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Offerta risarcitoria: inammissibile il ricorso generico

Una persona condannata per furto aggravato ha presentato ricorso in Cassazione contestando la valutazione di incongruità della sua offerta risarcitoria. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché generico, manifestamente infondato e basato su una valutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. La decisione sottolinea che il giudice d’appello ha il potere di valutare la congruità dell’offerta senza dover annullare la sentenza di primo grado.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Offerta Risarcitoria: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso

L’istituto dell’offerta risarcitoria, previsto dall’art. 162-ter del codice penale, rappresenta uno strumento cruciale per la deflazione del contenzioso penale, consentendo l’estinzione del reato a fronte di una riparazione del danno. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende dalla valutazione di congruità da parte del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 14347/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso quando si contesta proprio tale valutazione, delineando i confini tra questioni di diritto e mere rivalutazioni di fatto.

I Fatti del Caso: Dal Furto alla Condanna

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato emessa dal Tribunale di primo grado. L’imputata, dopo la conferma della sentenza da parte della Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per cassazione. Il fulcro del suo ricorso era incentrato sulla gestione dell’offerta risarcitoria da lei formulata ai sensi dell’art. 162-ter c.p. A suo dire, i giudici di merito avevano errato nel non considerare congrua la somma offerta alla parte civile, vittima del furto.

La Tesi Difensiva e il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputata sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe dovuto annullare la sentenza di primo grado e rinviare gli atti al Tribunale per una nuova valutazione sulla congruità dell’offerta. Secondo il ricorrente, il giudice di primo grado non si era adeguatamente espresso, limitandosi a proseguire il processo a seguito del rifiuto dell’offerta da parte della persona offesa. Si lamentava, inoltre, una presunta confusione tra la remissione di querela (che richiede il consenso della vittima) e l’estinzione del reato per condotte riparatorie, che può avvenire anche contro la volontà della parte civile, purché l’offerta sia ritenuta congrua dal giudice.

Le Motivazioni della Cassazione sull’offerta risarcitoria

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato, generico e basato su una valutazione di fatto. In primo luogo, i giudici supremi hanno chiarito un punto procedurale fondamentale: la Corte d’Appello, in virtù dei suoi poteri di piena cognizione, ha la facoltà di valutare autonomamente la congruità dell’offerta risarcitoria senza dover necessariamente annullare la sentenza di primo grado. Non si tratta, infatti, di una nullità che impone il ritorno al grado precedente.

Nel merito, la Corte ha osservato come il ricorso si limitasse a riproporre le stesse doglianze già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva, infatti, spiegato chiaramente perché l’offerta fosse incongrua, basandosi sul valore materiale del bene sottratto. Il ricorso, invece, si perdeva in apprezzamenti di fatto e in considerazioni ipotetiche, come l’idea che il primo giudice avrebbe dovuto ‘spingere’ l’imputata a un’offerta maggiore. Tali argomentazioni sono estranee al giudizio di legittimità, che si concentra sulla corretta applicazione della legge e non sulla ricostruzione dei fatti.

Infine, la Cassazione ha evidenziato una palese contraddizione: l’offerta era inferiore alla provvisionale già concessa alla parte civile. Poiché la provvisionale rappresenta un acconto sul danno già provato, un’offerta di importo inferiore non poteva logicamente essere considerata congrua a risarcire integralmente il danno.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Le contestazioni relative alla congruità dell’offerta risarcitoria devono essere ancorate a vizi di legge o a difetti di motivazione evidenti e non possono tradursi in una richiesta di nuova e diversa valutazione del merito. La decisione consolida inoltre il potere del giudice d’appello di decidere autonomamente su tale aspetto. Per i professionisti del diritto, ciò significa che i motivi di ricorso devono essere formulati con estremo rigore, evitando argomentazioni generiche o fattuali, pena una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.

Può il giudice d’appello valutare direttamente la congruità di un’offerta risarcitoria senza annullare la sentenza di primo grado?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il giudice d’appello, in forza dei suoi poteri di piena cognizione sul fatto, può valutare direttamente la congruità dell’offerta senza dover annullare la sentenza di primo grado e rinviare gli atti al giudice precedente.

Quando un ricorso in Cassazione basato sulla congruità dell’offerta risarcitoria è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando è manifestamente infondato, generico, si limita a reiterare i motivi d’appello senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, e prospetta un apprezzamento di fatto che non è consentito nel giudizio di legittimità.

Un’offerta risarcitoria inferiore alla provvisionale già liquidata può essere considerata congrua?
No. La sentenza chiarisce che un’offerta di importo inferiore alla provvisionale (che rappresenta un acconto sul danno già accertato) non può essere ritenuta congrua, rendendo superflua ogni ulteriore considerazione sulla sua adeguatezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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