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Occupazione demaniale: serve il dolo, non la colpa

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per occupazione demaniale arbitraria, ribadendo un principio fondamentale: per questo reato è necessaria la prova del dolo, ovvero l’intenzione cosciente di occupare l’area pubblica, e non è sufficiente la semplice negligenza. Il caso riguardava il legale rappresentante di uno stabilimento balneare, condannato per aver posizionato ombrelloni e lettini oltre i limiti della concessione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rinviando il caso al Tribunale per una nuova valutazione sull’effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione Demaniale Arbitraria: la Cassazione Conferma la Necessità del Dolo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5168/2024) ha riaffermato un principio cruciale in materia di occupazione demaniale: per configurare il reato non basta la negligenza, ma è indispensabile dimostrare il dolo, ossia la precisa volontà di agire contro la legge. Questa decisione ha portato all’annullamento di una condanna nei confronti del titolare di uno stabilimento balneare, chiarendo la differenza tra un errore e un’azione deliberata.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale di Lecce al legale rappresentante di una società titolare di un resort balneare. L’imputato era stato accusato di aver occupato abusivamente un’area demaniale marittima di circa 1.132 mq, installando 105 ombrelloni e 210 lettini senza la necessaria autorizzazione del Capo del Compartimento. Il Tribunale lo aveva condannato al pagamento di un’ammenda di 600 euro per il reato previsto dagli articoli 54 e 1161 del Codice della Navigazione, ritenendo sufficiente la sua negligenza nel vigilare sull’attività.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, basando il ricorso su diversi motivi. Il punto centrale era l’errata applicazione della legge penale. Secondo i legali, il reato di occupazione demaniale arbitraria richiede, per sua natura, la sussistenza del dolo. L’uso dell’avverbio “arbitrariamente” nella norma non lascerebbe spazio a interpretazioni: la condotta deve essere intenzionale. Il Tribunale, invece, aveva erroneamente considerato il reato come una contravvenzione colposa, affermando che “non è neppure necessario il dolo essendo sufficiente la semplice negligenza”.

Inoltre, la difesa lamentava la mancanza di motivazione sulla sussistenza dell’elemento soggettivo e l’errata quantificazione della pena, superiore al massimo edittale previsto dalla legge.

Occupazione demaniale: la distinzione tra Dolo e Colpa

Il cuore della questione giuridica risiede nella natura dell’elemento soggettivo richiesto per il reato di abusiva occupazione demaniale. La Cassazione ha pienamente accolto la tesi difensiva, ribadendo la sua consolidata giurisprudenza in materia. I giudici hanno chiarito che il reato di occupazione arbitraria è una “fattispecie contravvenzionale a struttura tipicamente dolosa”.

L’avverbio “arbitrariamente” inserito dal legislatore nella descrizione della condotta implica che, per integrare il reato, è necessaria “la precisa consapevolezza di agire in violazione degli elementi normativi del reato”. In altre parole, chi occupa l’area deve sapere di farlo senza titolo e con l’intenzione di sottrarla all’uso pubblico. Il Tribunale, ritenendo sufficiente la colpa, ha commesso un palese errore di diritto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata, accogliendo il primo motivo di ricorso e assorbendo gli altri. Ha stabilito che il Tribunale di Lecce dovrà celebrare un nuovo giudizio, questa volta valutando correttamente la sussistenza o meno del dolo in capo all’imputato. Non basterà più provare che egli, in qualità di concessionario e amministratore, abbia omesso di vigilare; sarà necessario dimostrare che avesse la piena coscienza e volontà di occupare un’area demaniale non in concessione.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura rigorosa della norma e su un orientamento giurisprudenziale costante. La sentenza evidenzia come il Tribunale sia incorso in un vizio di violazione di legge nel momento in cui ha declassato il requisito soggettivo del reato da dolo a colpa. La Corte ha anche rilevato la fondatezza del motivo relativo all’illegalità della pena: l’ammenda di 600 euro superava il limite massimo di 516 euro stabilito dalla legge per tale contravvenzione.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza la garanzia per i cittadini e gli operatori del settore, distinguendo nettamente tra un errore in buona fede (ad esempio, un errato calcolo delle superfici dovuto alla mutevolezza della linea di costa) e una deliberata violazione della legge. Per aversi una condanna per occupazione demaniale arbitraria, l’accusa dovrà sempre fornire la prova di una volontà cosciente e intenzionale di commettere l’illecito. Il caso torna ora al Tribunale di Lecce, che dovrà applicare correttamente questo principio fondamentale.

Cosa è necessario per essere condannati per il reato di occupazione demaniale arbitraria?
Per essere condannati per questo reato è necessario che venga provato il dolo, ovvero la coscienza e la volontà di occupare un’area demaniale senza autorizzazione. Non è sufficiente la semplice colpa o negligenza.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza?
La Corte ha annullato la sentenza perché il Tribunale ha commesso un errore di diritto, ritenendo erroneamente che per il reato di occupazione demaniale fosse sufficiente la colpa (negligenza) invece del dolo (intenzione), come invece richiesto dalla legge e dalla giurisprudenza costante.

Una sanzione penale può superare il massimo previsto dalla legge?
No, una sanzione penale non può mai superare il massimo edittale stabilito dalla norma. Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che l’ammenda di 600 euro inflitta era illegale perché superiore al limite di 516 euro previsto per quella contravvenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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