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Occupazione abusiva: no reato se c’è subentro

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di un sequestro per occupazione abusiva immobile. Il caso riguardava persone subentrate in un alloggio popolare a seguito di uno scambio autorizzato dal Comune. La Corte ha stabilito che non si configura il reato di invasione di edifici (art. 633 c.p.) se non c’è un’introduzione arbitraria ‘dall’esterno’, ma un semplice subentro con il consenso del precedente assegnatario, anche se la procedura potesse avere vizi amministrativi.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione abusiva immobile: quando non è reato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 31934 del 2024, offre un chiarimento fondamentale sulla differenza tra una vera e propria occupazione abusiva immobile e il subentro in un alloggio pubblico a seguito di un accordo. La Corte ha stabilito che, per configurare il reato di invasione di edifici, è necessaria un’azione arbitraria e ‘dall’esterno’, elemento che manca quando si entra in un immobile con il consenso del precedente detentore, anche in presenza di presunte irregolarità amministrative.

I fatti del caso

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti di un’unità immobiliare di proprietà pubblica. L’immobile era occupato da due persone, indagate per il reato di invasione di edifici (art. 633 del codice penale), in quanto prive di un titolo di assegnazione diretto.

Tuttavia, il Tribunale del Riesame aveva annullato il sequestro, ordinando la restituzione dell’appartamento agli occupanti. La motivazione del Tribunale si basava su un fatto cruciale: gli indagati non avevano invaso l’immobile, ma vi erano subentrati a seguito di uno scambio consensuale di alloggi con il precedente e legittimo assegnatario. Tale scambio era stato formalmente autorizzato dal Comune di competenza, in conformità con una legge regionale.

Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che sussistessero comunque gli indizi del reato, poiché lo scambio sarebbe stato ottenuto sulla base di condotte fraudolente e che gli indagati non avevano mai avuto il possesso legittimo dell’abitazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. I giudici hanno confermato pienamente la decisione del Tribunale del Riesame, ribadendo che non sussisteva il cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero l’apparenza del reato contestato.

Le motivazioni: la distinzione tra invasione e subentro per l’occupazione abusiva immobile

Il cuore della motivazione della Suprema Corte risiede nella corretta interpretazione dell’art. 633 del codice penale. Questo articolo sanziona chi ‘arbitrariamente invade’ terreni o edifici altrui. La giurisprudenza, come richiamato dalla stessa Corte (sentenza n. 15874 del 2019), ha costantemente chiarito che la condotta penalmente rilevante deve consistere in un’introduzione ‘arbitraria e dall’esterno’.

Nel caso di specie, gli indagati non si sono introdotti clandestinamente o con la forza. Al contrario, sono subentrati nell’appartamento a seguito di un accordo con il precedente assegnatario, accordo peraltro avallato da un provvedimento amministrativo (la determina comunale che autorizzava lo scambio). Di conseguenza, Maggi Giovanni è diventato il nuovo assegnatario dell’immobile, e gli altri due indagati sono subentrati a lui.

La Corte sottolinea che, quand’anche il provvedimento di scambio fosse viziato o ottenuto in violazione di norme amministrative, ciò potrebbe avere rilevanza in sede civile o amministrativa, ma non è sufficiente a integrare la fattispecie penale dell’occupazione abusiva immobile. Il reato presuppone un’azione di spoglio, un’intrusione illecita e non autorizzata, che in questo caso è del tutto assente.

Conclusioni

La sentenza in esame traccia un confine netto e importante. Non ogni situazione di possesso di un immobile pubblico senza un titolo originario perfetto costituisce reato. Il delitto di invasione di edifici è configurabile solo quando vi è un’effettiva ‘invasione’, ovvero un ingresso arbitrario e unilaterale. Il subentro autorizzato dal precedente detentore, specialmente se ratificato da un atto della Pubblica Amministrazione, esclude la condotta tipica del reato. Eventuali vizi o frodi nel procedimento amministrativo che ha portato all’autorizzazione dovranno essere perseguiti con gli strumenti propri di quel settore, senza poterli trasporre automaticamente nell’alveo del diritto penale.

Quando il subentro in una casa popolare non costituisce reato di occupazione abusiva?
Secondo la sentenza, il subentro non costituisce reato di occupazione abusiva (art. 633 c.p.) quando avviene con l’autorizzazione del precedente legittimo detentore e, a maggior ragione, se esiste un provvedimento amministrativo (come l’autorizzazione a uno scambio di alloggi) che lo permette. Manca in questo caso l’elemento dell’introduzione ‘arbitraria e dall’esterno’ richiesta dalla norma.

Per configurare il reato di invasione di edifici è necessaria un’introduzione arbitraria dall’esterno?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che la condotta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 633 c.p. presuppone un’introduzione arbitraria e dall’esterno nell’immobile altrui. Un semplice subentro consentito non integra questo requisito.

Eventuali irregolarità amministrative in uno scambio di alloggi possono automaticamente far scattare il reato penale di occupazione abusiva?
No. La sentenza chiarisce che possibili vizi, violazioni di vincoli o persino condotte fraudolente nel procedimento amministrativo che ha portato all’autorizzazione dello scambio possono avere rilevanza amministrativa o civilistica, ma non sono sufficienti, da sole, a trasformare un subentro autorizzato in un’invasione penalmente perseguibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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