Offerta Reale Risarcimento: La Cassazione Chiarisce i Requisiti per l’Attenuante
Nel diritto penale, il risarcimento del danno alla persona offesa rappresenta un passo fondamentale, non solo per riparare al torto subito, ma anche come segnale di ravvedimento da parte dell’imputato. Questo comportamento può portare al riconoscimento di un’importante circostanza attenuante. Tuttavia, non basta una semplice volontà di risarcire. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di una offerta reale risarcimento formale quando la vittima non accetta la somma proposta. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato lamentava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’articolo 62, n. 6, del codice penale, ovvero l’aver integralmente riparato il danno prima del giudizio. A suo avviso, aveva manifestato la volontà di risarcire la vittima, ma la Corte territoriale non aveva tenuto conto di ciò. La difesa sosteneva che tale volontà dovesse essere sufficiente per ottenere lo sconto di pena.
La Decisione della Corte e l’offerta reale risarcimento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno colto l’occasione per riaffermare un principio consolidato in giurisprudenza: la semplice intenzione di risarcire non basta. Per poter beneficiare dell’attenuante, è necessario che l’imputato ponga in essere un comportamento concreto e tangibile che dimostri il suo pentimento e la volontà di neutralizzare le conseguenze negative della sua condotta.
La Necessità della Procedura Formale
Il punto cruciale della decisione riguarda le modalità con cui il risarcimento deve essere offerto. La Corte ha chiarito che, qualora la persona offesa non accetti la somma offerta informalmente, l’imputato ha un preciso onere: procedere con una offerta reale risarcimento ai sensi degli articoli 1209 e seguenti del codice civile. Questa procedura formale, che avviene tramite un pubblico ufficiale (come un ufficiale giudiziario), serve a mettere la somma a completa e incondizionata disposizione della persona offesa, superando ogni possibile ostacolo o rifiuto. Solo in questo modo si può avere la certezza che l’imputato abbia fatto tutto quanto in suo potere per riparare al danno.
Il Ruolo del Giudice nella Valutazione
Un altro aspetto fondamentale evidenziato dalla Corte è che neanche una dichiarazione di soddisfazione da parte della vittima (dichiarazione satisfattiva) è automaticamente vincolante per il giudice. La concessione dell’attenuante non è un automatismo. Spetta sempre al giudice di merito valutare se il risarcimento (o l’offerta) sia stato integrale, tempestivo e, soprattutto, se sia espressione di un’effettiva resipiscenza (ravvedimento) del reo. Il giudice deve accertare che il gesto non sia un mero calcolo utilitaristico per ottenere uno sconto di pena, ma il sintomo di una reale presa di coscienza della gravità del fatto commesso.
Le Motivazioni
Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sulla coerenza con il dato normativo e con la giurisprudenza consolidata. La norma sull’attenuante del risarcimento del danno ha una duplice finalità: da un lato, tutelare la vittima, garantendole un ristoro effettivo; dall’altro, incentivare il ravvedimento del reo. Per questo, il comportamento dell’imputato deve essere valutato nella sua totalità. Un’offerta non accettata, se non seguita dalle formalità dell’offerta reale, è considerata un atto incompleto, inidoneo a dimostrare quella effettiva resipiscenza che la legge richiede. L’apprezzamento del giudice è insindacabile se basato su una corretta applicazione di questi principi, come avvenuto nel caso di specie, dove il ricorso è stato giudicato privo di specificità e in palese contrasto con il diritto vivente.
Le Conclusioni
Questa pronuncia della Cassazione serve come un importante monito per la difesa in ambito penale. Per sperare nel riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno, non è sufficiente affermare di voler pagare. È necessario attivarsi concretamente e, in caso di rifiuto da parte della persona offesa, utilizzare gli strumenti formali che l’ordinamento mette a disposizione, come l’offerta reale risarcimento. Solo un comportamento inequivocabile, che metta la vittima nella condizione di poter effettivamente ricevere la somma, può essere considerato dal giudice come prova di un sincero ravvedimento e portare alla meritata riduzione della pena.
Quando è necessaria l’offerta reale per ottenere l’attenuante del risarcimento del danno?
L’offerta reale, secondo le forme del codice civile (artt. 1209 e ss.), è necessaria quando la persona offesa non ha accettato il risarcimento offertole informalmente. Questa procedura formale garantisce che la somma sia messa a completa disposizione della vittima.
Una dichiarazione della persona offesa che si dice soddisfatta è sufficiente per ottenere l’attenuante?
No, non è di per sé sufficiente né vincolante. Il giudice deve comunque compiere una valutazione autonoma per accertare se il risarcimento sia stato integrale e, soprattutto, se rappresenti un’effettiva e sincera resipiscenza (pentimento) da parte dell’imputato.
Cosa valuta il giudice per concedere l’attenuante del risarcimento del danno?
Il giudice valuta non solo l’avvenuto pagamento o l’offerta formale, ma anche l’adeguatezza della somma e la sua riconducibilità a un’effettiva resipiscenza del reo. L’obiettivo è verificare se il gesto ha neutralizzato la pericolosità sociale dell’imputato e se dimostra un reale ravvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19073 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19073 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BEN NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6), cod. pen., è privo di concreta specificità e, comunque, manifestamente infondato in quanto si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità;
che, invero, ai fini della configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 62, prim comma, n. 6), cod. pen., qualora la persona offesa non abbia accettato il risarcimento, è necessario che l’imputato proceda ad “offerta reale” dell’indennizzo ai sensi degli artt. 1209 e ss. cod. civ., in modo che la somma sia a completa disposizione della persona offesa e che successivamente il giudice possa valutare l’adeguatezza e la riconducibilità ad una effettiva resipiscenza del reo (Sez. 2, n. 56380 del 07/11/2017, Avventurato, Rv. 271556);
che, inoltre, l’eventuale dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa non è ex se vincolante, essendo rimesso al sindacato del giudice di merito l’apprezzamento dell’avvenuto ravvedimento del reo e della neutralizzazione della sua pericolosità sociale, che l’integrale risarcimento del danno implica (Sez. 5, n. 116 del 08/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282424; Sez. 2, n. 51192 del 13/11/2019, C., Rv. 278368 – 02);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024.