Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7672 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 7672  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Marcianise il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza emessa in data 17.04.2023 dalla Corte di appello di Torino visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Torino, con sentenza del 15 settembre 2021, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di cui all’art. 343 cod. pen. (capo a) e di cui agli artt. 82, 582-585 cod. pen. (capo b) e lo ha condannato alla pena di sette
mesi di reclusione, in quanto, nel corso dell’interrogatorio reso innanzi al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO in data 13 luglio 2017, ha oltraggiato e minacciato il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e, cercando di colpirlo con una stampella, ha cagionato lesioni all’agente della polizia NOME COGNOME.
 La Corte di appello di Torino, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, appellata dall’imputato, esclusa l’aggravante di cui al secondo comma dell’art. 343 cod. pen, ha rideterminato la pena in sei mesi di reclusione.
 L’AVV_NOTAIO, difensore dell’imputato, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo due motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo il difensore censura la violazione dell’art. 25 Cost., in relazione all’art. 343, primo e secondo comma, cod. pen. e la mancanza di motivazione sul punto.
La Corte di appello avrebbe, infatti, violato il principio di tassatività e il favor rei, in quanto, richiamando quanto statuito da Sez. 6, n. 3010 del 28/06/1971, Barbero, Rv. 119112 – 01, avrebbe interpretato in senso estensivo la nozione di «udienza», sino a ricomprendervi anche l’interrogatorio reso nelle indagini preliminari innanzi al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
Ad avviso del difensore, tuttavia, la pronuncia citata dalla Corte di appello sarebbe inconferente, in quanto relativo ad un interrogatorio svolto da un giudice istruttore (e, dunque, non dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO) in un procedimento civile.
La Corte di appello ha, inoltre, ritenuto che la nozione di «udienza» ricomprenda, estensivamente, «qualsiasi attività giudiziaria posta in essere dal magistrato che implichi la presenza o l’intervento di altri soggetti processuali»; secondo il difensore, tuttavia, l’interrogatorio del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, pur essendo un atto partecipato, non si svolgerebbe nel contraddittorio tra le parti, in quanto sarebbe condotto unilateralmente dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
3.2. Con il secondo motivo il difensore deduce la manifesta illogicità, la contraddittorietà e la mancanza della motivazione, unitamente al travisamento della prova e dei fatti risultante dal testo del provvedimento e da altri atti d processo.
Il difensore censura la declaratoria di responsabilità penale in relazione al delitto di lesioni personali contestato al capo b) dell’imputazione e, segnatamente, la valutazione delle dichiarazioni testimoniali dell’agente COGNOME (trascrizione udienza 17 ottobre 2019), dell’AVV_NOTAIO COGNOME (trascrizione udienza 12 maggio 2021) e del dott. COGNOME (trascrizione udienza 12 ottobre 2020).
La Corte di appello avrebbe travisato le risultanze processuali, obliterando
che l’imputato non avrebbe avuto l’intenzione di ledere l’agente NOME COGNOME e che le lesioni accertate sarebbero state cagionate involontariamente, in quanto occorse casualmente nella concitazione del momento.
 Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 5 gennaio 2024, il Procuratore generale, nella persona di NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
Con il primo motivo il difensore censura la violazione dell’art. 25 Cost., in relazione all’art. 343, primo e secondo comma, cod. pen. e la mancanza di motivazione in ordine alla configurabilità del delitto di oltraggio a magistrato in udienza.
Il motivo è infondato.
3.1. Le espressioni lesive dell’onore del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO rese nel corso di un interrogatorio, svolto nelle indagini preliminari, integrano il delitto di oltrag a un magistrato in udienza di cui all’art. 343 cod. pen.
3.2. Secondo un risalente e costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il termine «magistrato» che ricorre nella fattispecie di reato di cui all’ 343 cod. pen. si riferisce, indifferentemente, sia ai magistrati che esercitano funzioni giurisdizionali, sia ai magistrati che svolgono le funzioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO (Sez. 6, n. 24774 del 06/06/2022, COGNOME, Rv. 283607 01; Sez. 6, n. 20085 del 26/04/2011, COGNOME, Rv. 250070 – 01; Sez. 1, n. 14591 del 02/03/2011, COGNOME, Rv. 249737 – 01; Sez. 6, n. 14201 del 06/02/2009, Dodaro, Rv. 243833 – 01; Sez. 6, n. 1514 del 25/06/1969, Fiorentino, Rv. 112935 – 01).
