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Occupazione di terreno: il dolo specifico è cruciale

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per occupazione di terreno demaniale, sottolineando la necessità di provare il ‘dolo specifico’, ovvero l’intenzione non solo di invadere, ma di comportarsi come proprietario o di trarne profitto. La semplice consapevolezza dell’illecito non è sufficiente. Il caso riguardava l’ostruzione di un canale demaniale con materiali di risulta. La Corte ha rinviato il giudizio a una nuova sezione della Corte d’Appello per una corretta valutazione dell’elemento psicologico del reato.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione di Terreno: Non Basta la Coscienza dell’Illecito, Serve il Dolo Specifico

Con la recente sentenza n. 29741/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul reato di occupazione di terreno e invasione di edifici, delineando con precisione i confini dell’elemento soggettivo richiesto per la condanna. La decisione chiarisce che la semplice consapevolezza di invadere un’area altrui non è sufficiente; è necessario dimostrare un ‘quid pluris’, ovvero il fine specifico di occupare stabilmente il bene o di trarne un profitto.

I Fatti del Caso

Tre individui venivano condannati in appello per il reato di invasione di terreni in concorso (artt. 110, 633 e 639-bis c.p.). L’accusa contestava loro di aver occupato arbitrariamente un’area appartenente al demanio pubblico. Nello specifico, durante l’esecuzione di alcune opere, avevano depositato materiale di risulta e cumuli di terra, ostruendo di fatto lo scolo di un canale di acque meteoriche e invadendo così particelle catastali di proprietà dello Stato.

La difesa degli imputati ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, un errore fondamentale nella valutazione dell’elemento psicologico del reato. Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello aveva erroneamente dato per scontata la sussistenza del dolo, senza però indagare sulla reale intenzione degli agenti, ovvero se avessero agito con lo scopo specifico richiesto dalla norma.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso su questo punto cruciale, annullando la sentenza impugnata e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: il reato di cui all’art. 633 c.p. non si accontenta di un dolo generico, ma richiede un dolo specifico.

Le Motivazioni: l’importanza del dolo specifico nell’occupazione di terreno

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 633 del codice penale, che punisce chi invade terreni o edifici altrui “al fine di occuparli o di trarne profitto”. La locuzione “al fine di” introduce un requisito psicologico ulteriore rispetto alla mera volontà di compiere l’invasione.

La Corte ha spiegato che il dolo specifico si sostanzia nell’intenzione di comportarsi uti dominus, cioè come se si fosse il proprietario del bene immobile. Questa finalità non può essere presunta o considerata implicita nella condotta di invasione, ma deve essere provata. Non basta la consapevolezza dell’illegittimità dell’azione, come nel caso di specie, dove la Corte d’Appello sembrava aver desunto il dolo dalla mancata rimozione dei materiali di risulta. Questo, secondo la Cassazione, integra solo il dolo generico, ma non dice nulla sul fine ultimo perseguito dagli imputati.

In altre parole, l’agente deve voler stabilire un possesso sul bene che non sia meramente transitorio o occasionale, ma che manifesti l’intenzione di escludere il legittimo proprietario dal godimento del suo diritto. La Corte ha inoltre precisato che confondere il dolo specifico richiesto dalla norma penale con la semplice consapevolezza dell’illecito, sufficiente per una sanzione amministrativa (come l’omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico), costituisce un errore di diritto.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante promemoria sulla rigorosa necessità di accertare tutti gli elementi costitutivi del reato, in particolare quelli di natura psicologica. Per condannare qualcuno per occupazione di terreno, l’accusa deve dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, non solo che l’imputato ha invaso l’area, ma che lo ha fatto con lo scopo preciso di stabilirvi un possesso duraturo o di ricavarne un’utilità economica. La decisione annullata è stata ritenuta carente proprio su questo punto, non avendo fornito alcuna motivazione sulla sussistenza di tale fine specifico. Il caso dovrà ora essere riesaminato da un nuovo giudice, che dovrà attentamente vagliare le prove per determinare se l’intenzione degli imputati andasse oltre la semplice, seppur illecita, gestione temporanea di materiali di scarto.

Cosa è necessario per essere condannati per il reato di invasione di terreni secondo la Cassazione?
Non è sufficiente la sola condotta materiale di invasione di un terreno altrui. È indispensabile che l’agente abbia agito con un ‘dolo specifico’, ovvero con il fine preciso di occupare stabilmente il terreno, comportandosi come se ne fosse il proprietario, o di trarne un profitto economico.

La semplice consapevolezza di occupare illegalmente un’area pubblica è sufficiente per la condanna penale?
No. La sentenza chiarisce che la sola consapevolezza dell’illegittimità della propria condotta (dolo generico) non basta per integrare il reato previsto dall’art. 633 c.p. Questo elemento psicologico può essere rilevante per un illecito amministrativo, ma per il reato penale è richiesto il ‘quid pluris’ del fine specifico di occupazione o profitto.

Come si dimostra il dolo specifico di occupazione?
Il dolo specifico può essere desunto da vari elementi, purché siano univocamente dimostrativi della finalità di dare inizio a un possesso non meramente transitorio o occasionale. Ad esempio, la stabile permanenza sul terreno, la realizzazione di opere fisse o altri comportamenti che manifestino l’intenzione di escludere il proprietario dal godimento del bene.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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