Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8341 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 02/06/1958
avverso la sentenza del 27/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del 26 novembre 2024 a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia della parte civile;
letta la memoria del 06 dicembre 2024, depositata dall’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato.
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RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME, avv. NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Napoli ha riqualificato nell’origin imputazione di diffamazione aggravata la vicenda ascritta all’imputato, così riformando l decisione con la quale il Tribunale di Torre Annunziata aveva sussunto la stessa nell’illec civile di ingiuria aggravata.
La difesa propone tre motivi.
2.1 Con il primo, proposto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. violazione di legge, lamenta che la corte territoriale ha ricondotto la vicenda – l’imputato la messa in onda in diretta sul proprio profilo Facebook, aveva reso fruibile a tutti gli utenti una telefonata nel corso della quale offendeva l’interlocutore NOME COGNOME con appellati irriverenti e frasi insinuanti lo svolgimento, da parte di questi, di attività illec fattispecie di cui all’art. 595, comma terzo, cod. pen., là dove, invece, la diretta interloc tra imputato e parte offesa non aveva precluso alla parte offesa la possibilità di reagir difendersi immediatamente dalle offese subite
2.2 Con il secondo, proposto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. vizio di motivazione, lamenta che la corte d’appello ha ravvisato la natura diffamatoria del frasi pronunciate dall’imputato, in quanto la telefonata «privata», messa in onda in diretta, rimasta pubblicata sulla sua bacheca dello Sparavigna «per lunghissimo tempo, raggiungendo un numero elevatissimo di visualizzazioni». Di fatto, ad avviso della difesa, i giudici d’appe erroneamente, avevano sdoppiato la vicenda in due fasi: una prima fase, in cui la vittima aveva ascoltato direttamente le esternazioni offensive a lei rivolte; una seconda fase, in cu COGNOME aveva potuto leggere i commenti postati in calce al video soltanto dopo la loro pubblicazione, sicché non era stato nella condizione di interloquire nell’immediatezza.
2.3 Con il terzo, proposto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen violazione di legge e vizio di motivazione, lamenta che la corte territoriale ha condanna l’imputato a una pena detentiva, anziché pecuniaria, senza giustificare il motivo di tale sce in termini di eccezionale gravità della vicenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La corte territoriale ha evidenziato che dall’istruttoria dibattimentale era emerso che:
gli appellativi offensivi e le frasi evocative di attività illecite rivolte al Sannino e pronunciate nel corso di una telefonata intercorsa tra l’imputato e la persona offesa;
a distanza di pochi minuti dal suo inizio, quando ancora la telefonata era in corso, l’imput aveva proceduto alla messa in onda della stessa sul suo profilo “aperto” di Facebook, così rendendola accessibile a tutti;
il COGNOME, il cui profilo Facebook era stato bloccato dall’imputato, aveva recepito direttamente le offese collegandosi al soda! network attraverso il profilo di un amico;
il video, pubblicato in diretta, era poi rimasto per lungo tempo visibile sulla bacheca profilo Facebook dell’imputato e il COGNOME non aveva potuto replicare nell’immediatezza ai commenti pubblicati in calce allo stesso, in quanto li aveva potuti visionare solo dopo la l pubblicazione.
Nella giurisprudenza di legittimità è consolidato il principio di diritto secondo il integra il delitto di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, depenalizzato ai se dell’art. 1, comma 1, lett. c) d. Igs 15 gennaio, n. 7, e non il delitto di diffamazi condotta di chi pronunzi espressioni offensive mediante comunicazioni telematiche dirette alla persona offesa attraverso un video chat, fruibile da terzi, in quanto ciò che distingue i due delitti è la circostanza che «nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazion intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore» (Sez. 5 n. 10905 del 25/02/2020, Sala, Rv. 278742; Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 276502). Dunque, il discrimen tra diffamazione e ingiuria in caso di offese espresse per il tramite di piattaforme telematiche, è rappresentato proprio dal requisito della contestualità comunicazione dell’offesa e recepimento della stessa da parte dell’offeso (come, appunto, nel caso di specie) che configura l’ipotesi dell’ingiuria, sicché solo in difetto dello stesso l resta estraneo alla comunicazione intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore (Sez. 5, n. 10905 del 25/02/2020, Sala, Rv. 278742).
3.1 La corte territoriale, nel ricondurre la vicenda nel delitto di diffamazione a cagione d permanenza per lungo tempo del video relativo alla telefonata sulla bacheca dell’imputato e della conseguente impossibilità della parte civile di rispondere immediatamente ai commenti pubblicati in calce allo stesso, ha dato rilievo a un profilo dell’episodio che non i negativamente sulla configurabilità dello stesso nell’illecito civile di ingiuria aggravata.
3.2 Infatti, se è vero che la parte civile non aveva potuto replicare nell’immediatezza commenti postati in calce al video nel periodo in cui questo era rimasto sulla bacheca dell’imputato, è vero anche che tale possibilità il COGNOME aveva avuto nel momento in cui gl appellativi e le frasi offensive gli erano stati rivolti nel corso delle telefonata.
3.3 Dunque, nel caso di specie, nessun dubbio ricorre in merito alla contestualità tra l pronuncia degli appellativi e delle frasi offensive e il recepimento delle stesse da parte destinatario.
Di qui, la riqualificazione della vicenda nella fattispecie di ingiuria aggravata dalla presenz più persone, ipotesi delittuosa che, a seguito della depenalizzazione, intervenuta ai sens dell’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 7, dell’art. 594, ultimo comma, c pen., oggi configura un mero illecito civile.
3.4 Né vale a sussumere l’episodio nel delitto di diffamazione la circostanza che la pubblicazione del video sia rimasta a lungo sulla bacheca dell’imputato.
Invero, la diffamazione, che è reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione offensiva e, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano sta immesse in un canale telematico, nel momento in cui il collegamento viene attivato, perché è in quel momento che esse diventano fruibili da parte dei terzi, essendo inserite in un ambiente comunicativo per sua natura destinato a essere normalmente visionato da più persone, sicché il prolungarsi della lesione del bene giuridico protetto dalla norma non incide sulla struttura reato, trasformandolo in reato permanente (Sez. 5, n. 24585 del 14/03/2022, COGNOME, Rv. 283400, in tema di tempestività della querela).
Dalle suesposte considerazioni consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza in verifica, perché il fatto, riqualificato nella fattispecie di ingiuria aggravata, non è più p dalla legge come reato.
5.1 Consegue la revoca del capo della sentenza che concerne gli interessi civili, in quanto di regola il giudice penale può pronunciarsi sull’azione civile solo nell’ipotesi di sentenz condanna e l’impugnazione proposta dell’imputato estende i suoi effetti alle statuizioni civ (Sez. 4, n. 5892 del 08/01/2019, Resp. civile Asl di Modena, Rv. 275120 ), fermo il diritto dell parte civile di agire ex novo nella sede naturale per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile (Sez. U, n. 46688 del 29/09/2016, COGNOME, Rv. 267884).
P.Q.M.
Qualificato il fatto come ingiuria, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché lo stesso non è previsto dalla legge come reato.
Revoca le statuizioni civili.
Così deciso il 13 dicembre 2024.