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Occupazione abusiva: quando non c’è stato di necessità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona condannata per occupazione abusiva. La Corte ha ribadito che la difficoltà economica permanente non integra lo “stato di necessità”, il quale richiede un pericolo imminente di danno grave alla persona. Pertanto, l’occupazione di un immobile per far fronte a esigenze abitative non è scriminata se non sussistono tali rigorosi presupposti.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione abusiva e stato di necessità: la Cassazione traccia i confini

L’occupazione abusiva di un immobile è una questione complessa che si colloca al confine tra il diritto di proprietà e le difficoltà sociali. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti della causa di giustificazione dello stato di necessità, chiarendo che una condizione di difficoltà economica, per quanto grave e permanente, non è di per sé sufficiente a scriminare il reato.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di una persona per il reato di occupazione abusiva di un immobile. La decisione, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, veniva impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. La ricorrente lamentava, tra le altre cose, l’illogicità della motivazione della sentenza di condanna e, soprattutto, il mancato riconoscimento dello stato di necessità (art. 54 c.p.) e della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) come cause di non punibilità.

I motivi del ricorso: una difesa tra vizio di motivazione e stato di necessità

La difesa dell’imputata si fondava su due pilastri principali. In primo luogo, si contestava la coerenza logica della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. In secondo luogo, e in via subordinata, si sosteneva che l’occupazione abusiva fosse stata determinata da una situazione di necessità, legata a difficoltà economiche e abitative, che avrebbe dovuto escludere la punibilità della condotta.

La decisione della Corte di Cassazione sull’occupazione abusiva

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si basa su un’analisi rigorosa dei motivi di ricorso, ritenuti infondati e aspecifici.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno innanzitutto qualificato il primo motivo di ricorso come una mera ripetizione di argomentazioni già presentate e respinte in appello. La Corte ha ricordato che il giudizio di Cassazione non può trasformarsi in una terza valutazione del merito dei fatti, ma deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, la Corte territoriale aveva fornito una motivazione precisa e concludente, immune da vizi logici.

Di particolare interesse è l’analisi sul secondo motivo. La Corte ha ritenuto la doglianza relativa alla particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) generica, in quanto non supportata da elementi specifici idonei a giustificarne l’applicazione. Per quanto riguarda lo stato di necessità (art. 54 c.p.), la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: l’occupazione abusiva è scriminata solo in presenza di un “pericolo imminente di danno grave alla persona”.

Una difficoltà economica permanente, pur essendo una condizione socialmente rilevante, non integra di per sé questo requisito. Non è possibile, secondo la Corte, legittimare “una surrettizia soluzione delle esigenze abitative” al di fuori delle procedure pubbliche previste dalla legge, come quelle per l’assegnazione degli alloggi popolari, che sono specificamente destinate a risolvere tali problematiche.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma con forza la linea rigorosa della giurisprudenza in materia di occupazione abusiva. La decisione sottolinea che le difficoltà economiche e abitative non possono essere utilizzate come un passe-partout per giustificare la violazione del diritto di proprietà. Lo stato di necessità opera solo in situazioni eccezionali e circoscritte, caratterizzate da un pericolo attuale e inevitabile per l’incolumità fisica della persona. Per affrontare il disagio abitativo, il nostro ordinamento prevede strumenti specifici, e sono quelli i canali che devono essere percorsi, senza ricorrere a soluzioni illegali che, come dimostra questo caso, non trovano tutela in sede giudiziaria.

Una difficoltà economica permanente può giustificare l’occupazione abusiva di un immobile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo stato di necessità richiede un pericolo imminente di danno grave alla persona. Una difficoltà economica stabile e duratura non integra questo requisito e non può essere usata per giustificare una soluzione abitativa illegale.

Perché la Corte ha considerato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati erano ritenuti o ripetitivi di argomenti già valutati e respinti nei gradi di giudizio precedenti (aspecifici), oppure erano formulati in modo generico, senza fornire elementi concreti a loro supporto.

Cosa deve dimostrare una persona che invoca lo stato di necessità per un’occupazione abusiva?
Deve dimostrare l’esistenza di un pericolo attuale e imminente di un danno grave alla propria persona (o a quella di altri), che non poteva essere evitato in altro modo. La semplice mancanza di un’abitazione a causa di problemi economici non è, di per sé, sufficiente a provare tale stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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