Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21810 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21810 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.NOME COGNOME nato in il 08/08/1973
2.NOME nata in Francia il 26/09/1973
avverso la sentenza del 05/02/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME e di NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 5/02/2025, che aveva confermato la sentenza di primo grado con la quale gli imputati erano stati dichiarati colpevoli del reato di cui agli artt. 110, 633-639 cod. pen. perché avevano occupato un immobile di proprietà del Comune di Torino; al riguardo eccepisce:
1.1. erroneità della motivazione nella parte in cui la Corte di appello non ha considerato la versione difensiva secondo la quale i ricorrenti erano stati autorizzati dagli assegnatari della struttura abitativa ad occupare l’immobile, come
da dichiarazioni del teste NOME COGNOME che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non erano smentite dalla testimonianza dell’agente COGNOME
1.2. mancanza del l’elemento soggettivo del reato, visto che il teste NOME COGNOME aveva chiaramente riferito di avere dato ospitalità ai ricorrenti;
1.3. erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 131bis cod. pen. ed illogicità della motivazione sul punto: non erano stati considerati lo stato di bisogno dei ricorrenti e l’esiguità del dan no, visto che il Comune di Torino non aveva assegnato l’immobile successivamente ai fatti;
1.4. ingiustificato diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle aggravanti contestate, al fine di rendere la pena adeguata al caso concreto ed al reale disvalore del fatto;
1.5. illogicità della motivazione con riferimento alla mancata applicazione della pena sostitutiva: la motivazione della Corte di appello si era concentrata sulla personalità degli imputati e sulle illogiche considerazioni in ordine alla gravità del fatto, nulla dicendo sulle specifiche sanzioni sostitutive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
1.1. Con riferimento alle censure del primo motivo di ricorso, se ne deve rilevare la natura meramente fattuale, in quanto con esse i ricorrenti propongono, peraltro genericamente, una mera rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in questa sede, stante la preclusione, per il giudice di legittimità, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Corte di cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr., ex plurimis , Sez. 6, n. 10289 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 259336-01); nel caso in esame, il motivo di ricorso pretende di attribuire maggiore rilevanza alle dichiarazioni del teste COGNOME rispetto a quelle del teste COGNOME non considerando che la Corte di appello ha motivato espressamente sul punto alle pagine 2 e 3 della sentenza impugnata.
1.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, nella motivazione della sentenza di Sez. 2, n. 27041 del 24/03/2023, COGNOME, Rv. 284792-01, viene condivisibilmente precisato che ‘i l reato di invasione deve, dunque, ritenersi configurabile ogniqualvolta si occupa un immobile sine titulo e come occupazione di un immobile sine titulo devono considerarsi le condotte di chi subentra nell’appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore ovvero di chi occupa l’immobile a titolo di mera
cortesia o ancora, come nel caso oggetto di scrutinio, in virtù di un rapporto di parentela con l’originario e legittimo assegnatario. La conseguente “occupazione” deve ritenersi, pertanto, l’estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l’abusiva invasione ‘ ; da qui l’irrilevanza fattuale che i ricorrenti fossero nel possesso dell’immobile perché autorizzati dal precedente assegnatario (circostanza, peraltro, non ritenuta dimostrata dai giudici di merito).
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato anche per quanto riguarda la sussistenza dell’elemento soggettivo , posto che il dolo specifico del delitto di invasione di terreni o edifici si compone della finalità di occupare l’immobile o di trarne altrimenti profitto e presuppone che l’agente sia consapevole dell’altruità del bene, e per ‘ immobile altrui’ si deve intendere quello in cui l’agente non ha diritto di introdu rsi per occuparlo o per trarne, altrimenti, un profitto.
1.3. Relativamente alle censure sulla mancata applicazione del l’art. 131 -bis cod. pen., la motivazione della Corte di appello è contenuta a pag. 3 della sentenza impugnata, nella quale vengono sottolineati la lunga durata dell’occupazione e la modalità della condotta quale parametri sfavorevoli che impediscono l’applicazione della citata norma.
1.4. Quanto al quarto motivo di ricorso, si deve ribadire che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in cassazione soltanto nelle ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (ipotesi qui non ricorrente), essendo sufficiente a giustificare la soluzione della equivalenza aver ritenuto detta soluzione la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (cfr., Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450-01).
1.5. Infine, la motivazione sulle ragioni per le quali la pena detentiva non può essere sostituita è contenuta nell’ultima parte della sentenza impugn ata, ed appare congrua e giustificata alle risultanze processuali e, pertanto, insindacabile nella presente sede.
Per le considerazioni esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili . Ai sensi dell’art. 616 c od. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/05/2025