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Occupazione abusiva: reato permanente e condanna

Una donna, condannata per una prolungata occupazione abusiva, ha presentato ricorso in Cassazione invocando il principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto) a causa di una precedente condanna. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l’occupazione abusiva è un reato permanente. Di conseguenza, la prosecuzione della condotta illecita dopo la prima sentenza costituisce un nuovo e distinto reato, al quale si applica la legge in vigore al momento della cessazione dell’illecito, anche se più severa.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione Abusiva: Quando la Condotta si Protrae Diventa un Nuovo Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9276 del 2025, offre un importante chiarimento sulla natura giuridica del reato di occupazione abusiva di immobili. La pronuncia stabilisce principi cruciali riguardo al concetto di reato permanente, all’applicazione del divieto di doppio processo (ne bis in idem) e alla legge applicabile in caso di modifiche normative. Il caso riguarda una persona che ha continuato a occupare un immobile per anni, anche dopo aver subito una prima condanna per lo stesso fatto.

I Fatti: Un’Occupazione Protrattasi per Oltre un Decennio

Una donna veniva condannata per il reato di invasione di edifici, previsto dall’art. 633 del Codice Penale, per aver occupato abusivamente un immobile dal maggio 2006 al dicembre 2020. La particolarità della vicenda risiedeva nel fatto che l’imputata aveva già subito una precedente condanna per la medesima occupazione, con una sentenza divenuta irrevocabile nel 2012. Nonostante ciò, la permanenza illecita nell’abitazione era continuata ininterrottamente, portando a un nuovo procedimento penale.

I Motivi del Ricorso: Tra “Ne Bis in Idem” e Stato di Necessità

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su quattro argomenti principali:

1. Violazione del principio del ne bis in idem: Si sosteneva che la nuova condanna violasse il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto, poiché la condotta era la stessa della precedente condanna.
2. Trattamento sanzionatorio: Si contestava l’applicazione di una legge più severa, introdotta nel 2018, a un’occupazione iniziata molti anni prima, sotto una normativa più favorevole.
3. Stato di necessità: Si invocava la scriminante dello stato di necessità (art. 54 c.p.), motivata da difficoltà economiche, dalla necessità di assistere un figlio con invalidità e dall’impossibilità di trovare un alloggio alternativo.
4. Particolare tenuità del fatto: Si richiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede la non punibilità per fatti di minima offensività.

L’Analisi della Corte sull’Occupazione Abusiva

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le argomentazioni della difesa. Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione dell’occupazione abusiva come reato permanente. A differenza di un reato istantaneo, che si esaurisce nel momento in cui viene commesso, il reato permanente si caratterizza per una condotta illecita che si protrae nel tempo per volontà dell’autore. L’offesa al bene giuridico tutelato (il diritto di proprietà) continua finché l’occupante non abbandona volontariamente l’immobile.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara interpretazione giuridica. Anzitutto, viene respinta la tesi del ne bis in idem. I giudici hanno chiarito che la permanenza nell’immobile dopo la prima sentenza di condanna non è una mera prosecuzione del reato già giudicato, ma integra una nuova e autonoma ipotesi di reato. La prima condanna, infatti, interrompe la permanenza della condotta precedente; se l’agente non lascia l’immobile, la sua successiva permanenza dà vita a un nuovo illecito.

Sul trattamento sanzionatorio, la Corte ha stabilito che, data la natura permanente del reato, la legge applicabile è quella in vigore nel momento in cui la condotta illecita cessa. Poiché l’occupazione si era protratta fino al 2020, era corretto applicare la normativa più severa introdotta nel 2018, che prevede la pena della reclusione congiunta alla multa. La volontà di continuare nella condotta antigiuridica anche sotto la vigenza della nuova legge giustifica l’applicazione di quest’ultima.

Infine, la Corte ha considerato manifestamente infondate le richieste relative allo stato di necessità e alla particolare tenuità del fatto. La difesa non aveva fornito prova piena dell’indigenza economica, e la gravità e la durata eccezionale della condotta (oltre quattordici anni) escludevano la possibilità di considerarla di lieve entità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale con importanti conseguenze pratiche. Chi commette un’occupazione abusiva deve essere consapevole che ogni giorno di permanenza illecita rinnova l’offesa. Una condanna non ‘cristallizza’ la situazione né garantisce impunità per il futuro: la prosecuzione dell’occupazione dopo una sentenza definitiva configura un nuovo reato, autonomamente perseguibile e punibile secondo le leggi vigenti al momento della sua cessazione. Questo principio rafforza la tutela del diritto di proprietà e serve da monito contro la persistenza in condotte illegali, sottolineando che la funzione preventiva della norma penale opera fino all’esaurimento completo del comportamento antigiuridico.

L’occupazione abusiva di un immobile è un reato istantaneo o permanente?
Secondo la Corte di Cassazione, l’occupazione abusiva di un immobile, quando si protrae nel tempo, costituisce un reato permanente. L’illecito non si esaurisce con l’invasione iniziale, ma perdura per tutto il tempo in cui l’agente mantiene volontariamente l’occupazione.

Continuare a occupare un immobile dopo una condanna costituisce un nuovo reato?
Sì. La sentenza chiarisce che la protrazione del comportamento illecito dopo una sentenza di condanna definitiva dà luogo a una nuova e autonoma ipotesi di reato. La prima condanna interrompe la continuità della condotta, pertanto la permanenza successiva è un fatto nuovo e distinto.

Se la legge sulla pena per l’occupazione abusiva cambia, quale si applica a una condotta che dura da anni?
Si applica la legge in vigore al momento della cessazione della condotta illecita. Essendo un reato permanente, il momento della commissione si considera protratto fino all’ultimo istante della permanenza. Pertanto, se nel frattempo entra in vigore una legge più severa, questa sarà applicabile all’intera condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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