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Occupazione demaniale: nuova condotta dopo oblazione

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un gestore di uno stabilimento balneare accusato di occupazione demaniale. Nonostante avesse estinto un precedente reato simile tramite oblazione, una nuova occupazione ha portato a un nuovo sequestro. Il tribunale del riesame aveva annullato il sequestro invocando il principio del ‘ne bis in idem’ (non si può essere processati due volte per lo stesso fatto). La Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la prosecuzione dell’occupazione dopo l’oblazione costituisce un reato nuovo e distinto, giustificando pienamente il nuovo provvedimento cautelare. Il caso è stato rinviato al tribunale per un nuovo esame.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione Demaniale: Pagare l’Oblazione Non Salva da un Nuovo Sequestro

La gestione delle aree costiere è una questione delicata, dove il confine tra uso legittimo e occupazione demaniale abusiva può essere sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7161/2024) getta luce su un aspetto cruciale: cosa succede quando, dopo aver estinto un reato di occupazione abusiva tramite oblazione, si prosegue con la condotta illecita? La risposta della Corte è netta e rappresenta un importante monito per gli operatori del settore balneare.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda il gestore di uno stabilimento balneare, al quale era stato contestato il reato di invasione di terreni per aver occupato abusivamente aree del demanio marittimo prospicienti la sua attività. Un primo procedimento penale si era concluso con il pagamento di un’oblazione da parte dell’indagato, un meccanismo che estingue i reati minori.

Tuttavia, successivamente, le autorità hanno accertato una nuova occupazione delle medesime aree, avvenuta nella stagione estiva successiva. Ciò ha portato all’emissione di un nuovo decreto di sequestro preventivo per impedire la prosecuzione del reato. L’indagato ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del riesame, il quale ha annullato il sequestro, ritenendo che si trattasse dello stesso fatto già coperto dall’oblazione e che, quindi, si violasse il principio del ne bis in idem (divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto).

Il Procuratore della Repubblica ha quindi proposto ricorso in Cassazione contro questa decisione, sostenendo che si trattasse di una condotta nuova e autonoma, e non di una semplice continuazione della precedente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici hanno stabilito che il Tribunale del riesame aveva commesso un errore di valutazione, sia travisando i fatti sia applicando erroneamente i principi giuridici in materia.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su argomentazioni giuridiche precise e consolidate che meritano un’analisi approfondita.

La Nuova Condotta di Occupazione Demaniale dopo l’Oblazione

Il punto centrale della decisione è che la prosecuzione dell’occupazione dopo l’estinzione del reato precedente per oblazione costituisce un fatto giuridicamente nuovo. La Cassazione, richiamando la propria giurisprudenza costante, ha chiarito che in questi casi non è necessaria una nuova “invasione” del terreno. La condotta illecita si sostanzia nella semplice “prosecuzione dell’occupazione”.

L’oblazione ha l’effetto di chiudere il capitolo sul reato passato, ma non fornisce alcuna ‘immunità’ per il futuro. Riprendere a occupare l’area demaniale, anche il giorno dopo l’estinzione del reato, dà vita a una nuova violazione della legge, pienamente perseguibile.

Il Travisamento delle Prove da Parte del Tribunale

La Corte ha inoltre censurato il Tribunale del riesame per aver commesso un “travisamento del fatto”. Il Pubblico Ministero aveva infatti prodotto nuove prove, tra cui consulenze tecniche e gli esiti del nuovo sequestro, che dimostravano la ripresa dell’attività illecita. In particolare, era stato accertato che ombrelloni, tavolini e altre attrezzature erano stati semplicemente rimossi e accatastati ai margini dell’area demaniale, pronti per essere nuovamente posizionati.

Questo elemento, un novum probatorio, è stato ignorato dal Tribunale, che ha erroneamente concluso che la nuova condotta non avesse investito il demanio. Al contrario, secondo la Cassazione, tale circostanza dimostrava proprio l’intenzione di continuare l’occupazione, configurando la persistenza del reato.

Le Conclusioni

La sentenza n. 7161/2024 della Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale: l’oblazione non è una sanatoria per il futuro. Estingue la responsabilità per la condotta passata, ma non legittima in alcun modo la sua reiterazione. Per gli operatori del settore, il messaggio è chiaro: una volta accertata un’occupazione demaniale abusiva ed estinto il reato, è necessario cessare immediatamente e definitivamente ogni attività illecita su aree pubbliche. La prosecuzione, anche se apparentemente identica alla precedente, sarà considerata un nuovo reato, con tutte le conseguenze del caso, incluso un nuovo sequestro dei beni e dell’area.

Pagare un’oblazione per occupazione demaniale abusiva permette di continuare l’attività?
No. La sentenza chiarisce che l’oblazione estingue il reato passato, ma ogni successiva prosecuzione dell’occupazione costituisce una condotta illecita nuova e autonoma, che può essere perseguita penalmente e soggetta a un nuovo sequestro.

Cosa si intende per “nuova condotta” in un caso di occupazione demaniale?
Secondo la Corte, una “nuova condotta” non richiede una nuova “invasione” del terreno. Si configura semplicemente con la prosecuzione dell’occupazione dopo che il precedente reato è stato estinto (ad esempio, tramite oblazione). Anche l’accatastamento di attrezzature ai margini dell’area demaniale, pronto per un nuovo utilizzo, può essere considerato prova della persistenza dell’illecito.

Il principio del ne bis in idem si applica se si viene accusati di nuovo per la stessa occupazione?
No, in questo specifico contesto non si applica. Il principio del ne bis in idem (non essere processati due volte per lo stesso fatto) è valido, ma la Corte considera l’occupazione successiva all’oblazione come un fatto nuovo e distinto dal precedente, anche se riguarda la stessa area. Pertanto, non si tratta di un secondo processo per lo stesso reato, ma di un nuovo processo per un nuovo reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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