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Occupazione abusiva: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro il sequestro di un immobile di edilizia popolare oggetto di occupazione abusiva. La decisione si fonda sulla mancanza, da parte dei ricorrenti non proprietari, di un interesse concreto ed attuale alla restituzione del bene, dato che l’occupazione era avvenuta senza alcun titolo autorizzativo.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione abusiva e sequestro: quando l’indagato non può fare ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20319 del 2024, ha affrontato un caso di occupazione abusiva di un immobile di edilizia popolare, stabilendo un principio fondamentale in materia di impugnazione dei provvedimenti di sequestro. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dagli indagati, chiarendo che chi non è proprietario del bene può contestare il sequestro solo se vanta un interesse concreto alla sua restituzione, interesse che non sussiste in caso di possesso illegittimo.

Il caso: l’occupazione abusiva di un alloggio popolare

La vicenda trae origine dal sequestro preventivo di un immobile di proprietà dello I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari), disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa. Il provvedimento era stato emesso nell’ambito di un procedimento penale a carico di due persone per il reato di invasione di terreni o edifici (artt. 633 e 639-bis c.p.).

Gli indagati avevano presentato un’istanza di riesame al Tribunale, che l’aveva rigettata. Di conseguenza, hanno proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale non avesse considerato adeguatamente la loro situazione di indigenza, che a loro avviso configurava uno “stato di necessità” (art. 54 c.p.), tale da giustificare la loro condotta.

Il ricorso in Cassazione e l’eccezione dello stato di necessità

La difesa degli indagati si basava sull’idea che la loro precaria condizione economica, che non consentiva loro di trovare un’altra sistemazione abitativa, dovesse essere riconosciuta come una causa di forza maggiore. Invocando l’esimente dello stato di necessità, chiedevano di fatto che la loro condotta fosse considerata non punibile e che, di conseguenza, il sequestro dell’alloggio venisse annullato.

Il Pubblico Ministero presso la Corte di Cassazione e l’avvocato della difesa hanno presentato conclusioni opposte: il primo ha chiesto di dichiarare i ricorsi inammissibili, mentre il secondo ne ha chiesto l’accoglimento.

La decisione della Cassazione sulla occupazione abusiva

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, senza entrare nel merito della questione dello stato di necessità. La decisione si fonda su un principio procedurale cruciale che riguarda la legittimazione a impugnare un provvedimento di sequestro.

L’interesse concreto ed attuale alla restituzione

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’indagato che non è proprietario del bene sequestrato può presentare richiesta di riesame solo se dimostra di avere un “interesse concreto ed attuale” alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. Questo interesse non è generico, ma deve fondarsi su una posizione giuridica qualificata.

Mancanza di titolo e possesso illegittimo

Nel caso specifico, gli indagati non erano proprietari dell’immobile. Inoltre, la stessa sentenza evidenzia che la loro occupazione abusiva era avvenuta “in mancanza di un provvedimento amministrativo di autorizzazione”. Essi, quindi, non potevano vantare alcun diritto a essere reintegrati nel possesso dell’appartamento. Anche se il sequestro fosse stato annullato, l’immobile non sarebbe stato restituito a loro, ma al legittimo proprietario, ovvero l’I.A.C.P.

Poiché l’eventuale accoglimento del ricorso non avrebbe comportato alcun vantaggio pratico per gli indagati in termini di recupero della disponibilità materiale dell’alloggio, la Corte ha concluso che essi erano privi dell’interesse necessario per impugnare il provvedimento cautelare.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si concentra sulla distinzione tra la situazione di chi ha un titolo, anche solo di possesso, legittimo su un bene e chi, invece, ne ha la disponibilità solo a seguito di un’azione illecita. Il processo di riesame di un sequestro non è uno strumento per sanare situazioni di illegalità o per ottenere un titolo che non si possiede. È un rimedio concesso a chi ha un diritto violato dal provvedimento cautelare. Nel caso dell’occupazione abusiva, gli indagati non hanno un diritto da tutelare, ma sono essi stessi autori di una violazione del diritto di proprietà altrui. Pertanto, la loro richiesta di riesame è stata considerata priva del presupposto fondamentale richiesto dalla legge: un interesse giuridicamente rilevante alla restituzione del bene. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come conseguenza di legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma con chiarezza i limiti dell’accesso agli strumenti di impugnazione in materia di misure cautelari reali. Si stabilisce che la condizione di indagato non è di per sé sufficiente per contestare un sequestro se non si è titolari di un diritto sul bene che verrebbe ripristinato in caso di annullamento del provvedimento. Per chi commette un’occupazione abusiva, anche se spinto da uno stato di bisogno, la via del riesame contro il sequestro è preclusa, poiché l’ordinamento non può riconoscere un interesse legittimo alla restituzione di un bene ottenuto illecitamente. La decisione sottolinea che le questioni relative allo stato di necessità possono essere valutate nel giudizio di merito sul reato, ma non possono fondare la legittimazione a impugnare il sequestro preventivo.

Chi può presentare ricorso contro un sequestro preventivo se non è proprietario del bene?
Secondo la sentenza, può farlo solo chi vanta un interesse concreto ed attuale alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro, basato su una posizione giuridica qualificata e non su un possesso illegittimo.

L’occupazione abusiva di un immobile conferisce il diritto di chiederne la restituzione in caso di annullamento del sequestro?
No. La Corte ha stabilito che l’occupazione avvenuta senza alcun titolo autorizzativo è abusiva e, pertanto, non conferisce alcun diritto ad essere reintegrati nel possesso del bene, anche qualora il sequestro venisse revocato.

Lo stato di necessità può rendere ammissibile il ricorso contro il sequestro in un caso di occupazione abusiva?
No. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile su una base procedurale, senza esaminare la questione dello stato di necessità. La mancanza di un interesse legittimo alla restituzione del bene impedisce l’accesso all’impugnazione, a prescindere dalle motivazioni che hanno spinto all’occupazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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