Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21517 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21517 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 23/04/2025 R.G.N. 7625/2025
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: COGNOME COGNOME nato a PANTELLERIA il 24/06/1991 COGNOME NOME nato a ERICE il 15/07/1982 avverso la sentenza del 17/10/2024 della Corte d’appello di Palermo udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni con le quali il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso di COGNOME ed il parziale accoglimento del ricorso di COGNOME COGNOME con riferimento alla sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente;
letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME per COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME per COGNOME la quale ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 17/10/2024 la Corte d’appello di Palermo, su appello del Pubblico Ministero, ha riformato la sentenza di primo grado e condannato gli imputati COGNOME e COGNOME alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di cui agli artt. 633, 639 bis cod. pen.,
2.Avverso detta sentenza, con un unico atto impugnatorio, ricorrono per cassazione i predetti COGNOME e COGNOME deducendo, con un primo motivo, violazione di legge ed illogicità della motivazione per avere il giudice di appello ravvisato gli estremi del delitto di invasione di terreni pur rilevando che gli occupanti erano subentrati al precedente possessore e, pertanto, difettava l’elemento della arbitrarietà dell’occupazione.
A sostegno della propria tesi, il ricorso richiama l’orientamentogiurisprudenziale secondo cui ‘Non integra il reato di invasione di terreni o edifici la condotta del soggetto che subentra nell’appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore ( (Sez. 2, n. 15874 del 30/01/2019, Rv. 276416).
3.Con un secondo motivo i predetti ricorrenti lamentano violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. ed evidenziano che la Corte di merito pur avendo ritenuto sussistente, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, una situazione di disagio economico ed il tentativo degli imputati di regolarizzare la propria situazione, ha escluso la ricorrenza della invocata causa di non punibilità.
4.Con un terzo motivo la sola COGNOME si duole dell’avvenuta sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria e chiede la concessione della sospensione condizionale della pena.
Con una memoria datata 15/04/2025, l’avv. NOME COGNOME sostituto processuale dei difensori fiduciari, ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
1.I ricorsi sono basati su motivi in parte infondati in parte aspecifici e vanno rigettati.
Quanto al primo motivo osserva il Collegio che in tema di occupazione abusiva di immobili, qualora il soggetto subentri nell’immobile di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del legittimo detentore, esistono due orientamenti contrastanti.
Un primo indirizzo ermeneutico parte dalla considerazione per cui nel reato di invasione di terreni o edifici la nozione di “invasione” non si riferisce all’aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce “arbitrariamente”, ossia “contra ius” in quanto privo del diritto d’accesso, per cui la conseguente “occupazione” costituisce l’estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l’abusiva invasione (Sez. 2, n. 26957 del 27/3/2019, Rv. 277019 ).
Nella scia di tale impostazione Ł stato, altresì, sostenuto che integra il reato di cui all’art. 633 cod. pen. la condotta di chi, inizialmente ospitato a titolo di cortesia dall’assegnatario di un immobile di edilizia residenziale pubblica, vi permanga anche dopo l’allontanamento dell’avente diritto, comportandosi come
“dominus” o possessore, atteso che la “mera ospitalità” non costituisce un legittimo titolo per l’occupazione dell’immobile (Sez. 2, n. 49527 del 8/10/2019, Rv. 278828) e che il versamento all’ente pubblico proprietario dell’immobile dell’indennità di occupazione ovvero il rilascio all’imputato di un certificato di residenza indicante quale luogo d’abitazione l’immobile occupato e l’allaccio delle utenze domestiche non escludono la sussistenza del reato, già perfezionato con l’abusiva introduzione nell’immobile e la destinazione dello stesso a propria stabile dimora (Sez. 2, n. 3436 del 27/11/2019, Rv. 277820).
