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Occupazione abusiva: quando subentrare è reato

La Corte di Cassazione ha confermato che l’occupazione abusiva di un alloggio pubblico costituisce reato, anche quando si subentra con l’autorizzazione del precedente assegnatario. La Corte ha chiarito che l’arbitrarietà della condotta consiste nell’occupare l’immobile senza un titolo valido emesso dall’ente pubblico, rendendo irrilevante il modo in cui si è entrati. Il permesso dell’ex inquilino non può legittimare un’occupazione che elude le procedure di assegnazione pubblica. Di conseguenza, i ricorsi degli imputati sono stati respinti.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Occupazione Abusiva: Quando il Subentro in un Alloggio Pubblico Diventa Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande attualità e rilevanza sociale: l’occupazione abusiva di alloggi di edilizia residenziale pubblica. La questione centrale è se subentrare in un appartamento pubblico, con il consenso del precedente legittimo assegnatario, costituisca reato. La Suprema Corte ha fornito una risposta netta, aderendo all’orientamento più rigoroso e confermando la condanna per gli occupanti.

I Fatti del Caso: Il Subentro Conteso

Due persone venivano condannate dalla Corte d’Appello per il reato di invasione di terreni o edifici, previsto dall’art. 633 del codice penale. La loro colpa era quella di aver occupato un immobile di proprietà di un ente pubblico. In loro difesa, gli imputati sostenevano di essere ‘subentrati’ al precedente possessore con la sua autorizzazione e che, pertanto, mancasse l’elemento dell’arbitrarietà, essenziale per configurare il reato. Facevano leva su un orientamento giurisprudenziale secondo cui non commette reato chi subentra in un appartamento pubblico con il permesso del precedente detentore, in quanto mancherebbe l’atto di ‘introduzione dall’esterno’ tipico dell’invasione.

La Decisione della Corte sulla questione dell’occupazione abusiva

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, confermando la condanna. I giudici hanno scelto di aderire all’orientamento interpretativo più severo, ritenendolo più coerente con la finalità della norma penale. Secondo la Corte, il reato di invasione di edifici si configura ogni volta che un immobile viene occupato ‘sine titulo’, ovvero senza un legittimo titolo che lo giustifichi. Il consenso del precedente inquilino è stato giudicato del tutto irrilevante ai fini penali.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha chiarito che il bene giuridico tutelato dall’articolo 633 del codice penale è l’interesse pubblico all’inviolabilità del patrimonio immobiliare, garantendo che terreni ed edifici siano liberi da occupazioni non autorizzate. Il termine ‘invasione’ non va inteso nel suo significato comune di azione violenta, ma come ‘introduzione abusiva’ finalizzata a un’occupazione stabile.

L’elemento chiave del reato è l’arbitrarietà della condotta, che sussiste ogni volta che si agisce ‘contra ius’, cioè senza averne il diritto. Nel caso degli alloggi pubblici, l’unico titolo che legittima l’occupazione è il provvedimento di assegnazione emesso dall’ente proprietario, secondo procedure pubbliche e regolamentate. L’assegnatario, pur essendo il legittimo detentore, non ha il potere di trasferire a terzi il possesso o la detenzione dell’immobile.

Consentire il subentro sulla base di un accordo privato tra l’assegnatario e un terzo significherebbe, secondo la Corte, legalizzare occupazioni arbitrarie che violano le procedure di assegnazione e ledono i diritti di chi è legittimamente in lista d’attesa. Anche la mera ospitalità o un rapporto di parentela non creano un titolo giuridico per rimanere nell’immobile dopo che l’assegnatario se ne è andato. La condotta di chi subentra, anche con il permesso del precedente inquilino, è quindi considerata un’occupazione abusiva e, di conseguenza, un reato.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un principio fondamentale: la gestione degli alloggi pubblici è governata da regole di interesse pubblico che non possono essere derogate da accordi privati. Chiunque occupi un alloggio popolare senza un formale atto di assegnazione da parte dell’ente competente commette un reato, a prescindere dalle modalità con cui è entrato in possesso dell’immobile. Il consenso o l’autorizzazione del precedente inquilino non hanno alcun valore scriminante, poiché quest’ultimo non può disporre di un bene che non è suo. La pronuncia serve da monito contro le ‘cessioni’ informali di alloggi pubblici, riaffermando che l’unico percorso legale per ottenere un’abitazione popolare è quello previsto dalle procedure amministrative.

Subentrare in un alloggio pubblico con il permesso del precedente inquilino è reato?
Sì, la sentenza chiarisce che questa condotta integra il reato di occupazione abusiva (invasione di edifici). Il permesso del precedente assegnatario è giuridicamente irrilevante, poiché egli non ha il diritto di trasferire a terzi il possesso di un bene pubblico.

Cosa significa che l’invasione deve essere ‘arbitraria’?
‘Arbitraria’ significa che l’introduzione e la successiva occupazione avvengono ‘contra ius’, ovvero senza un titolo giuridico che le giustifichi. Per un alloggio pubblico, l’unico titolo valido è il provvedimento di assegnazione emesso dall’ente competente secondo le procedure di legge.

È possibile chiedere la sospensione condizionale della pena per la prima volta in Cassazione?
No. La sentenza ribadisce che il beneficio della sospensione condizionale della pena deve essere richiesto nei gradi di merito del processo (primo grado o appello). Non può essere validamente richiesto per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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