La Corte costituzionale, del resto, nella sentenza n. 380 del 1999, ha dichiarato non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 343 cod. pen., nella parte in cu prevede che le offese arrecate nel corso del dibattimento dal difensore al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO integrino il reato di oltraggio a un magistrato in udienza, in quanto non è arbitrario o irragionevole avere esteso la protezione della dignità della funzione giurisdizionale anche all’attività del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO in udienza, e la parità dell parti, pubblica e privata, che è inerente al processo, non implica necessariamente 3 GLYPH
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l’identica qualificazione giuridica di esse, né impone l’eguaglianza del loro stato e della loro condizione.
3.3. L’interrogatorio dinanzi al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO può, inoltre, essere ascritto al novero dei significati letterali della espressione «udienza» e, dunque, l’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata non viola il principio di tassatività della fattispecie penale.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, rilevato che ai fini dell’integrazio del delitto di cui all’art. 343 cod. pen., deve ritenersi che il magistrato si trovi «udienza» ogni volta che sia presente nel luogo deputato alla celebrazione della stessa, anche se intento a compiere atti preparatori al giudizio o conseguenti allo stesso (Sez. 6, n. 18486 del 29/03/2022, Volpe, Rv. 283158 – 01, fattispecie in cui è stato ritenuto sussistente il reato nonostante l’offesa fosse intervenuta al termine dell’attività processuale, alla presenza del giudice e delle parti nel luogo di svolgimento dell’udienza).
È «udienza», ai sensi di cui all’art. 343 cod. pen., qualsiasi seduta, nella normale aula di udienza o altrove ed in qualunque fase processuale essa si svolga, destinata allo svolgimento dell’attività giudiziaria del magistrato (Sez. 6, n. 7730 del 7/7/1982, Pifano, Rv. 154887), che implichi, per previsione legislativa, l’intervento o la presenza degli altri soggetti del rapporto e dei loro difensori, anche se tale presenza in concreto non si verifichi. È pertanto configurabile il reato previsto dall’art 343 cod. pen. anche se l’oltraggio al magistrato non avvenga durante una udienza dibattimentale (Sez. 1, n. 1487 del 29/09/1976 (dep. 1977), Berloco, Rv. 135144 – 01).
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, dunque, ai sensi dell’art. 343 cod. pen. il magistrato deve ritenersi «in udienza» tutte le volte che si trovi ad amministrare giustizia con l’intervento delle parti (Sez. 6, n 26178 del 21/06/2012, COGNOME, Rv. 253121 – 01; Sez. 6, n. 17314 del 03/02/2003, Giubbini, Rv. 225432 – 01).
L’interrogatorio svolto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO è, dunque, attività di udienza nel senso accolto dall’art. 343 cod. pen., in quanto costituisce esercizio di attivit giudiziaria ed è caratterizzato dalla necessaria presenza del magistrato, della persona sottoposta a indagine e del suo difensore.
 Con il secondo motivo il difensore deduce la manifesta illogicità, la contraddittorietà e la mancanza della motivazione, unitamente al travisamento della prova, quanto alla condanna per il delitto di lesioni personali contestato all’imputato.
 Il motivo è inammissibile, in quando diverso da quelli consentiti dalla legge ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Il motivo, infatti, nel dedurre il travisamento della prova, si risolve nell proposizione di una lettura alternativa delle testimonianze rese in dibattimento e, dunque, in una censura di generale travisamento delle prove orali, in quanto difforme dall’ipotesi ricostruttiva proposta.
L’esame nel giudizio di legittimità del vizio di travisamento della prova deve, tuttavia, riguardare uno o più specifici atti del giudizio e non il fatto nella s interezza (Sez. 1, n. 39846 del 23/05/2023, COGNOME, Rv. 285368 – 01; Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, COGNOME, Rv. 273911 – 01).
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, peraltro, la Corte di appello di Torino, confrontandosi con le censure difensive, ha adottato una motivazione in cui sono state congruamente esplicitate le ragioni poste a fondamento delle determinazioni assunte.
La Corte di merito ha, infatti, valutato secondo il proprio prudente apprezzamento le prove oggetto del giudizio, senza compiere alcun travisamento e ricostruendo la dinamica dei fatti sulla base delle deposizioni testimoniali e dei dati probatori acquisiti al processo.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigetto e il ricorrente d essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024.