Occupazione Suolo Pubblico: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’occupazione di suolo pubblico è un reato che può avere conseguenze significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso e su aspetti procedurali cruciali, come la natura permanente del reato e la richiesta di sospensione condizionale della pena. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i principi applicati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Da Posto Auto a Muro Abusivo
Il caso ha origine dalla condanna di una persona per l’abusiva occupazione di suolo pubblico. L’imputata, insieme al defunto marito, aveva ottenuto l’autorizzazione per realizzare uno spazio di sosta per disabili, delimitato da apposite strisce gialle. Tuttavia, oltre a quanto autorizzato, aveva proceduto alla costruzione di un muretto per delimitare un’aiuola, di fatto appropriandosi indebitamente di una porzione di terreno pubblico.
La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo le attenuanti generiche e riducendo la pena, ma confermando la responsabilità penale. Contro questa decisione, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la contestazione della responsabilità, la prescrizione del reato e la mancata concessione d’ufficio della sospensione condizionale della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei motivi di ricorso, ritenuti per la maggior parte generici o manifestamente infondati.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso sull’Occupazione Suolo Pubblico è Stato Respingeto
L’ordinanza della Cassazione poggia su tre pilastri argomentativi principali che hanno portato alla dichiarazione di inammissibilità.
Genericità dei Motivi di Ricorso
In primo luogo, la Corte ha rilevato che i motivi volti a contestare l’affermazione di responsabilità erano del tutto generici. Le argomentazioni della difesa, infatti, non si confrontavano specificamente con la motivazione della sentenza d’appello. Quest’ultima aveva chiaramente spiegato che l’autorizzazione ricevuta era limitata alla segnaletica per un parcheggio disabili e non si estendeva alla costruzione di un’opera muraria, che configurava un’appropriazione di suolo pubblico.
La Natura Permanente del Reato e la Prescrizione
Un altro punto cruciale riguardava l’eccezione di prescrizione. La Cassazione ha confermato la posizione della Corte d’Appello, qualificando l’occupazione di suolo pubblico come reato permanente. In questa tipologia di illeciti, la condotta antigiuridica perdura nel tempo fino a quando non viene interrotta. Nel caso di specie, i giudici hanno considerato la condotta interrotta con la sentenza di condanna di primo grado. Di conseguenza, il termine di prescrizione non era maturato.
La Sospensione Condizionale della Pena: Un Beneficio da Richiedere
Infine, per quanto riguarda la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, la Corte ha richiamato un autorevole principio stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 22533/2019). Secondo tale orientamento, sebbene il giudice d’appello abbia il dovere di motivare il mancato esercizio del potere di applicare d’ufficio il beneficio, l’imputato non può lamentare tale omissione in sede di legittimità se non ne ha mai fatto richiesta nel corso del giudizio di merito. La passività dell’imputato su questo punto preclude la possibilità di sollevare la questione per la prima volta in Cassazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce alcuni principi fondamentali del diritto penale e processuale. In primo luogo, evidenzia l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti, che dialoghino criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata. In secondo luogo, consolida l’interpretazione del reato di occupazione di suolo pubblico come reato permanente, con importanti conseguenze sul calcolo della prescrizione. Infine, sottolinea che i benefici come la sospensione condizionale della pena, pur potendo essere concessi d’ufficio, dovrebbero essere oggetto di una richiesta esplicita da parte della difesa nei gradi di merito, per poter poi contestare un’eventuale mancata concessione in sede di legittimità.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato ‘generico’?
Un ricorso è considerato generico quando le argomentazioni presentate non si confrontano in modo specifico e critico con le motivazioni della sentenza impugnata, ma si limitano a riproporre tesi già respinte o a sollevare questioni astratte.
Nel reato di occupazione di suolo pubblico, come si determina la cessazione della condotta ai fini della prescrizione?
Trattandosi di un reato permanente, la condotta illecita si considera cessata nel momento in cui l’occupazione abusiva viene interrotta. In questo caso, la Corte ha identificato tale momento con l’emissione della sentenza di condanna di primo grado.
Il giudice è obbligato a concedere la sospensione condizionale della pena anche se l’imputato non la chiede?
No. Sebbene il giudice d’appello possa applicare il beneficio d’ufficio, l’imputato non può dolersi in Cassazione della sua mancata concessione se non ne ha mai fatto richiesta durante il processo di merito, come stabilito da un consolidato orientamento delle Sezioni Unite.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36825 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36825 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria che ha parzialmente riformato la decisione di primo grado e, riconosciute le attenuanti generiche, ha rinnodulato la pena inflitta all’imputata per l’abusiva occupazione di una porzione, di suolo pubblico;
rilevato che i primi tre motivi censurano sotto complementari profili l’affermazione di responsabilità della prevenuta per il delitto ascrittole: si tratta di deduzioni del tutto generiche che non si rapportano con la motivazione reiettiva della sentenza impugnata che ha dato conto che l’imputata e il defunto marito erano autorizzati esclusivamente a realizzare uno spazio di sosta per disabili, delimitato da strisce gialle, non anche a costruire un muro per delimitare un’aiuola,
per tal via appropriandosi di una porzione di terreno pubblico;
considerato che anche il quarto motivo è aspecifico e manifestamente infondato, avendo la Corte d’Appello disatteso l’eccezione di prescrizione con corretti argomenti giuridici evidenziando la natura permanente dell’addebito (dovendosi in tal caso considerare la condotta interrotta con la sentenza di primo grado emessa il 21/2/2022) e l’assenza di evidenze circa il ripristino dell’area;
che il conclusivo motivo che censura la mancata concessione d’ufficio del beneficio della sospensione condizionale è manifestamente infondato alla luce dell’autorevole insegnamento del massimo consesso nomofilattico secondo cui in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 10 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente