pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: ricorrere in Cassazione non è un tentativo ulteriore per ottenere una diversa valutazione dei fatti. È un rimedio straordinario che deve essere fondato su vizi specifici della sentenza impugnata, come la violazione di una norma di legge o un difetto palese nella motivazione.
Per i cittadini e i loro difensori, la lezione è chiara: prima di intraprendere la strada del ricorso in Cassazione, è cruciale valutare se si disponga di argomenti nuovi e solidi dal punto di vista giuridico. Un ricorso che si limita a ripetere le doglianze già respinte nei gradi di merito non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche ulteriori e significative conseguenze economiche, come la condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una mera riproposizione di motivi già adeguatamente esaminati e respinti con corretti argomenti giuridici dalla Corte d’Appello.
Qual era l’argomento principale dei ricorrenti?
L’argomento principale era che la condotta contestata, qualificata come oltraggio a pubblico ufficiale, non era stata realizzata in un luogo pubblico o aperto al pubblico, elemento che ritenevano necessario per la configurazione del reato.
Quali sono le conseguenze per i ricorrenti dopo la dichiarazione di inammissibilità?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4395 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4395  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a PALMANOVA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME PALMANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugNOME;
rilevato che il ricorso è inammissibile perché il motivo proposto, con cui i ricorrenti, ritenuti responsabili del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, hann dedotto che la condotta non è stata realizzata in luogo pubblico o aperto al pubblico, è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (si veda pagina 4 della sentenza impugnata);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186 del 2000) – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023