Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15128 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15128 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
Motivazione semplificata
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALCAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/06/2023 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni della difesa del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza impugnata in questa sede, ha confermato la condanna alle pene di giustizia pronunciata dal Tribunale di Trapani in data 20 settembre 2021 nei confronti di COGNOME NOME, per il reato di invasione arbitraria ed occupazione di un appartamento di proprietà di ente pubblico e destinato ad alloggio per l’edilizia popolare.
Ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato deducendo, con il primo motivo, vizio della motivazione per manifesta illogicità nella parte in cui, per rigettare il motivo di appello con cui si chiedeva il riconoscimento della causa di giustificazione dello stato di necessità, la sentenza aveva fatto leva su un dato successivo rispetto alla condotta di invasione e, quindi, al momento in cui si sarebbe dovuto valutare la sussistenza dei presupposti richiesta dall’art. 54 cod. pen. (coincidente nel caso in esame con la messa in pericolo del diritto all’abitazione).
2.1. Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge, in relazione all’art. 131 bis cod. pen., avendo la Corte escluso il ricorrere della causa di non punibilità sempre in considerazione di eventi successivi e posteriori alla condotta di reato (l’avvenuta notifica del decreto di citazione in grado di appello presso l’abitazione oggetto dell’invasione arbitraria) e agli elementi valutati dalla sentenza di primo grado; errata era anche la considerazione della rilevanza della condotta susseguente al reato, secondo il modificato tenore dell’art. 131 bis cod. pen., dovendosi limitare il rilevo di tale novum solo a favore dell’imputato. Analoghe censure muove il ricorrente quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché reiterativo oltre che manifestamente infondato.
1.1. Il profilo dell’invocata esimente prevista dall’art. 54 cod. pen. è stato esaminato dalla sentenza impugnata con corretti richiami ai principi di diritto che delimitano l’ambito applicativo della disposizione, e facendo leva su argomenti che non possono dirsi manifestamente illogici: richiamata la costante giurisprudenza di legittimità che esclude l’equiparazione delle esigenze abitative e dei rischi connessi alla mancata realizzazione del “diritto all’abitazione” alla nozione del pericolo di un danno grave alla persona (in difetto di specifiche allegazioni che dimostrino la correlazione tra la necessità dell’alloggio e la condizione di malattia o di grave compromissione delle esigenze primarie dell’individuo: Sez. 2, n. 10694 del 30/10/2019, dep. 2020, Tortorici, Rv. 278520 – 01; Sez. 2, n. 28067 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 264560 – 01), la Corte ha altresì dato conto dellaciel carattere non più attuale del presunto pericolo, in ragione della durata e del permanere dell’occupazione (il che rende eccentrica la valutazione del ricorrente sull’illogicità del riferimento ad un dato probatorio successivo rispetto al momento dell’invasione).
1.2. In relazione alla dedotta violazione di diritto riferita all’esclusione del condizioni per ritener operante il disposto dell’art. 131 bis cod. pen. la censura è
manifestamente infondata: anche in questo ambito, la sentenza ha valutato coerentemente l’effetto del perdurare della condotta illecita, come più volte affermato dalla Corte (Sez. 2, n. 37834 del 02/12/2020, Rv. 280466 – 01; Sez. 2, n. 16363 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 276096 – 01) da ciò desumendo l’abitualità delle condotta che è stata ritenuta ostativa rispetto alla qualificazion del fatto in termini di speciale tenuità, così come alla concessione delle invocate attenuanti trattandosi di profilo prevalente rispetto alla condotta processuale, risultando altresì l’omessa attivazione per la risoluzione del problema abitativo (secondo il costante insegnamento della Corte a mente del quale ai fini del diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti deci comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato: Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, Bianchi, Rv. 282693 – 01).
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7/2/2024