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Occupazione Demanio: No Pena Sospesa con Pubblicazione

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per occupazione demanio marittimo a carico della titolare di uno stabilimento balneare. Tuttavia, ha annullato la parte della sentenza che subordinava la sospensione condizionale della pena alla pubblicazione della stessa. La Corte ha chiarito che tale condizione è illegittima in assenza di una costituzione di parte civile che ne faccia richiesta, distinguendo tra sanzione accessoria non prevista per il reato e riparazione del danno non patrimoniale.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione Demanio: La Pubblicazione della Sentenza non può Condizionare la Pena Sospesa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’occupazione demanio marittimo, confermando la responsabilità penale della titolare di uno stabilimento balneare ma, al contempo, facendo chiarezza su un importante aspetto procedurale: la legittimità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla pubblicazione della sentenza. La decisione sottolinea che tale obbligo, in assenza di una parte civile costituita, risulta indebito.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda la titolare di un’impresa balneare, condannata dal Tribunale per aver invaso arbitrariamente un’area demaniale marittima di oltre 2.000 mq. Sull’area erano state realizzate innovazioni non autorizzate, tra cui moduli abitativi, un deposito e un parcheggio. La difesa dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali: la presunta assenza di dolo, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, infine, l’illegittimità della condizione, imposta dal giudice di primo grado, di pubblicare la sentenza a proprie spese per poter beneficiare della sospensione della pena.

L’analisi della Cassazione sull’occupazione demanio

La Suprema Corte ha rigettato i primi due motivi di ricorso, ritenendoli manifestamente infondati.

Per quanto riguarda la presunta buona fede, i giudici hanno osservato che la richiesta di una concessione suppletiva era stata presentata solo dopo il sequestro dell’area da parte della Guardia di Finanza. Questo comportamento, lungi dal dimostrare buona fede, evidenziava la piena consapevolezza dell’illecito. Una concessione postuma non può sanare un reato già perfezionato.

Anche la richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta. L’occupazione demanio non era occasionale, ma strumentale a un’attività d’impresa, con l’impiego di mezzi e personale (120 ombrelloni e 240 sedie a sdraio), e aveva arrecato una lesione non modesta al bene pubblico. Pertanto, la gravità della condotta escludeva l’applicazione di tale beneficio.

La Decisione sulla Pubblicazione della Sentenza

Il terzo motivo di ricorso è stato invece accolto. La Cassazione ha chiarito la duplice natura della pubblicazione della sentenza nel nostro ordinamento.

Può essere una pena accessoria, ma solo nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 36 c.p.), tra cui non rientra il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale.

In alternativa, può essere una sanzione civile con funzione riparatoria del danno non patrimoniale (art. 186 c.p.). Tuttavia, in questo caso, la sua applicazione è subordinata a una specifica richiesta della parte civile, ovvero del soggetto danneggiato dal reato. Nel processo in esame, non vi era alcuna costituzione di parte civile.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di un principio consolidato. Non si può imporre al condannato un obbligo di natura civilistica, come la riparazione del danno tramite pubblicazione, in assenza della domanda del soggetto che avrebbe diritto a tale riparazione. Imporre la pubblicazione come condizione per la sospensione della pena, in un contesto privo di parte civile, costituisce un’applicazione errata della legge. L’obbligo è stato quindi considerato indebitamente posto a carico della ricorrente e, di conseguenza, eliminato.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza viene annullata senza rinvio limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla pubblicazione del provvedimento. Tale condizione e il relativo obbligo vengono eliminati. Per il resto, il ricorso è dichiarato inammissibile e la condanna per l’occupazione demanio è confermata. Questa pronuncia ribadisce la netta distinzione tra sanzioni penali e rimedi civilistici, specificando che questi ultimi non possono essere attivati d’ufficio dal giudice penale ma richiedono l’impulso della parte interessata.

Una concessione ottenuta dopo la scoperta del reato può sanare l’occupazione demanio abusiva?
No, la sentenza chiarisce che il rilascio di una concessione postuma, successiva all’accertamento e al sequestro dell’area, non è idonea a legittimare la condotta illecita già perfezionata né a dimostrare la buona fede dell’autore del reato.

L’occupazione di una vasta area demaniale per un’attività d’impresa può essere considerata un ‘fatto di particolare tenuità’?
No, la Corte ha stabilito che una condotta non occasionale, posta in essere nell’ambito di un’attività d’impresa e con un’organizzazione correlata (come l’uso di numerosi ombrelloni e sedie), arrecando una lesione non modesta al bene protetto, non possiede i requisiti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Un giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena alla pubblicazione della sentenza se nel processo non c’è una parte civile?
No, la pubblicazione della sentenza come forma di riparazione del danno non patrimoniale può essere disposta solo su richiesta della parte civile. In assenza di tale parte, il giudice non può ordinare la pubblicazione né, tantomeno, subordinare ad essa il beneficio della sospensione condizionale della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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