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Occupazione abusiva: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona contro il sequestro preventivo di un alloggio pubblico per occupazione abusiva. La sentenza chiarisce che la motivazione “per relationem” del giudice è valida se dimostra un esame critico degli atti, e che la successione nel possesso di un immobile, anche se ottenuta con la consegna delle chiavi dal precedente assegnatario, non esclude il reato.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione Abusiva e Sequestro Preventivo: I Chiarimenti della Cassazione

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di occupazione abusiva di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, fornendo importanti chiarimenti sia sulla configurabilità del reato sia sui requisiti procedurali per l’adozione di misure cautelari come il sequestro preventivo. La decisione sottolinea il rigore con cui vengono valutati i ricorsi in sede di legittimità e ribadisce principi consolidati in materia.

I Fatti del Caso: L’Occupazione di un Alloggio Popolare

Il caso trae origine dal ricorso presentato da una donna avverso l’ordinanza di un Tribunale che aveva confermato il sequestro preventivo di un alloggio di proprietà comunale da lei occupato. La misura era stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari, il quale aveva ravvisato la sussistenza del cosiddetto fumus commissi delicti per il reato di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.).

La ricorrente, dal canto suo, sosteneva di non aver commesso alcun illecito, affermando di aver ricevuto le chiavi dell’appartamento nel 2012 da un precedente conoscente, legittimo assegnatario dell’immobile. A suo dire, si sarebbe trattato di una mera successione nel possesso e non di un’invasione arbitraria.

I Motivi del Ricorso: Autonoma Valutazione e Sussistenza del Reato

Il ricorso in Cassazione si fondava principalmente su due motivi:

1. Violazione di legge per assenza di autonoma valutazione: La difesa lamentava che il giudice non avesse compiuto una valutazione indipendente e critica degli elementi a disposizione, limitandosi a recepire passivamente le argomentazioni della richiesta del pubblico ministero. Tale ‘sovrapponibilità’ tra richiesta e decreto, secondo la ricorrente, avrebbe reso nullo il provvedimento.
2. Insussistenza del reato di occupazione abusiva: Si contestava la configurabilità stessa del delitto, dato che l’ingresso nell’immobile non era avvenuto in modo violento o clandestino, ma tramite la consegna delle chiavi. Si argomentava inoltre che il precedente assegnatario non aveva mai agito legalmente per recuperare il bene.

L’Analisi della Corte sulla Motivazione del Giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno ribadito un principio cardine della procedura penale: l’obbligo di ‘autonoma valutazione’ imposto al giudice non significa che questi debba redigere una motivazione ‘originale’ o riscrivere da zero tutti gli elementi. È legittima la cosiddetta ‘motivazione per relationem’, a condizione che il giudice dimostri di aver compiuto un esame critico degli atti e delle ragioni che lo portano a condividere le conclusioni di un’altra parte processuale, come il pubblico ministero.

Nel caso specifico, trattandosi di un’indagine che coinvolgeva oltre 120 unità immobiliari in situazioni analoghe, la Corte ha ritenuto adeguata la sussunzione dei fatti in ‘concisi schemi sinottici’, poiché da essi emergeva chiaramente la rielaborazione critica degli elementi a carico di ciascun indagato.

La Configurazione del Reato di Occupazione Abusiva

Anche il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Cassazione ha colto l’occasione per precisare i contorni del reato previsto dall’art. 633 del codice penale.

Il concetto di ‘invasione’ non richiede necessariamente la violenza o la clandestinità. Esso consiste nell’introduzione arbitraria e non momentanea nell’immobile altrui allo scopo di occuparlo o di trarne profitto. Pertanto, anche la condotta di chi, inizialmente ospitato a titolo di cortesia dall’assegnatario, permane nell’alloggio dopo l’allontanamento di quest’ultimo, comportandosi come unico possessore (dominus), integra pienamente il reato di occupazione abusiva.

La Corte ha specificato che la ‘mera ospitalità’ non costituisce un titolo legittimo per l’occupazione e che la semplice ricezione delle chiavi non sana l’illegalità della condotta, che si perfeziona con la permanenza invito domino, ovvero contro la volontà del proprietario (in questo caso, l’ente pubblico).

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. Le motivazioni si basano sulla manifesta infondatezza dei motivi proposti, che non hanno scalfito la logicità e la correttezza giuridica del provvedimento impugnato. La ricorrente non è riuscita a dimostrare una reale carenza motivazionale né a fornire elementi idonei a escludere la sussistenza del reato. La decisione si allinea alla giurisprudenza costante che interpreta in modo ampio il concetto di ‘invasione’ per tutelare il diritto di proprietà, specialmente quando si tratta di patrimonio pubblico destinato a finalità sociali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza alcuni punti fermi di grande rilevanza pratica. In primo luogo, conferma che per contestare un provvedimento cautelare non è sufficiente lamentare genericamente una mancanza di autonoma valutazione, ma occorre indicare specificamente gli aspetti che, se diversamente considerati, avrebbero portato a una conclusione differente. In secondo luogo, ribadisce un messaggio chiaro a chi occupa immobili pubblici senza titolo: la modalità di ingresso è irrilevante se la permanenza avviene senza il consenso del proprietario. Nemmeno la presunta tolleranza o l’inerzia del precedente occupante possono trasformare una situazione di fatto illecita in un possesso legittimo. La sentenza condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a testimonianza della severità con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dei mezzi di impugnazione.

Un giudice può motivare un provvedimento di sequestro richiamando gli atti del pubblico ministero?
Sì, è possibile attraverso la cosiddetta ‘motivazione per relationem’. Tuttavia, il giudice non deve limitarsi a un copia-incolla, ma deve dimostrare di aver effettuato un esame critico degli elementi e di averli fatti propri, spiegando le ragioni della sua decisione.

Se ricevo le chiavi di un alloggio popolare dal precedente assegnatario, la mia occupazione è legittima?
No. Secondo la Cassazione, questa circostanza non costituisce un titolo legittimo di occupazione. La condotta di chi permane in un immobile pubblico dopo l’allontanamento del legittimo assegnatario, comportandosi come proprietario, integra il reato di occupazione abusiva (art. 633 c.p.).

Cosa si intende per ‘invasione’ nel reato di occupazione abusiva?
Per ‘invasione’ si intende l’introduzione arbitraria e non momentanea in un immobile altrui con lo scopo di occuparlo o trarne profitto. Non sono necessari atti di violenza o di clandestinità; è sufficiente che l’ingresso e la permanenza avvengano senza il consenso del proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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