Occupazione abusiva e sequestro: quando l’indagato non può fare ricorso
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20319 del 2024, ha affrontato un caso di occupazione abusiva di un immobile di edilizia popolare, stabilendo un principio fondamentale in materia di impugnazione dei provvedimenti di sequestro. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dagli indagati, chiarendo che chi non è proprietario del bene può contestare il sequestro solo se vanta un interesse concreto alla sua restituzione, interesse che non sussiste in caso di possesso illegittimo.
Il caso: l’occupazione abusiva di un alloggio popolare
La vicenda trae origine dal sequestro preventivo di un immobile di proprietà dello I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari), disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa. Il provvedimento era stato emesso nell’ambito di un procedimento penale a carico di due persone per il reato di invasione di terreni o edifici (artt. 633 e 639-bis c.p.).
Gli indagati avevano presentato un’istanza di riesame al Tribunale, che l’aveva rigettata. Di conseguenza, hanno proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale non avesse considerato adeguatamente la loro situazione di indigenza, che a loro avviso configurava uno “stato di necessità” (art. 54 c.p.), tale da giustificare la loro condotta.
Il ricorso in Cassazione e l’eccezione dello stato di necessità
La difesa degli indagati si basava sull’idea che la loro precaria condizione economica, che non consentiva loro di trovare un’altra sistemazione abitativa, dovesse essere riconosciuta come una causa di forza maggiore. Invocando l’esimente dello stato di necessità, chiedevano di fatto che la loro condotta fosse considerata non punibile e che, di conseguenza, il sequestro dell’alloggio venisse annullato.
Il Pubblico Ministero presso la Corte di Cassazione e l’avvocato della difesa hanno presentato conclusioni opposte: il primo ha chiesto di dichiarare i ricorsi inammissibili, mentre il secondo ne ha chiesto l’accoglimento.
La decisione della Cassazione sulla occupazione abusiva
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, senza entrare nel merito della questione dello stato di necessità. La decisione si fonda su un principio procedurale cruciale che riguarda la legittimazione a impugnare un provvedimento di sequestro.
L’interesse concreto ed attuale alla restituzione
La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’indagato che non è proprietario del bene sequestrato può presentare richiesta di riesame solo se dimostra di avere un “interesse concreto ed attuale” alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. Questo interesse non è generico, ma deve fondarsi su una posizione giuridica qualificata.
Mancanza di titolo e possesso illegittimo
Nel caso specifico, gli indagati non erano proprietari dell’immobile. Inoltre, la stessa sentenza evidenzia che la loro occupazione abusiva era avvenuta “in mancanza di un provvedimento amministrativo di autorizzazione”. Essi, quindi, non potevano vantare alcun diritto a essere reintegrati nel possesso dell’appartamento. Anche se il sequestro fosse stato annullato, l’immobile non sarebbe stato restituito a loro, ma al legittimo proprietario, ovvero l’I.A.C.P.
Poiché l’eventuale accoglimento del ricorso non avrebbe comportato alcun vantaggio pratico per gli indagati in termini di recupero della disponibilità materiale dell’alloggio, la Corte ha concluso che essi erano privi dell’interesse necessario per impugnare il provvedimento cautelare.
Le motivazioni
La motivazione della Corte si concentra sulla distinzione tra la situazione di chi ha un titolo, anche solo di possesso, legittimo su un bene e chi, invece, ne ha la disponibilità solo a seguito di un’azione illecita. Il processo di riesame di un sequestro non è uno strumento per sanare situazioni di illegalità o per ottenere un titolo che non si possiede. È un rimedio concesso a chi ha un diritto violato dal provvedimento cautelare. Nel caso dell’occupazione abusiva, gli indagati non hanno un diritto da tutelare, ma sono essi stessi autori di una violazione del diritto di proprietà altrui. Pertanto, la loro richiesta di riesame è stata considerata priva del presupposto fondamentale richiesto dalla legge: un interesse giuridicamente rilevante alla restituzione del bene. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come conseguenza di legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.
