Occupazione suolo pubblico: quando superare i limiti diventa reato?
L’occupazione suolo pubblico è una pratica comune per attività commerciali come bar, ristoranti e bancarelle. Tuttavia, è fondamentale rispettare scrupolosamente i limiti imposti dalle autorizzazioni comunali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che superare, anche di poco, lo spazio concesso non è una semplice leggerezza, ma può integrare un vero e proprio reato penale. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato riguarda un commerciante che aveva presentato ricorso contro una sentenza di condanna della Corte d’Appello. L’accusa era quella di invasione di terreni, reato previsto dall’articolo 633 del Codice Penale. Nello specifico, l’imputato aveva occupato con la propria bancarella un’area pubblica di metratura superiore rispetto a quella per cui aveva ottenuto regolare autorizzazione dall’ente pubblico.
La difesa del ricorrente sosteneva che tale comportamento non dovesse essere considerato un reato penale, ma, al massimo, una violazione amministrativa del Codice della Strada. La questione, quindi, era stabilire la corretta qualificazione giuridica di una condotta di parziale abusivismo.
L’eccesso di Occupazione Suolo Pubblico secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità: commette il reato di invasione di terreni chi, pur essendo autorizzato dall’ente pubblico, occupa uno spazio demaniale diverso e di maggiore estensione rispetto a quello concesso.
Questo significa che l’autorizzazione a occupare una porzione di suolo pubblico non funge da “scudo” per occupazioni più ampie. L’area eccedente i limiti della concessione è considerata a tutti gli effetti occupata abusivamente, integrando così gli elementi costitutivi del reato.
Il Precedente Giurisprudenziale
La Corte ha fondato la sua decisione su un precedente specifico e molto simile al caso in esame (Cass. n. 17892/2015). Anche in quella circostanza, il reato era stato contestato al titolare di una bancarella che aveva occupato un’area pubblica più vasta di quella autorizzata. La Cassazione, quindi, non ha fatto altro che confermare un orientamento già consolidato, sottolineando come la tesi difensiva del ricorrente fosse in netto contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte è chiara e lineare. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le argomentazioni proposte erano in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità. Il giudice di appello aveva già analiticamente indicato, con una motivazione congrua, tutti gli elementi costitutivi del reato ascritto. L’errore del ricorrente è stato quello di non considerare che l’autorizzazione amministrativa delimita in modo invalicabile l’ambito di liceità dell’occupazione. Qualsiasi invasione dello spazio pubblico al di fuori di quel perimetro è illegale e, in presenza degli altri elementi richiesti dalla norma, assume rilevanza penale. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un monito importante per tutti gli operatori commerciali che utilizzano suolo pubblico. È essenziale non solo ottenere le necessarie autorizzazioni, ma anche rispettare con la massima precisione i limiti spaziali indicati. Superare tali limiti, anche se di poco, non espone soltanto a sanzioni amministrative, ma può portare a una condanna penale per il reato di invasione di terreni (art. 633 c.p.). La decisione conferma che la tutela del demanio pubblico è un bene giuridico che l’ordinamento protegge con forza, anche attraverso lo strumento penale.
Occupare uno spazio pubblico più grande di quello autorizzato è un reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, occupare uno spazio demaniale diverso e di maggiore estensione rispetto a quello per il quale è stata rilasciata la concessione integra il reato di invasione di terreni previsto dall’art. 633 del codice penale.
Qual è la differenza tra il reato di invasione di terreni (art. 633 c.p.) e una violazione del Codice della Strada?
Il provvedimento chiarisce che l’occupazione di un’area pubblica con una bancarella, in misura superiore a quella autorizzata, non è una semplice violazione del Codice della Strada, ma costituisce il più grave reato di invasione di terreni, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31428 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MOSCA NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 29/06/1968
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso – che contesta l’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 633 cod. pen., ritenendo che al più sarebbe configurata la violazione di cui all’art. 20 cod. strada – è manifestamente infondato, poiché prospetta enunciati ermeneutici in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui commette il reato di invasione di terreno chi, sia pur autorizzato dall’ente pubblico, occupa uno spazio demaniale diverso e di maggiore estensione rispetto a quello per il quale è stata rilasciata la concessione (Sez. 2, n. 17892 del 15/04/2015, COGNOME, Rv. 263765 01); va, in particolare, rilevato come la fattispecie che ha condotto all’affermazione del principio di diritto summenzionato riguardava, a differenza di quanto erroneamente sostenuto nel ricorso in esame, una situazione fattuale analoga al caso di specie, ovverosia l’occupazione con la propria bancarella, adibita all’esposizione della mercanzia in vendita, di un’area pubblica di una metratura superiore rispetto a quella oggetto di autorizzazione;
considerato che il giudice di appello, con congrua e lineare motivazione, ha analiticamente indicato i singoli elementi costitutivi del reato ascritto (si vedano l pagg. 4-7 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.