Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14347 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14347 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette: la requisitoria scritta presentata – ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 1.76 – dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; — le conclusioni presentate, ai sensi della stessa norma, dall’avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse della parte civile, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso e condannare la ricorrente alla rifusione delle spese del presente
giudizio di legittimità;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in data 3 febbraio 2023 la Corte di appello di L’Aquila, a seguito del gravame interposto da NOME COGNOME NOME COGNOME, ha confermato la pronuncia del 17 dicembre 2021 con la quale il Tribunale di Pescara ne aveva affermato la responsabilità per il delitto di furto aggravato (artt. 61, comma 1, n. 11, e 624 cod. pen.) e – concesse le circostan attenuanti generiche con giudizio di equivalenza – l’aveva condannata alla pena ritenuta di giustizia (con il beneficio della sospensione condizionale), oltre al pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento del danno (da liquidarsi in separata sede), al pagamento di una provvisionale e alla rifusione delle spese di costituzione e assistenza in favore della pa civile NOME COGNOME.
Avverso la sentenza di appello il difensore dell’imputata ha proposto ricorso per cassazione, formulando un unico motivo (di seguito esposto nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con il quale – richiamando l’«art. 360 lettera c» cod. proc. verosimilmente intendendo fare riferimento all’art. 606, comma 1, lett. c), dello stesso codic – ha censurato la decisione di secondo grado per aver disatteso il gravame e, dunque, per non aver «rimesso la causa» innanzi al Giudice di primo grado per valutare la congruità dell’offert risarcitoria dell’imputata, ad avviso della difesa erroneamente assumendo che il Tribunale si fosse espresso al riguardo (alla luce del diniego della parte civile e dell’implicito provvedime del Tribunale che ha proseguito nell’iter procedimento); in particolare, la decisione della Cor di merito non considererebbe la distinzione tra la remissione della querela e l’istituto di all’art. 162-ter cod. pen., che può essere applicato anche contro la volontà della parte civ quando l’offerta è congrua (ipotesi che nella specie ricorrerebbe, visto che essa era inferiore euro 1.000 rispetto alla provvisionale disposta all’esito del giudizio); dunque «se il Giu avesse spinto la parte civile» recte: l’imputata – «ad “aggiustare l’offerta, il processo sarebbe chiuso», dato che la gran parte della refurtiva è stata recuperata e la parte civile avreb potuto comunque proseguire il giudizio civile per ottenere l’integrale risarcimento.
Il ricorso è inammissibile poiché manifestamente infondato, generico e versato in fatto. Anzitutto, nel caso in esame la Corte di appello non avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado in ragione de prospettata omessa motivazione sulla congruità dell’offerta ex art. 162-ter cod. pen., ipotesi che non rientra tra i casi di cui all’art. 604 cod. proc. pen., ben potendo lo stesso Giudic appello, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, motivare al riguardo Sez. U, n. 3287 del 27/11/2008 – dep. 2009, R., Rv. 244118 – 01; Sez. 6, n. 58094 del 30/11/2017, NOME, Rv. 271735 – 01; Sez. 6, n. 26075 del 08/06/2011, B., Rv. 250513 01), come in effetti avvenuto. Inoltre, nel resto il ricorso:
ha reiterato quanto addotto con l’atto di appello, senza confrontarsi con la motivazion della sentenza impugnata che – come anticipato – ha espressamente affermato il difetto di
congruità dell’offerta dell’imputato, argomentando alla luce del valore dell’oggetto materia del reato (cfr. Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01); e nel resto ha irritualmente prospettato un apprezzamento di fatto (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01) in termini del tutto assertivi e ipotetici (assumendo pure che il primo Giudic avrebbe dovuto spingere per un’offerta maggiore) ed in contrasto con la determinazione della provvisionale (ossia dell’ammontare del danno per cui è stata già ritenuta la prova: art 539,comma 2, cod. proc. pen.) superiore all’offerta dell’imputata, il che rende superflua ogn ulteriore considerazione.
All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dei motivi formulati impone di attribuirle profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 302 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01).
Non deve disporsi la condanna dell’imputata alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile poiché essa non ha in alcun modo argomentato sui motivi di impugnazione proposti, essendosi limitata ad associarsi alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale e a chiedere di dichiarare inammissibile, con le conseguenti statuizioni (cfr. Sez. U, n. 877 d 14/07/2022 – dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886 – 01, in motivazione).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso il 17/01/2024.