Occupazione Abusiva: Stato di Necessità e Ricorso Inammissibile secondo la Cassazione
L’occupazione abusiva di immobili è un tema di grande attualità che solleva complesse questioni giuridiche, in particolare quando si interseca con situazioni di disagio abitativo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti della difesa basata sullo stato di necessità e sui requisiti di ammissibilità del ricorso, delineando un quadro rigoroso per chi si appella alla Suprema Corte.
I Fatti del Caso: L’Occupazione e il Percorso Giudiziario
Tre individui venivano condannati nei gradi di merito per il reato di invasione di edifici, previsto dall’art. 633 del codice penale, per aver occupato illegittimamente un immobile a Bologna. Contro la sentenza della Corte d’Appello, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso: Tra Edificio Abbandonato e Stato di Necessità
La difesa degli imputati si articolava su due punti fondamentali:
1. Erronea valutazione della responsabilità: Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello aveva sbagliato nel non considerare che l’immobile fosse, di fatto, in stato di abbandono. A sostegno di questa tesi, venivano citate trattative intercorse tra la proprietà e il Comune, che però non avevano portato ad alcun accordo. Inoltre, si sottolineava come lo stesso edificio presentasse misure di sicurezza volte a limitare l’accesso, un elemento che, paradossalmente, veniva interpretato come prova della noncuranza della proprietà.
2. Mancato riconoscimento dello stato di necessità: La difesa sosteneva che l’occupazione abusiva fosse giustificata da una situazione di necessità, ai sensi dell’art. 54 del codice penale. Si faceva riferimento a una comunicazione del Comune che attestava un generale disagio abitativo per le famiglie presenti nello stabile.
L’Analisi della Cassazione sull’occupazione abusiva
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. La decisione della Suprema Corte si basa su principi procedurali e sostanziali molto chiari, che meritano un’analisi approfondita.
Le Motivazioni della Decisione
Il primo motivo di ricorso è stato considerato inammissibile perché si risolveva in una “pedissequa reiterazione” di argomenti già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito che il ricorso non può essere una semplice riproposizione delle stesse difese, ma deve contenere una critica argomentata e specifica alla motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la Corte ha sottolineato che:
a) le trattative tra Comune e proprietà non si erano mai concluse con un accordo;
b) la negoziazione non aveva avuto esiti positivi;
c) la presenza di presidi per limitare l’accesso dimostrava, al contrario, la volontà della proprietà di difendere il bene, escludendo lo stato di abbandono.
Anche il secondo motivo, relativo allo stato di necessità, è stato giudicato manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel richiedere, per l’applicazione di tale scriminante nell’occupazione abusiva, che ricorrano tutti gli elementi costitutivi per l’intero periodo dell’illecito. In particolare, è necessario dimostrare l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo di un danno grave alla persona. Nel caso specifico, i ricorrenti si erano limitati a un generico riferimento al disagio abitativo, senza allegare alcun elemento concreto e specifico relativo alla loro personale situazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento offre due importanti lezioni. La prima è di natura processuale: un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve andare oltre la semplice ripetizione degli argomenti di appello e deve criticare specificamente il ragionamento giuridico del giudice precedente. In caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità con condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La seconda lezione è di diritto sostanziale: la scriminante dello stato di necessità in caso di occupazione abusiva è riconosciuta solo in circostanze eccezionali e rigorosamente provate. Non è sufficiente invocare un contesto generale di difficoltà abitativa; è indispensabile dimostrare un pericolo attuale, grave e inevitabile per la propria persona, che renda l’occupazione l’unica via percorribile per salvarsi.
Quando un ricorso in Cassazione è considerato una semplice ripetizione e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato una mera ripetizione, e quindi inammissibile, quando si limita a riproporre gli stessi motivi già presentati e rigettati nel giudizio d’appello, senza sviluppare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.
L’occupazione abusiva di un immobile può essere giustificata dallo stato di necessità?
Sì, ma solo a condizioni molto rigorose. È necessario che chi occupa l’immobile dimostri l’esistenza di un pericolo attuale di un danno grave alla persona, che tale pericolo sia inevitabile e che l’occupazione sia stata l’unica soluzione possibile per salvarsi. La prova di questi elementi deve coprire l’intera durata dell’occupazione illecita.
Un edificio con misure di sicurezza per limitare l’accesso può essere considerato in stato di abbandono?
No. Secondo la Corte, la presenza di presidi volti a impedire l’accesso non autorizzato è la prova che il proprietario non ha abbandonato l’immobile, ma anzi intende proteggerlo. Pertanto, l’occupazione di un tale edificio non può essere giustificata sostenendo che fosse abbandonato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 245 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 245 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a BOLOGNA il 29/07/1993 COGNOME NOME nato a BOLOGNA il 22/09/1995 COGNOME nato a BOLOGNA il 11/10/1994
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOMECOGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza d motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 633 cod è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di que già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, nella parte in cui evidenzia che: a) la trattativa intercorsa tra il Comune di Bologna e i proprietari dell’immobile af questi rinunciassero alla facoltà di godimento del bene non ha mai condotto alla stipulazione un accordo; b) nella lettera che il Comune ha inviato alla Questura si afferma che negoziazione intercorsa tra le parti non ha condotto ad esiti positivi; c) l’edificio non considerarsi in stato di abbandono posto che presentava vari presidi volti a limitare l’acce da parte di soggetti non legittimati;
che, per tale ragione, lo stesso deve considerarsi non specifico ma soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenz oggetto di ricorso;
che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta il mancato riconoscimento del scriminante dello stato di necessità ex art. 54 cod. pen., è manifestamente infondato in considerazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cu l’illecita occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente danno grave alla persona qualora ricorrano, per tutto il tempo dell’occupazione illecita, elementi costitutivi della scriminante;
che, nel caso di specie, l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericol sono stati in alcun modo allegati dalla difesa, se non con un generico riferimento alla miss del Comune di Bologna che accenna al disagio abitativo delle famiglie all’interno dello stabi disagio che, tuttavia, non appare riferibile nello specifico ai ricorrenti;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna de ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 3 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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