Secondo altro orientamento, invece, non integra il reato di invasione di terreni o edifici la condotta del soggetto che subentra nell’appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore, atteso che, quand’anche il subentro fosse autorizzato in violazione di vincoli imposti all’assegnatario, ciò potrebbe avere rilevanza ai fini amministrativi o civilistici, ma non sarebbe sufficiente ad integrare il comportamento sanzionato dall’art. 633 cod. pen., che presuppone l’introduzione arbitraria e dall’esterno (Sez. 2, n. 15874 del 30/1/2019, Rv. 276416 ).
In altri termini, poichØ la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione, tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato. Di conseguenza, non Ł configurabile il reato di cui all’art. 633 cod. pen. laddove il ricorrente subentri nell’appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore, legato a lui da vincoli di affinità: in tal caso deve escludersi la rilevanza del possesso o meno delle condizioni richieste per l’assegnazione, posto che detta circostanza può valere a fini amministrativi o civilistici, mentre non rileva sotto il profilo penalistico (Sez. 3, n. 48050 del 26/9/2018, che richiama tra le altre Sez. 2, n. 2337 del 1/12/2005, Rv. 233140 e Sez. 2, n. 23756 del 4/6/2009, Rv. 244667).
Nello stesso senso Ł stato ritenuto che non integra il reato di invasione arbitraria di edifici il persistere nell’occupazione di un alloggio IACP, continuando a versare il canone locativo, da parte di soggetto legato da pregresso rapporto di convivenza con l’assegnatario, che abbia ivi la propria residenza, da intendersi quale luogo di volontaria e persistente dimora del soggetto, a prescindere da una corrispondenza di tale situazione di fatto con le relative annotazioni sui registri anagrafici (Sez. 2, n. 49101 del 4/12/2015, Rv. 265514).
3.Tanto premesso, ritiene il Collegio di condividere il primo orientamento per i motivi che seguono.
Deve essere opportunamente premesso che nel reato di cui all’art. 633 cod. pen. oggetto
specifico della tutela penale Ł l’interesse pubblico alla inviolabilità del patrimonio immobiliare, in relazione alla protezione del diritto – spettante ai privati, allo Stato o ad altri enti pubblici – di conservare i terreni o edifici legittimamente posseduti liberi da invasioni di persone non autorizzate.
Dunque, il termine «invasione» non Ł assunto nel significato comune di questa parola, che richiama una azione irruenta e impetuosa, ma in quello di introduzione abusiva non momentanea nel terreno o nell’edificio altrui allo scopo di occuparlo o comunque di trarne profitto. Di conseguenza, i mezzi e il modo con cui avviene l’invasione sono indifferenti, nØ Ł necessario che ricorra il requisito della clandestinità, che costituisce uno degli elementi dello spoglio civile
(art. 1168 cod. civ.), di talchØ l’invasione può commettersi anche palesemente e senza violenza neppure sulle cose o senza inganno.
Unico requisito dell’introduzione Ł l’arbitrarietà, vale a dire che essa avvenga contra ius: agisce «arbitrariamente» chi non ha il diritto o altra legittima facoltà di entrare nell’altrui terreno o edificio allo scopo di occuparlo o di trarne altrimenti profitto.
Non può essere, dunque, condivisa l’affermazione contenuta nella sentenza n. 15874/2019 citata, secondo cui il concetto di invasione andrebbe ricondotto ad una qualunque introduzione dall’esterno con modalità violente, con la conseguenza che il semplice “subentro” nel godimento di un appartamento di un soggetto ad un altro, che aveva un legittimo titolo occupativo sul bene oggetto della “nuova occupazione”, previa autorizzazione di quest’ultimo, non rappresenterebbe comportamento tale da poter essere qualificato come invasione in senso penalistico e nemmeno può essere condivisa l’ulteriore affermazione riconducibile al secondo orientamento secondo cui sarebbe irrilevante il possesso o meno delle condizioni richieste per l’assegnazione, in quanto tale circostanza potrebbe valere solo a fini amministrativi o civilistici, mentre non rileverebbe sotto il profilo penalistico. Sul punto, giova evidenziare che, poichØ l’art. 633 cod. pen. tutela la destinazione pubblicistica del bene, ciò che rileva Ł il mancato rispetto delle regole nell’individuazione del soggetto assegnatario che deve avvenire secondo forme, non arbitrarie e soggettive, ma pubbliche e regolate, tanto che nemmeno l’acquiescenza dell’ente proprietario elide la situazione di arbitrarietà, non potendo gli organi dell’ente sottrarsi al dovere di assegnazione sulla base dei criteri legali (Sez. 2, n. 53005 del 11/11/2016, Rv. 268711; Sez. 5, n. 482 del 12/6/2014, Rv. 262204 – 01).