Le conclusioni
Questa sentenza riafferma con chiarezza i limiti dell’accesso agli strumenti di impugnazione in materia di misure cautelari reali. Si stabilisce che la condizione di indagato non è di per sé sufficiente per contestare un sequestro se non si è titolari di un diritto sul bene che verrebbe ripristinato in caso di annullamento del provvedimento. Per chi commette un’occupazione abusiva, anche se spinto da uno stato di bisogno, la via del riesame contro il sequestro è preclusa, poiché l’ordinamento non può riconoscere un interesse legittimo alla restituzione di un bene ottenuto illecitamente. La decisione sottolinea che le questioni relative allo stato di necessità possono essere valutate nel giudizio di merito sul reato, ma non possono fondare la legittimazione a impugnare il sequestro preventivo.
Chi può presentare ricorso contro un sequestro preventivo se non è proprietario del bene?
Secondo la sentenza, può farlo solo chi vanta un interesse concreto ed attuale alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro, basato su una posizione giuridica qualificata e non su un possesso illegittimo.
L’occupazione abusiva di un immobile conferisce il diritto di chiederne la restituzione in caso di annullamento del sequestro?
No. La Corte ha stabilito che l’occupazione avvenuta senza alcun titolo autorizzativo è abusiva e, pertanto, non conferisce alcun diritto ad essere reintegrati nel possesso del bene, anche qualora il sequestro venisse revocato.
Lo stato di necessità può rendere ammissibile il ricorso contro il sequestro in un caso di occupazione abusiva?
No. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile su una base procedurale, senza esaminare la questione dello stato di necessità. La mancanza di un interesse legittimo alla restituzione del bene impedisce l’accesso all’impugnazione, a prescindere dalle motivazioni che hanno spinto all’occupazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20319 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nata a Giarratana il DATA_NASCITA NOME nato a Vittoria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/12/2023 del TRIBUNALE di RAGUSA
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; dato atto che si procede nelle forme di cui all’art. 23, comma 8, d.l. n.137 del 2020 conv. in I. n. 176 del 2020 udita la relazione svolta dal Consigliere AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO del foro di Ragusa, che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi e l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 12/12/2023 il Tribunale di Ragusa ha rigettato l’istanza di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso il 20/06/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa con il quale era stato disposto il sequestro preventivo di un immobile di proprietà dello RAGIONE_SOCIALE di quel Comune, in relazione al reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen.
Propongono ricorso per cassazione entrambi gli indagati, tramite il comune difensore di fiducia, eccependo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale per non avere il tribunale considerato l’esimente dello stato di necessità (art. 54 cod. pen.), costituito da una situazione di indigenza tale da non consentire altra sistemazione abitativa.
3. Il ricorso è inammissibile.
Va ribadito a riguardo il principio di diritto secondo cui l’indagato non titolar del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 1, n. 6779 del 08/01/2019, Firriolo, Rv. 274992 – 01; con riferimento al sequestro di alloggio di edilizia popolare in relazione al reato di cui all’art. 633 cod. pen., Sez. 2, n. 50072 del 27/09/2018, Imperi, n.m.).
Nel caso di specie i ricorrenti non sono proprietari dell’immobile sequestrato; inoltre, non possono vantare alcun diritto ad essere reintegrati nel possesso del bene, non contestandosi che l’occupazione dell’appartamento dello RAGIONE_SOCIALE Ragusa avvenne in mancanza di un provvedimento amministrativo Give di autorizzazione e, dunque, abusivamente.
In nessun caso, quindi, l’eventuale dissequestro dell’alloggio potrebbe comportare la restituzione della sua materiale disponibilità ai ricorrenti.
L’inammissibilità dei ricorsi determina, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento ed al versamento a favore della RAGIONE_SOCIALE, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma il 18/04/2024
Il Consigliere estensore
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Il Pr: si.- te