Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29741 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29741 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a Sapri il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Vallo della COGNOMEnia il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Vallo della COGNOMEnia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, d Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria e le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che
insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Vallo della COGNOMEnia e appellata dagli imputati, la Corte di appello di Salerno ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per tutte le contravvenzioni loro rispettivamente contestate perché estinte per prescrizione e, per l’effetto, ha rideterminato in tre mesi di reclusione ciascuno la pena per il residuo delitto di cui agli artt. 110, 633 e 639-bis cod. pen., contestato al capo I), GLYPH nel resto confermando la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza gli imputati, per il tramite del comune difensore di fiducia, con un medesimo atto hanno presentato ricorso per cassazione, deducendo:
con un primo motivo, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 530 cod. proc. pen. e relativo vizio di motivazione, i quanto, come emerge dalla sentenza impugnata (p. 10), le opere oggetto di accertamento erano poste a una distanza di meno di trenta metri dl demanio marino, ciò che quindi esclude l’occupazione del demanio medesimo e, di conseguenza, la sussistenza del reato, anche considerando che al capo H) – tra quelli dichiarati prescritti – era stata contestata la violazione degli artt. 55 e 116 cod. nav., in relazione alla realizzazione di opere entro la fascia di rispetto de trenta metri dalla linea di confine con il demanio marittimo;
con un secondo motivo, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. con riferimento all’art. 530 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 43 633 cod. pen., per il mancato accertamento del dolo specifico richiesto dalla fattispecie in esame
con un terzo motivo, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 62-bis cod. proc. pen., non avendo la Corte di merito valutato l’incensuratezza, la giovane età e la rimozione delle opere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo, con conseguente assorbimento del terzo.
2. Il primo motivo è infondato.
Va evidenziato che, al capo I, agli imputati è contestato il reato di cui agli artt 110 633, 639-bis cod. pen., perché, agendo in concorso tra loro, nelle qualifiche di committente il COGNOME e di esecutori materiale delle opere il COGNOME e il COGNOME, mediante la realizzazione delle opere indicate ai punti 2, 3 e 5 del capo A) nonché mediante il deposito di materiali di risulta e di cumuli di terra comportanti l’ostruzione di un scolo di un canale di acque meteoritiche, occupavano arbitrariamente area appartenente al demanio pubblico dello Stato.
Ora, se è vero, come rilevato dal difensore, che la sentenza impugnata ha ribadito la sussistenza del reato in esame, sul presupposto che le opere erano state poste ad una distanza di meno di trenta metri dal demanio marittimo (cfr. p. 10) – presupposto evidentemente erroneo, perché esso integra il diverso reato di cui agli artt. 55 e 1161 cod. nav., contestato al capo H (che, appunto, si riferisce alla realizzazione di innovazioni non autorizzate entro la fascia di rispetto dei trenta metri dalla linea di confine con il demanio marittimo) – è però vero che, nel riepilogare gli esiti dell’istruttoria di primo grado (p. 5), la Corte di merito ha d atto che il materiale di risulta per l’esecuzione delle opere edilizie aveva ostruito lo scolo di un canale di acque meteoriche, così occupando arbitrariamente un’area del demanio pubblico, contraddistinta dal F. 23, particelle 175 e 930.
Rispetto a tale condotta, che, come si è visto, è oggetto di puntuale contestazione al capo I e che comunque è stata accertata in sede di merito, i ricorrenti non prendono posizione.
3. Il secondo motivo è fondato.
3.1. L’art. 633, comma 1, cod. pen. punisce “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne pro Come si ricava dall’impiego della locuzione “al fine di”, per l’integrazione dell’elemento soggettivo si richiede anche il dolo specifico – rappresentato, alternativamente, dal fine di occupare l’immobile o di trarne profitto -, che va ad affiancarsi al dolo generico, il quale deve sorreggere la condotta di invasione.
Il fine di occupare l’immobile, in particolare, non è evidentemente implicito nella condotta di invasione, essendo, appunto, una finalità ulteriore che deve essere perseguita dall’agente mediante la realizzazione della condotta oggetto di incriminazione, e che si sostanzia in un quid pluds, e cioè nell’intenzione di comportarsi uti dominus nei confronti del bene immobile.
In questo senso è orientata la giurisprudenza di legittimità, la quale ha condivisibilmente affermato che il dolo specifico di occupare l’immobile o di trarne altrimenti profitto presuppone che la condotta dell’agente sia diretta a realizzare un apprezzabile depauperamento delle facoltà di godimento del titolare dello ius
excludendi e può essere desunto non solo dalla stabile permanenza del soggetto nel terreno o nell’edificio, ma anche da elementi diversi purché univocamente dimostrativi della finalità di dare inizio ad un possesso non meramente transitorio od occasionale (Sez. 2, n. 50659 del 18/11/2014, COGNOME, Rv. 261695). Si è precisato, inoltre, che la sola consapevolezza della illegittimità dell’invasione di un altrui bene immobile non vale, di per sé, a rendere configurabile il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all’art. 633 cod. pen., caratterizzat dalla finalità di occupare l’immobile o di trarne altrimenti profitto, non potendosi, in particolare confondere – nel caso di beni demaniali, per i quali il reato è perseguibile d’ufficio ai sensi dell’art. 639-bis cod. pen. – l’elemento soggettivo richiesto per la fattispecie criminosa con quello sufficiente per l’illeci amministrativo dell’omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico (Sez. 2, n. 14799 del 24/01/2003, COGNOME, Rv. 226432).
3.2. Nel caso in esame, la motivazione è errata, posto che pare desumere la sussistenza del dolo unicamente dalla (consapevolezza della) mancata rimozione, dal fondo invaso, del materiale di risulta proveniente dall’esecuzione delle opere (p. 10), ciò che integra il (solo) dolo generico, ma nulla dice in relazione all sussistenza del dolo specifico di occupazione.
Ne segue che la sentenza impugnata deve essere annullata in relazione alla sussistenza del dolo specifico, con rinvio per nuovo giudizio, sul punto, alla Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 05/06/2024.