Il reato di invasione deve, dunque, ritenersi configurabile ogniqualvolta si occupa un immobile sine titulo e come occupazione di un immobile sine titulo devono considerarsi le condotte di chi subentra nell’appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore ovvero di chi occupa l’immobile a titolo di mera cortesia o ancora, come nel caso oggetto di scrutinio, in virtø di un rapporto di parentela con l’originario e legittimo assegnatario. La conseguente “occupazione” deve ritenersi, pertanto, l’estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l’abusiva invasione.
Ed invero, deve rilevarsi come l’autorizzazione del precedente legittimo detentore o la mera ospitalità ovvero il rapporto di parentela con il legittimo assegnatario non determina l’instaurazione di una relazione giuridica di detenzione qualificata ovvero di possesso con l’immobile e, pertanto, la permanenza dell’ospite o del congiunto, nonostante l’allontanamento o, come nel caso di specie, il consenso dell’occupante legittimo che si allontanava, non può saldarsi con la precedente relazione dell’avente diritto. Contrariamente argomentando, anche il rapporto di amicizia potrebbe legittimare il passaggio della detenzione dell’immobile dal legittimo assegnatario a chi invece non ha i requisiti per l’assegnazione dell’alloggio.
In conclusione, ritiene il Collegio che in tutti questi casi si sia in presenza di una occupazione dell’immobile senza un titolo legittimo: l’assegnatario – si ribadisce – non Ł legittimato a trasferire la detenzione od il possesso dell’immobile, in quanto, come si Ł evidenziato, l’assegnazione avviene
secondo procedure ed in presenza dei presupposti soggettivi stabiliti dalla legge, ragion per cui chi subentra con l’autorizzazione dell’originario assegnatario deve essere considerato occupante arbitrario dell’immobile, perchØ lo occupa contra ius. Una siffatta impostazione ermeneutica consente anche di evitare strumentalizzazioni e speculazioni, avuto riguardo alla delicatissima questione della distribuzione e ripartizione delle limitate risorse pubbliche in tema di alloggi popolari ed evita il paradosso che si legalizzino occupazioni arbitrarie in quanto poste in essere in violazione delle procedure di assegnazione.
Il secondo motivo di ricorso reitera medesime doglianze inerenti al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale che ha escluso la ricorrenza in concreto della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. con una motivazione congrua ed esaustiva, che ha tenuto conto delle modalità e circostanze del fatto, oltre che della gravità del danno, in considerazione del rilevante arco temporale per cui si Ł protratta la occupazione .
Infondato Ł, infine, anche il terzo motivo di ricorso.
Va ricordato che la sentenza di appello ha riformato la pronuncia assolutoria ed ha condannato gli imputati alla pena di mesi otto di reclusione ed euro cento di multa ciascuno, sostituendo la pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente.
La ricorrente COGNOME si duole della mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena invocandone l’applicazione per la prima volta, in questa sede di legittimità.
Va ricordato che i presupposti formali per la sostituzione della pena detentiva sono divenuti attuali solo a seguito della definizione del giudizio di secondo grado, sicchŁ Ł dato al giudice di appello di applicare le pene sostitutive anche d’ufficio, e senza necessità del consenso dell’interessato, trattandosi di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria (Sez. 6, n. 30711 del 30/05/2024, Rv. 286830).
Deve altresì rilevarsi come il beneficio della sospensione condizionale non sia stato mai richiesto nel giudizio di merito pertanto l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, Rv. 275376).
6.Per quanto complessivamente esposto i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 23/04/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME